In occasione dell’imminente inizio delle votazioni per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, il blog inizia a pubblicare una serie di interventi sul tema.
La mossa del cavallo, per PD e PDl? Accordarsi sull’elezione di Emma Bonino alla Presidenza della Repubblica. La Bonino è cresciuta in una cultura minoritaria, il radicalismo liberale o liberalismo radicale, che non è mai stata rappresentata ai massimi livelli istituzionali. Finora abbiamo avuto Presidenti che provenivano da altre culture politiche: liberale, social-democratica, socialista, cattolica, azionista, comunista. I radicali italiani, costola del partito liberale, non hanno mai tenuto i piedi in due staffe, eppure sono trasversali: liberisti vecchio stampo in economia, sono progressivi sui diritti civili. Hanno sempre creduto nel libero mercato e nella meritocrazia – in un capitalismo illuminato, se vogliamo; pretendono inoltre una ‘giustizia giusta’: sono garantisti coerenti, non a seconda delle convenienze. Il che li rende graditi alla destra che odia i giustizialisti forcaioli. Dall’altro lato, si sono battuti per i diritti dei popoli e contro quel cancro che è la fame nel mondo; prendono a cuore la sorte dei profughi, gli umiliati e offesi del mondo contemporaneo; sono non violenti e pacifisti. Il che piace molto alla sinistra.
In politica estera sono stati fin troppo filo-israeliani e, talora, acriticamente filo-americani. Eppure non hanno mai indossato i paraocchi: la Bonino, in particolare, ha riconosciuto che, in certe circostanze, l’uso delle armi è necessario per ripristinare la legalità e il diritto internazionale. E due battaglie di civiltà dei radicali non sono certo viste di buon occhio negli USA: la moratoria contro la pena di morte e l’istituzione della Corte Penale Internazionale. In entrambe, la Bonino ha conquistato i galloni sul campo. Questa trasversalità è un punto di forza nel bipolarismo italiano. Tanta parte dell’opinione pubblica apprezzerebbe la Bonino. L’unico ostacolo è la potente lobby pro-Vaticano che la vede come il fumo negli occhi a causa delle campagne antiabortiste degli anni Settanta.
La Bonino è una donna, è energica ed è ancora giovane (classe 1948) per quel ruolo istituzionale. L’Italia ha bisogno di una figura del genere. Non in ossequio al concetto politically correct delle “quote rosa”. Non abbiamo bisogno di una donna purchessìa. Abbiamo bisogno di questa donna. L’Italia lancerebbe un messaggio inequivocabile – di “geometrica potenza” – ai quei Paesi nostri vicini che umiliano le donne, relegandole alla servitù domestica in nome di una shariah barbara, anti-modernista, che statuisce, per l’altra metà del cielo, una condizione di minorità congenita. Pensate a un Capo di Stato donna che si recasse, in visita ufficiale, al Cairo, a Kabul, a Teheran! Una donna, peraltro, che in quei Paesi c’è già stata, quale militante per l’emancipazione femminile dal giogo del padre-padrone.
Una donna intransigente sui principi irrinunciabili – quindi nemica degli islamisti radicali – ma aperta al dialogo con l’Islam moderato (o, meglio, illuminato e modernista). La Bonino, che pure è ostile alla “schiavitù del velo”, non è contraria a un multiculturalismo ragionevole. A differenza dei cantori delle guerre giuste contro un Islam monolitico immaginario, adusi a condannare e disprezzare (alla maniera di Oriana Fallaci) ciò che non conoscono e si rifiutano di conoscere, la Bonino ha deciso, umilmente, di vivere qualche anno in Egitto. Per studiare l’arabo, per capire quel mondo così ostico. Questa sì che è intelligenza!
La Bonino ha una notevole esperienza politica, acquisita in Italia, in Europa e nel mondo. Non è una provinciale. È figlia di quell’illuminismo lombardo europeista che tanto ha dato al progresso dell’Italia. Conosce benissimo l’inglese, in età matura ha appreso anche l’arabo. Da buona cosmopolita, si troverebbe a suo agio a qualsiasi livello politico, in qualsiasi Consesso. Gode di prestigio internazionale. Ha coltivato ottime relazioni in Europa – è stata Commissario europeo. E Dio solo sa (Berlusconi e Bersani, forse, non lo sanno) quanto queste relazioni serviranno all’Italia nei prossimi anni.
Last but not least: Emma Bonino è la figura più presentabile della politica italiana. È passata indenne dalla Prima alla Seconda Repubblica. Rappresenta il meglio della continuità. È una politica di professione. E suscita ammirazione lo stesso. Un altro schiaffo morale ma questa volta ai talebani di casa nostra: ai grillini che fanno di tutta le erbe un fascio. La Bonino è una politica onesta (in tutti i sensi), sobria (un asset di questi tempi di baccanali e di orge), in gamba e col “curriculum” giusto (paragonare, prego, ai nanerottoli in circolazione) – per dirla con i grillini. Non è una carrierista senza scrupoli. È una prova vivente che si può far politica per ben quarant’anni senza arricchirsi o inchiodarsi alle poltrone o cambiare casacca. È la prova provata che la politica italiana ha generato idealisti di notevole levatura. Personaggi che hanno rinunciato a una professione, in cui avrebbero avuto successo, ponendo il loro cervello e il loro cuore al servizio di cause che non sempre pagano. Personaggi che hanno dato lustro all’immagine dell’Italia che bistrattiamo ogni giorno. Finché c’è una Bonino, possiamo aver fiducia nella politica e nei politici. Ecco il messaggio forte contro l’antipolitica su cui Grillo soffia a pieni polmoni.
Bisogna prendere in contropiede questo demagogo di provincia, combatterlo – e batterlo – sul suo stesso terreno. Lui grida all’inciucio tra PD e PDL che, nei loro conclavi, trescano alle spalle del popolo? Ebbene: rivolgiamoci agli italiani – sui giornali, sui social network – e caldeggiamo questa candidatura. E sì, perché dimenticavo: la Bonino sarebbe graditissima, i sondaggi non mentono. Un po’ di populismo non fa male: inauguriamo – ma in fretta, prima che i giochi siano fatti – una campagna mediatica. E finalmente eleggiamo Emma al Quirinale!
Edoardo Crisafulli