Una corbelleria politica

Circola ancora — anzi: va per la maggiore! – una corbelleria bella e buona: la sinistra di governo, negli ultimi vent’anni, ha gettato la propria primogenitura politica e morale alle ortiche perché ha dialogato (sia pure a corrente alternata) con Berlusconi. Così avrebbe “legittimato” l’orco di Arcore. Un peccato mortale, imperdonabile. Momento supremo della rinuncia alla lotta contro la personificazione del male? Elementare, Watson! Il governo delle larghe intese PD-PDL, che ha spianato la strada all’inciucio o, in termini letterari, al patto mefistofelico finalizzato a spartir poltrone. Un riformista – e, direi, ogni persona ragionevole – non può non trasalire. Berlusconi, che piaccia o meno, l’ha legittimato il voto popolare. Le trattative politiche legittimano, casomai, i banditi e i fuori legge — non i leader di partito e i rappresentanti delle istituzioni eletti dal popolo. Berlusconi avrà pure mille pecche, ma non è l’equivalente, neppure sbiadito, di un boss mafioso o di un terrorista.

Siamo, oltretutto, al solito “due pesi, due misure”: negoziare col demagogo qualunquista Grillo, mina vagante ben più pericolosa dell’uomo nero Berlusconi, andava pur bene a gran parte del PD!
Questa corbelleria la dice lunga sulla cultura pseudo-democratica dei “professionisti dell’indignazione permanente”, mosche cocchiere che punzecchiano chiunque osi scendere a patti col nemico. Questi sapientoni esercitano un potere di veto sui politici del PD: le loro campagne d’odio hanno presa su parte dell’opinione pubblica. Il che spiega, tra l’altro, le fibrillazioni recenti: Renzi, fautore del governo delle larghe intese, a un certo punto ha dovuto anche lui lanciare messaggi belligeranti a Letta. Il pericolo, per il PD, è farsi scavalcare a sinistra, dal Movimento 5 stelle e da SEL (l’IDV s’è squagliata come neve al sole). Questi ultimi, a loro volta, si guardano le spalle. Perché, ce l’ha insegnato Nenni, la sinistra trabocca di “duri e puri”, e quindi bisogna stare in guardia: dietro l’angolo “c’è sempre uno più puro che ti epura”. Dico sinistra ma forse dovrei dire sottocultura anarcoide, anti-sistema, che non ha colore, né tanto meno spessore, politico. I cui motti sono: “piove, governo ladro” e “tanto peggio tanto meglio”.
Ma è mai possibile che intellettuali di prim’ordine riconducano un intero ventennio all’egoismo, alle velleità di potenza e alle malefatte d’un solo uomo? Se Berlusconi continua a far incetta di voti, bisogna capire il perché. Non possiamo stigmatizzare come “imbecil-gente” milioni di italiani, come usava fare l’esimio premio Nobel Dario Fo, icona dei pentastellati, tra un sorso di champagne e l’altro. Avremmo forse bisogno di “deberlusconizzare” l’Italia, come si fece nell’URSS dopo la morte di Stalin? In psicoanalisi è noto il meccanismo psichico che spinge ad attribuire un potere smisurato a figure minacciose, ingigantite dall’immaginazione: ricordano il padre autoritario che fustigava e puniva.
È triste, ma è così: la sinistra è ancora in mezzo al guado: va spurgata dai residui di anarchismo e leninismo. C’è ancora chi crede che le élites (autoproclamatesi tali) hanno il compito di illuminare e sferzare il popolo bue, incapace di cogliere la verità. I moralisti che bacchettano a destra e a manca sono convinti della loro superiorità etica e intellettuale. Appartengono a un nucleo di intransigenti, refrattari a ogni compromesso, sempre pronti a lanciarsi all’attacco del nemico. Questo manipolo di coraggiosi issa la bandiera della questione morale. Tutti gli altri sono traditori e voltagabbana, collusi e ‘collaborazionisti’, corrotti e ladri. Il profeta di questo leninismo nostrano, alle vongole (ma pur sempre velenoso), è Enrico Berlinguer, tuttora venerato come un santo.
Intendiamoci: anche negli USA il dibattito politico si è incarognito. I militanti democratici e repubblicani si guardano in cagnesco, quando non si prendono addirittura a male parole, e così fanno i loro senatori. Non si stipulano più gli accordi bipartisan d’un tempo. Eppure… Barack Obama è il Presidente di tutti gli americani! Quando una minoranza arrabbiata, insinuatasi nel movimento reazionario Tea Party, ha tentato di delegittimare Obama insinuando che fosse nato all’estero (e quindi che fosse ineleggibile, a rigor di legge), si è scontrata contro un muro. I repubblicani moderati o ‘illuminati’ si sono dissociati subito. Certo, le campagne anti-Obama dimostrano che nessuna società democratica è immune da tensioni e scoppi d’ira. La democrazia liberale l’abbiamo ricevuta in dono, ma ce la dobbiamo guadagnare. Libertà e tolleranza sono conquiste quotidiane, e faticose. Il compito dei riformisti, allora? Iniettare anti-corpi che aggrediscano le cellule cancerose dell’anti-politica, dell’estremismo, dell’odio ideologico. Negli USA questi anticorpi ci sono, e funzionano: a) una cultura liberale/libertaria di antica data, b) il senso di appartenza a una comunità di destino (‘siamo tutti americani’). Proprio ciò che ci manca ancora in Italia.

Edoardo Crisafulli

fondazione nenni

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