
Siamo, oltretutto, al solito “due pesi, due misure”: negoziare col demagogo qualunquista Grillo, mina vagante ben più pericolosa dell’uomo nero Berlusconi, andava pur bene a gran parte del PD!
Questa corbelleria la dice lunga sulla cultura pseudo-democratica dei “professionisti dell’indignazione permanente”, mosche cocchiere che punzecchiano chiunque osi scendere a patti col nemico. Questi sapientoni esercitano un potere di veto sui politici del PD: le loro campagne d’odio hanno presa su parte dell’opinione pubblica. Il che spiega, tra l’altro, le fibrillazioni recenti: Renzi, fautore del governo delle larghe intese, a un certo punto ha dovuto anche lui lanciare messaggi belligeranti a Letta. Il pericolo, per il PD, è farsi scavalcare a sinistra, dal Movimento 5 stelle e da SEL (l’IDV s’è squagliata come neve al sole). Questi ultimi, a loro volta, si guardano le spalle. Perché, ce l’ha insegnato Nenni, la sinistra trabocca di “duri e puri”, e quindi bisogna stare in guardia: dietro l’angolo “c’è sempre uno più puro che ti epura”. Dico sinistra ma forse dovrei dire sottocultura anarcoide, anti-sistema, che non ha colore, né tanto meno spessore, politico. I cui motti sono: “piove, governo ladro” e “tanto peggio tanto meglio”.
Ma è mai possibile che intellettuali di prim’ordine riconducano un intero ventennio all’egoismo, alle velleità di potenza e alle malefatte d’un solo uomo? Se Berlusconi continua a far incetta di voti, bisogna capire il perché. Non possiamo stigmatizzare come “imbecil-gente” milioni di italiani, come usava fare l’esimio premio Nobel Dario Fo, icona dei pentastellati, tra un sorso di champagne e l’altro. Avremmo forse bisogno di “deberlusconizzare” l’Italia, come si fece nell’URSS dopo la morte di Stalin? In psicoanalisi è noto il meccanismo psichico che spinge ad attribuire un potere smisurato a figure minacciose, ingigantite dall’immaginazione: ricordano il padre autoritario che fustigava e puniva.
È triste, ma è così: la sinistra è ancora in mezzo al guado: va spurgata dai residui di anarchismo e leninismo. C’è ancora chi crede che le élites (autoproclamatesi tali) hanno il compito di illuminare e sferzare il popolo bue, incapace di cogliere la verità. I moralisti che bacchettano a destra e a manca sono convinti della loro superiorità etica e intellettuale. Appartengono a un nucleo di intransigenti, refrattari a ogni compromesso, sempre pronti a lanciarsi all’attacco del nemico. Questo manipolo di coraggiosi issa la bandiera della questione morale. Tutti gli altri sono traditori e voltagabbana, collusi e ‘collaborazionisti’, corrotti e ladri. Il profeta di questo leninismo nostrano, alle vongole (ma pur sempre velenoso), è Enrico Berlinguer, tuttora venerato come un santo.
Intendiamoci: anche negli USA il dibattito politico si è incarognito. I militanti democratici e repubblicani si guardano in cagnesco, quando non si prendono addirittura a male parole, e così fanno i loro senatori. Non si stipulano più gli accordi bipartisan d’un tempo. Eppure… Barack Obama è il Presidente di tutti gli americani! Quando una minoranza arrabbiata, insinuatasi nel movimento reazionario Tea Party, ha tentato di delegittimare Obama insinuando che fosse nato all’estero (e quindi che fosse ineleggibile, a rigor di legge), si è scontrata contro un muro. I repubblicani moderati o ‘illuminati’ si sono dissociati subito. Certo, le campagne anti-Obama dimostrano che nessuna società democratica è immune da tensioni e scoppi d’ira. La democrazia liberale l’abbiamo ricevuta in dono, ma ce la dobbiamo guadagnare. Libertà e tolleranza sono conquiste quotidiane, e faticose. Il compito dei riformisti, allora? Iniettare anti-corpi che aggrediscano le cellule cancerose dell’anti-politica, dell’estremismo, dell’odio ideologico. Negli USA questi anticorpi ci sono, e funzionano: a) una cultura liberale/libertaria di antica data, b) il senso di appartenza a una comunità di destino (‘siamo tutti americani’). Proprio ciò che ci manca ancora in Italia.
Edoardo Crisafulli