-di MAURIZIO BALLISTRERI-
Il presidente francese Macron ha vinto le recenti elezioni presidenziali, sostenendo con vigore l’idea dell’integrazione europea e le prime iniziative, a partire dalla pomposa e un po’ oleografica cerimonia di insediamento, con la passeggiata sugli Champs–Élysées sulle note dell’inno ufficiale dell’Unione europea, quello alla Gioia di Beethoven, con fasti che hanno riecheggiato l’incoronazione di Napoleone a re d’Italia il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, sono sembrate muoversi nel solco di un convinto europeismo, con il rafforzamento dell’asse franco-renano con la Cancelliera tedesca Angela Merkel.
Ma proprio Macron, con lo scontro tra Francia e Italia sull’acquisizione dei Cantieri navali Stx da parte di Fincantieri, ha rimesso in valore nei circuiti politico-istituzionali un concetto che in Europa era stato progressivamente accantonato: l’interesse nazionale.
E, in verità, sembra che si stia innescando una sorta di effetto-domino, con l’Eliseo che per contrastare l’acquisizione italiana annuncia la nazionalizzazione dei cantieri Stx con il ministro dell’Economia Le Maire, il quale dichiara apertis verbis, “difendiamo i nostri interessi”, e la Spagna che inserisce una serie di ostacoli procedurali all’acquisto del gestore autostradale Abertis da parte dell’italiana Atlantia, con una sorta di ritorno al protezionismo (tranne che per l’Italia con alcuni dei suoi “gioielli” del suo sistema capitalistico, Generali, Tim e Mediaset, sotto attacco proprio da parte della finanza transalpina), che in Europa doveva essere bandito dall’attuazione dei principi di libera circolazione e concorrenza e a onta, quindi, dei principi comunitari, spesso dedotti innanzi alla Corte di Giustizia con conseguente discontinua giurisprudenza, che consentono di impedire le acquisizioni straniere di aziende nazionali, esclusivamente allorquando si paventi una minaccia per “la sicurezza pubblica o l’ordine pubblico” della Nazione.
Ciò che emerge è che le regole del libero mercato vengono attuate con fermezza solo per alcuni Stati, è il caso dell’Italia, che sembra riproporre quanto descritto immaginificamente contro tutti i totalitarismi, da George Orwell ne “La fattoria degli animali”, dove “c’è qualcuno più eguale degli altri”, argomento quello dell’asimmetria democratica nell’Unione che ha favorito certamente la Brexit.
Ma la sfida intrapresa da questa visione neonazionalista del capitalismo 4.0 non riguarda solo le vicende industriali e finanziarie, ma si è trasferito ormai anche su grandi temi sociali e civili, come la questione dei migranti. E così, l’Austria schiera le truppe alla frontiera con l’Ungheria alza il muro, la Polonia e la stessa Francia (un tempo suolo d’asilo e d’accoglienza) chiudono le frontiere, ma se l’Italia, con un Ministro degli Interni in grado di anteporre al mainstream del mondialismo omologante e senz’anima, economico e culturale, il buon senso del bilanciamento degli interessi dei cittadini italiani, apriti cielo! E giù, con le accuse di xenofobia se non di razzismo, con la contrapposizione tra sovranismo e globalismo, come se la difesa della sovranità popolare, espressione della democrazia del voto, fosse reazionaria e la sinistra un tempo, in nome dell’internazionalismo, non avesse praticato la politica del sostegno e della cooperazione nel Terzo Mondo, Africa in primo luogo, portando gli aiuti in quei Paesi.
E riecheggiano per la nostra beneamata Italia i versi di Dante del VI Canto del Purgatorio della Divina Commedia: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”.