Nel 1957 Italo Calvino scrisse il celebre opuscolo La gran bonaccia delle Antille. In riassunto: il narratore, zio Donald (Calvino), un vecchio lupo di mare, racconta la storia della nave corsara (il PCI) sulla quale ha navigato che, a causa di un’improvvisa bonaccia, rimane ferma per diversi mesi di fronte al galeone dei papisti (la DC). Il fatto è che la bonaccia (la tregua da immobilismo) è dovuta al rispetto delle regole rigorose dettate a suo tempo dall’ammiraglio Drake (Stalin) (peraltro già defunto, mentre nel frattempo c’era stato il 1956 con i sommovimenti d’Ungheria). Tale rispetto era stato imposto dal Capitano della nave corsara (Palmiro Togliatti), rivelandosi, perciò impeditivo di ogni azione orientata al disincagliamento dalla bonaccia in modo da poter muovere all’abbordaggio del galeone dei papisti. E invece no. Tutti alle vele, ma in modo che le vele rimangano flosce.
Da quel dì ne è passato del tempo, durante il quale il mare non fu sempre in bonaccia: ci furono monsoni e tempeste e “grandi furono le confusioni sotto i cieli” mentre il galeone papista con i vascelli della sua flotta e la nave corsara, anch’essa con il corteo delle filibuste a essa riunite, continuarono a guerreggiarsi di nome, ma a dialogare di fatto, con grande sconcerto dei marinai tipo zio Donald.
Zio Donald non aveva capito (oppure aveva capito benissimo, ma non lo sappiamo con certezza) che la gran bonaccia “progettata” dal Capitano della nave corsara preludeva al raggiungimento dell’intesa, che, nei radiosi divisamenti dei capi ciurma di entrambe le flotte, assunse la denominazione di Compromesso Storico. Dalla bonaccia al buonismo il passo è stato breve.
Da qualche decennio, ormai, il tempo ha lavorato per la messa in intesa (quanto cordiale e quanto efficace lo diranno i prossimi eventi) tra le due flotte contrapposte, metamorfosizzate, pertanto, con la loro unione, nell’Invencible Armada, che da decenni, appunto, si va reputando capace di essere padrona dei mari. Ma a quanto pare, non tanto. Non proprio.
Infatti, la formazione politica complessiva, che attualmente costituisce la risultante di quello storico connubio (casto per alcuni, tutt’altro che casto per altri: gli italiani, popolo di navigatori eccetera, sono divisi su questo punto), si trova in pieno tsunami storico e non sa a quale santo votarsi. Il marinaio zio Donald (Italo Calvino), avesse o non avesse capito la strategia del Capitano della nave corsara (Palmiro Togliatti) aveva capito una cosa: che tale strategia, anche se a lungo operante, era comunque perdente.
Intanto le due ciurme riunite, pur non sapendo a che santo votarsi, pur avendone perfino troppi di santi, e soprattutto di santoni, continuano a votare lo stesso: alle primarie (il cerimoniale patetico).
Ma le primarie, secondarie, terziarie o quaternarie che siano, non sono la politica e inoltre non sono nemmeno nelle premesse e nella storia delle due compagini in connubio. Evidentemente nella fusione delle due flotte, una volta avversarie, trasformatesi, per volontà da simbiosi comunitaristica, in Invencible Armada (Achille Occhetto parlava, nella momento della transizione, cioè nella fase del trasbordo dei corsari nel galeone dei papisti o dei papisti nella filibusta dei corsari – una differenza che non fa differenza – di gioiosa macchina da guerra, e a ragione), evidentemente, ripetiamo, qualcosa di sostanziale non va. Quindi, grande continuano a essere le confusione sotto i cieli.
Ciò che non va, forse, è una cosa sola: la direzione di marcia dell’Armata coacervo, se storicamente considerata, è una marcia da retromarcia. E le retromarce delle navi (proprio se sono dei galeoni storicamente sorpassati) finiscono con l’abbattere le torri di controllo, la cui integrità è ciò che garantisce la giustezza e la sicurezza della navigazione stessa.
Cesare Milanese