-Maria Anna Lerario –
É di pochi giorni fa lo sfogo, forse fin troppo colorito e accusatorio, di una mamma su Tik Tok contro gli insegnanti del figlio che assegnano troppi compiti. Tanto da generare un nel bambino una situazione di crisi, dovuta al fatto che non riesce a sostenere i ritmi imposti e deve rinunciare ad altre attività come lo sport.
Il problema della scuola e dell’inadeguatezza di programmi e modelli
Pur non condividendo toni e modi, né di certo l’attacco agli insegnanti, e astraendosi dalla situazione specifica denunciata via TikTok, è vero che esiste un problema, serio, di adeguatezza del modello scolastico ai “tempi moderni”.
Un’ inadeguatezza che, a dire il vero, la scuola porta avanti da tantissimo tempo. Già nel 1958 Pietro Nenni, in un lungo discorso alla Camera, affrontava temi sulla scuola che hanno una valenza universale, indipendentemente dal tempo storico – politico ed economico:
“Quello della scuola – disse Nenni – non è soltanto problema quantitativo ed economico (di aule, di numero dei maestri, degli insegnanti e degli scolari) ma è anche problema qualitativo e politico di indirizzo scolastico (…)
Le tre esigenze fondamentali del rinnovamento della scuola: la sua democratizzazione, un nuovo orientamento dell’insegnamento, l’adeguamento dell’insegnamento alle esigenze dello sviluppo economico e tecnico dei nostri tempi.”
Temi tuttora validi e del tutto pertinenti alle questioni che ancora creano non poche difficoltà al mondo della scuola e dell’educazione. In due parole, al futuro del paese.
Nonostante ci sia un esercito di insegnanti “attivisti” della scuola, di dsga che ogni giorno si impegnano per offrire ai propri studenti il meglio possibile, alcune questioni sono e restano irrisolte.
Quali sono le conseguenze?
Non ce ne rendiamo conto ma le conseguenze le paghiamo ogni giorno. Il livello di istruzione del paese è calato di molto. L’abbandono scolastico continua ad essere un problema, molti giovani non proseguono gli studi oltre la licenza media, le iscrizioni alle università non sono affatto in aumento. Il fenomeno dei neet si intensifica, il mondo del lavoro giovanile è in forte affanno. Sembrano elementi scollegati ma non è così: è nella scuola e, soprattutto, con la scuola che si piantano i semi del domani.
Senza contare i problemi sociali che vengono fuori proprio tra i banchi di scuola e che mortificano l’idea di un paese democratico.
Le disuguaglianze si manifestano in modo molto forte tra i più piccoli e i più giovani.
Un dato su tutti: le prove Invalsi dello scorso anno, hanno raccontato forse meglio di qualsiasi altro dato o numero le difficoltà dei bambini e dei ragazzi che vengono da situazioni disagiate. Del resto è anche vero che le strutture scolastiche più in difficoltà sono quelle che appartengo alle periferie o ai territori con problemi più forti.
Più è alto il disagio economico e sociale più soffrono l’educazione, la formazione e la preparazione alla vita.
Cosa c’entra questo con lo sfogo su TikTok della mamma sui compiti dati a casa? Sembrerebbe nulla, rispetto ai problemi della famiglia in questione, tanto, invece, rispetto al ruolo che la scuola gioca nel contesto sociale attuale.
Da un lato abbiamo la necessità di arricchire il bagaglio culturale, sociale, educativo di un bambino, dall’altro si continuano a ripetere metodi e modelli che probabilmente non sono più così adeguati alla realtà. Verrebbe da chiedersi, come mai se i compiti a casa sono così tanti, il rendimento generale degli alunni e degli studenti italiani non fa da specchio alle ore di studio spese.
Probabilmente, non sono adeguati i modelli scolastici. Come diceva Nenni continua a mancare “l’adeguamento dell’insegnamento alle esigenze dello sviluppo economico e tecnico dei nostri tempi.”
Questo non vuol essere un discorso “contro” i compiti a casa. Anzi. È importante l’esercizio educativo così come l’esercizio alla responsabilità verso i propri doveri. Ben vengano, dunque, i compiti a casa, ma dovrebbero essere bilanciati sulle ore trascorse a scuola, ad esempio (ci sono scuole che fanno orario pieno 8 – 16,30 e che rendono difficoltoso, gravoso e controproducente un impegno a casa di altre 3 – 4 ore), sui modelli di insegnamento, sull’intera vita sociale dei bambini e dei ragazzi. E questo non ha a che fare con gli insegnanti o con il personale della scuola che ogni giorno lottano e combattono contro mille problemi e difficoltà, spesso in solitudine.
Un passo in avanti: la comunità educante
In una parola, la scuola dovrebbe fare un salto di qualità a livello istituzionale. La Uilscuola, da qualche anno, sta lavorando intensamente su un concetto semplice e altrettanto rivoluzionario: quello della comunità educante.
Un sistema organico e integrato in cui ogni elemento e ogni protagonista del mondo della scuola concorre e a renderla “abitabile”, in un sistema capace di affrontare e rendere più vivibili le complessità. Una comunicazione più intensa tra scuola e famiglia, tra scuola e mondo del lavoro, tra scuola e Istituzioni, ad esempio. Un lavoro coordinato tra tutti questi soggetti che si attivi per trovare quelle soluzioni (dalle più pratiche come l’ammodernamento e la ristrutturazione delle infrastrutture scolastiche, a quelle più filosofiche come l’adeguamento dei programmi) utili a creare un nuovo modello di scuola, non al di fuori della tradizione, ma con il meglio della tradizione in chiave futuristica.
Più facile a dirsi che a farsi o più facile a farsi che a dirsi?
N°104 del 20/03/2023