La sfida invisibile nei cieli

di Riccarda Lopetuso –

Uno spazio affollato, una sfida costosa fatta di satelliti, lanci, orbite e gioielli del cielo. Una competizione invisibile sulla terra e sconosciuta alla maggior parte delle persone che raramente si chiedono cosa e chi sorvola il nostro pianeta. Eppure, una competizione che c’è e che occupa pensieri e risorse delle grandi e medie potenze, interessate a giocare un ruolo di leadership nella corsa allo spazio. Non solo per prestigio e per dimostrare potenza economica.

La sicurezza, il controllo dei satelliti, la lotta al cambiamento climatico, l’esplorazione di Marte e il ritorno sulla Luna, la space economy. Sono questi i nuovi elementi e priorità della corsa allo spazio. Una corsa- quella al predominio dei cieli- che registra negli ultimi anni sempre più attori. Dagli storici e antesignani Usa e Russia, all’Europa che prova a dire la sua. Con la Cina diventata ormai unico competitor capace di impensierire gli Stati Uniti nella leadership spaziale. Con la presenza nei cieli delle medie potenze Israele, Emirati, India e Giappone che stanno sviluppando piani spaziali. Senza dimenticare  i privati, entrati di prepotenza nella corsa allo spazio. Il futuro delle orbite basse è ormai in mano ai privati: SpaceX di Elon Musk sarà protagonista della missione Artemis che riporterà un uomo sulla Luna,  infatti  sarà il lander usato per scendere sulla luna con la missione Artemis IV.

Sullo sfondo la Russia che, in vista dell’abbandono della Iss, prova a ritornare protagonista della conquista dei cieli, nostalgica dei decenni in cui era -assieme agli Usa-padrona dello spazio.

Per farlo, Mosca, punta alle alleanze, in particolare con Pechino, lasciando la Stazione spaziale internazionale agli Usa e all’Europa che- attore piccolo ma strategico nella corsa allo spazio, punta alla cooperazione con le altre potenze spaziali per dire la sua. Prova a giocare un ruolo nei cieli anche l’Unione Europea che da poco ha inaugurato il suo primo spazioporto sul suolo continentale europeo, in Svezia.

Agli albori -negli anni 50- furono  Usa e Urss a contendersi la corsa spaziale. Il primo satellite artificiale a essere lanciato il 4 ottobre 1957 fu lo Sputnik 1, seguito dal volo della cagnetta Laika un mese dopo sullo Sputnik 2. Gli Usa non restarono indietro ai nemici sovietici e il 1958 lanciarono il loro satellite Explorer 1. Il primo uomo a volare nello spazio fu russo, era Yuri Gagarin, il 5 aprile 1961. Seguirono i progetti statunitensi Gemini e Apollo, lo sbarco americano sulla luna e una competizione con l’Unione sovietica durata decenni. Settant’anni dopo i primi voli spaziali, Usa e Russia non sono più le uniche a contendersi i nostri cieli.

Lo spazio è diventato un ruolo parecchio affollato, il posto della Russia è stato preso dalla Cina e i cieli non contano più solo per sfidarsi per l’allunaggio o per l’arrivo su Marte ma per il primato tecnologico e la sicurezza, senza scordare l’industria spaziale, volano di crescita per le economie. I Taikonauti -gli astronauti cinesi-sono i più numerosi in orbita. La Cina ormai è da anni il più grande antagonista degli Usa, avendo superato ormai da vent’anni la Russia che -per questioni economiche in primis- ha preferito la cooperazione con gli storici nemici piuttosto che la corsa solitaria allo spazio. Cooperazione interrotta dalla guerra in Ucraina e la volontà di Mosca di abbandonare dal 2023 la Iss, puntando -probabilmente -all’alleanza con Pechino di cui diventerebbe junior partner. Da Mosca fanno sapere che il paese – orgoglioso del proprio passato e desideroso di non restare ai margini della lotta nei cieli- costruirà una propria stazione spaziale. Con quali risorse, viene da chiedersi, a meno che- come probabile, la Russia cerchi la sponda della Cina. Ma in questo nuovo scenario che vede il controllo dei cieli diventare strategico per le grandi e medie potenze, con l’ingresso dei privati e le implicazioni di sicurezza nazionale che ne derivano, quale spazio possono ritagliarsi l’Europa e l’Italia?

L’Europa, alleata degli Usa, vanta la sua Agenzia spaziale europea-Esa – e i progetti di Politica spaziale dell’Ue, che vede nei satelliti Copernicus e Galileo due importanti infrastrutture per il controllo dei cieli. Ma il vero gioiello dello spazio resta la Iss, che però a breve sarà pensionata, lasciando un pericoloso vuoto nel cielo.

E l’Italia?

Assieme alla Francia il nostro paese vanta un peso notevole nella corsa allo spazio. I programmi spaziali italiani sono avanzatissimi, e i nostri astronauti – tra cui Paolo Nespoli, Luca Parmitano e Samanta Cristoforetti, sono stati in orbita negli ultimi anni e sono pronti per la nuova avventura  Lunar Gateway in cooperazione con la Nasa. Ma al di là del prestigio, è in chiave di industria spaziale e di investimenti che l’Italia ha molto da dire nei cieli. Il Pnrr riserva 1,49 miliardi alle teconolgie spaziale, fondi da implementare con l’Esa e l’Agenzia spaziale italiana. La space economy è ormai un settore essenziale per l’economia del nostro paese, a cui però, come fatto notare dal presidente dall’Agenzia spaziale italiana, manca una legge che regolamenti il settore, dal punto di vista della governance e delle attività. Dal punto di vista della diplomazia dello spazio, il nostro paese ha sottoscritto negli ultimi anni un importante accordo con gli Usa: gli Artemis Accord, accordo bilaterale che in vista della missione Artemis funge da quadro giuridico  per la realizzazione di una stazione orbitante attorno alla luna. Marte, il ritorno sulla Luna con Artemis, le orbite basse e i satelliti dell’Ue per la lotta al cambiamento climatico. Difficile per l’Italia e per l’Europa competere con Pechino e Washington nella corsa dei cieli, eppure è possibile e doveroso ritagliarsi uno ruolo in uno spazio mai cosi affollato.

Potenze ed ex potenze: la politica spaziale di Stati Uniti, Cina e Russia

Ultima arrivata tra le grandi, in ritardo ma candidata a diventare padrona dello spazio nei prossimi decenni, nonché colei che ha preso il posto della Russia come principale competitor degli Usa. Cosa che preoccupa, inevitabilmente, Usa ed Europa che nel Dragone e nella sua corsa alla leadership spaziale, vedono una minaccia sotto vari punti di vista, dal ruolo di super potenza nei cieli, alle questioni di sicurezza terreste e di space economy.

La Cina è riuscita in pochi anni -15 circa- a elaborare una politica spaziale propria, grazie a ingenti investimenti, recuperando a tempo di record il ritardo nei confronti degli Usa, disponendo di una stazione spaziale propria, il Palazzo celeste, costruita in meno di due anni. La Tiangon-palazzo celeste- è stata completata il 31 ottobre scorso,  con il Mengtian, un laboratorio di 18 metri per condurre esperimenti e ospitare fino a 6 astronauti alla volta. Il sogno del cielo- Mengtian, è solo l’ultimo tassello di una serie di progetti cinesi che l’hanno resa  una potenza spaziale. La Cina è ormai, da quasi un decennio, impegnata in programmi spaziali che mirano alla Luna e Marte. Pechino è riuscita ad appoggiare un proprio veivolo lunare sul lato nascosto della luna, a raccogliere frammenti del pianera rosso e ammantare sul suolo. Risultati eccellenti per il paese del Dragone, arrivato tardi sulla corsa allo spazio ma che si candida ad assumere la leadership nei cieli. La stazione spaziale cinese Tiangong inoltre, è la vicina dell’Iss e potrebbe restare l’unica stazione spaziale se davvero la Iss sarà pensionata nei prossimi anni. Ma se il successo della Iss si deve alla cooperazione tra Usa, Russia ed Esa,  la Cina non sembra puntare alle alleanze per il suo Palazzo celeste-Tiangong. Aperta ad ospitare non solo Taikonauti- gli astronauti cinesi- ma poco interessata alla cooperazione con le altre agenzie nazionali e medie potenze. La Tiangon è cinese e serve primariamente a dimostrare la potenza spaziale e la leadership di Pechino in orbita. Ma le altre potenze non possono lasciare Pechino sola nello spazio. La Cina può vantare la capacità di lanciare satelliti da ogni cmq di territorio della Repubblica popolare e un milione di ingegneri spaziali laureati ogni anno. Se la Cina con Tiangon mira a essere considerata la nuova superpotenza delle stelle, gli Usa non sembrano disposti a cedere lo scettro. In questo contesto va inserita la Russia, ex potenza storica e competitor degli Usa nella corsa allo spazio. Da circa un ventennio, Mosca ha abbandonato i suoi sogni di gloria solitari dopo i fasti dell’epoca sovietica, puntando-dopo la fondazione di Roscosmos, l’agenzia governativa che gestisce il programma spaziale russo-alla cooperazione con Stati Uniti ed Europa sulla Iss-stazione spaziale internazionale. Russa è la navetta Soyuz MS-22  che -dalla base in Kazakistan- porta in orbita sulla Iss gli astronauti.

In seguito all’invasione russa dell’Ucraina, Mosca aveva annunciato l’abbandono della Iss nel 2024, interrompendo le alleanze con gli storici nemici nei cieli per tornare all’avventura solitaria in orbita. Con quali soldi, ci si chiedeva. Nelle ultime settimane però, russi e americani, nonostante le tensioni ancora in atto a causa della guerra, sono tornati a cooperare sulla Iss per riparare la navicella Soyuz. Esempio concreto di quanto il cielo, in particolare la Iss, il gioiello tecnologico costruito dall’uomo e vanto per Russia, Usa ed Europa- unisca le due ex rivali come nient’altro sulla terra. Eppure, la Iss, non resterà in orbita ancora a lungo.

Il mega laboratorio dello spazio, che da 400 km ci sorvola, appartiene a Usa, Russia, Europa, Giappone e Canada e smetterà di funzionare- a quanto riferito dalla Nasa-nel 2031, dopo più di 30 anni di attività. Il suo successo è stato straordinario, non solo per l’opera di ingegneria ma sopratutto per il ruolo politico che ha avuto, mettendo assieme le due potenze dei cieli, Russia e Usa, a cui si sono aggiunte le medie potenze europee.

Cosa accadrà dopo il 2031?

Per la Nasa, bisognerà dare spazio ai privati -la SpaceX di Musk e Blu Origin di Bezoz – e all’orbita bassa, concentrando per sé sforzi economici e logistici su Marte e sulla luna. Ma difficile prevedere che gli Usa, per il momento ancora padroni incontrastati dello spazio, lasceranno che sia solo Pechino ad avere una stazione spaziale. Chi controlla i cieli controlla la terra, per una serie di motivi: i satelliti sono importanti per le  telecomunicazioni e l’attività di intelligence, per la sicurezza, senza dimenticare il ruolo che i satelliti possono avere nella lotta al cambiamento climatico. Washington e la Nasa non sembrano intenzionati ad abdicare al ruolo di padroni dello spazio e super potenza dei cieli, potendo ancora contare su esperienza, soldi e un vantaggio temporale su Pechino per il ritorno sulla luna. È questa la sfida del momento, riportare un uomo sulla luna.

Gli Usa sono stati i primi e gli unici ad andare sulla luna e sono intenzionati a tornarci presto, nel 2024 con il programma Artemis, che dovrebbe prevedere anche la costruzione di una base lunare, progetto caro anche alla Cina che mira a far sbarcare i suoi taikonauti sulla superfice lunare entro la fine del decennio, con il rischio secondo la Nasa ( per bocca di Bill Nelson) che una volta sulla luna – a dispetto del Trattato sullo Spazio esterno firmato anche da Pechino- la Cina rivendichi con la sua presenza sulla Luna chissà quale diritto o proprietà.

Timori forse esagerati, ma che hanno un fondamento nella volontà di Pechino di dimostrare al mondo la sua leadership spaziale, al momento ancora da dimostrare.

Nel 2020 furono firmati gli Artemis Accords tra Nasa e alcuni partner partecipanti al programma Artemis- tra cui l’Italia- per stabilire dei principi guida che dovranno essere rispettati durante l’esplorazione spaziale, al fine di garantire sicurezza e sfruttamento equo e sostenibile della superficie lunare.

Priorità degli Usa al momento è fare presto, per mantenere il vantaggio su Pechino e tornare sulla luna con Artemis per rinsaldare la sua leadership. Ma senza rompere gli equilibri e la pace “spaziale”.

L’Europa e l’Italia alla ricerca del loro “spazio”

Non ci sono solo Usa e Cina nella corsa allo spazio. Accanto alle altre medie potenze – Israele, India, Canada ed Emirati – anche l’Europa prova a dire la sua e a ritagliarsi un posticino nei cieli e lo fa puntando sulle alleanze. In particolare sono Italia, Francia e Germania a rivendicare la leadership europea nello spazio, con Londra che prova a inserirsi. Da una parte c’è la politica spaziale dell’Unione Europea, diventata propriamente tale con il trattato di Lisbona, che vanta i satelliti Copernicus (il sistema di osservazione della terra più avanzato a livello globale), Galileo ed Egnos.  Ne fanno parte l’Agenzia dell’Unione Europea per il programma spaziale e la Direzione generale industria della difesa e spazio, coordinata dal Commissario Breton. Per colmare il gap sulla space economy inoltre, dallo scorso anno è attivo il fondo Cassini da un miliardo di euro.

A Bruxelles tuttavia, si pensa in grande. Il 13 gennaio è stato inaugurato a Kiruna- in Svezia- il primo spazioporto per il lancio di satelliti sul territorio continentale europeo, al centro spaziale di Esrange, estremo nord della Svezia, presidente di turno della Ue. Si prevede di lanciare il primo razzo spaziale dal suolo continentale europeo nel 2024. Fino ad ora in Europa non esisteva una base di lancio dei satelliti, e l’unico spazioporto era nel territorio della Guyana francese in Sud America, a Kourou.

Un risultato importante per l’Ue e un pilastro della politica spaziale europea che verrà, che consentirà di lanciare piccoli satelliti che serviranno per la lotta al cambiamento climatico e per la sicurezza di tutti gli europei. Per l’occasione Ursula Von Der Leyen ha annunciato che presenterà entro l’anno una Strategia europea dello spazio per la sicurezza e la difesa. Anche a Bruxelles si sogna un Europa potenza spaziale, e-indubbiamente- dalle parti della Commissione Europea sanno che sarà fondamentale la partnership con l’Esa, l’Agenzia spaziale europea, che non è un organismo comunitario. Dell’Esa – fondata nel 1975- fanno parte 22 paesi europei, compresa la Gran Bretagna. Ha il compito principale di coordinare i programmi spaziali dei membri e per farlo agisce in sinergia con l’Ue per implementare una politica spaziale propriamente europea.

E i successi – grazie alla porta europea nello spazio – non sono mancati, soprattutto grazie all’allenaza con gli altre potenze dei cieli, Usa e Russia, nella Iss. Ma all’Europa non è più sufficiente, e nel nuovo quadro geopolitico che vede la Russia tentennare nelle alleanze e la guerra tra Usa e Cina per la leadership spaziale, l’Europa deve fare di più. E in primis, a dover impegnarsi economicamente e diplomaticamente di più nella corsa allo spazio sono gli attori che possono essere considerati i giganti europei dei cieli: Italia, Francia e Germania. Lo scorso dicembre al vertice dell’Esa, dai ministri con la delega allo spazio è stato approvato il nuovo budget per l’Esa di 17 miliardi. Una cifra importante, che consentirà all’Esa di affrontare e sostenere in solitaria un progetto importante:  ExoMars- programma di esplorazione del pianeta rosso. Non è tutto.

L’Esa lancerà una sonda che visiterà tre lune ghiacciate di Giove ( Gaminede, Europa e Callisto), con il progetto JUICE. Ci vorranno sette anni prima che la sonda raggiunga le lune di Giove e dopo averle osservate ci invii le imagini delle superfici ghiacciate di Giove. Tra gli obiettivi dell’Esa, anche Artemis 1, il programma della Nasa che riporterà l’uomo sulla luna a cui l’Agenzia spaziale europea collaborerà, e  MoonLight, sistema di comunicazioni per la luna parte del progetto Artemis della Nasa. Sempre l’Esa collaborerà  alla costruzione di una serie di lanciatori.

Parleranno italiano la maggior parte di questi progetti, a conferma dell’importanza che il nostro paese può vantare nei cieli. Primo partner ad aver firmato con gli usa gli Artemis Accord, terzo contributore dopo Francia e Germania al budget dell’Esa, l’Italia punta a essere potenza dello spazio, grazie ai suoi astronauti e all’industria spaziale.

Gli italiani Luca Parmitano o Samanta Cristoforetti saranno a bordo della futura stazione Lunar Gateway, la nuova stazione spaziale lunare che sarà costruita e che supporterà tutte le future missioni Artemis e l’avventura verso Marte. Saranno a guida italiana nei prossimi anni, il programma di esplorazione su Marte ExoMars nonché Moonlight, per lo sviluppo di sistemi di telecomunicazioni  lunari. Contributo italiano anche per i lanciatori del programma Vega e per il programma Euclid finalizzato all’osservazione dell’universo, in cooperazione con Nasa ed Esa.

Ma per far crescere ancora il comparto spaziale in Italia è urgente una legge che regoli i principi di un settore ormai rilevante e strategico per il paese a livello economico e diplomatico, per la tutela del suo interesse nazionale e per la vita dei suoi cittadini, in termini di difesa, comunicazioni e lotta al cambiamento climatico.

N°105 del 29/03/2023

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