Israele Palestina, cancrenizzazione di un conflitto

di Maurizio Fantoni Minnella

Nel corso di un’intervista radiofonica su Radio Uno, alla domanda su quale sia il sottile crinale che separa l’antisionismo e l’antisemitismo, Gad Lerner risponde con la solita ambiguità, affermando che la critica al sionismo equivarrebbe pur sempre ad una messa in discussione dello stato d’Israele ma ricordando, inoltre, a dimostrazione della libertà di dissenso in quel paese,  le migliaia di persone, in questi giorni, in piazza a Tel Aviv contro la politica di Benjamin Netanyahu, già a suo tempo inquisito per corruzione, ora di nuovo primo ministro del nuovo governo formatosi grazie all’appoggio dell’estrema destra nazionalista.

E’ opportuno ricordare che l’antisionismo, innanzitutto, implica un giudizio eminentemente politico e non di razza o etnia che dir si voglia, laddove sia presente e ben chiara  una critica non tanto all’esistenza dello Stato di Israele (frutto del sionismo storico), ma delle sue politiche illiberali se non liberticide contro il popolo dio Palestina,  e infine, come l’equiparazione antisionismo-antisemitismo venga continuamente usata come ricatto da parte sionista, allo scopo di imbavagliare qualsiasi tentativo di opposizione critica ad Israele. Si potrebbe perfino affermare che la supposta democraticità di Israele, non esiste nemmeno fuori dal piccolo stato mediorientale, dal momento che in Italia come altrove in Occidente, è diventato sempre più difficile se non impossibile manifestare il proprio dissenso rispetto alle politiche israeliane senza il rischio di minacce, sanzioni e soprattutto censure!

In una recente presidio a Roma con tanto di bandiere israeliane spiegate, abbiamo assistito oltre all’indignazione verso un leader come Netanyahu, allo spettacolo di una richiesta di democrazia per un paese che non ha nemmeno una Costituzione. La voce dominante della piazza riguarda il rischio di una deriva autoritaria in Israele, sempre più dominata da politiche razziste, ultraortodosse e nazionaliste, fino ad affermare che senza Costituzione non ci può essere vera democrazia!. Ma quando viene chiesto ai manifestanti una loro opinione sui crimini commesse contro il popolo palestinese da parte di coloni armati, la risposta è stata la seguente: “abbiamo un problema più urgente, quello della democrazia in Israele”. Ma non sanno, forse, queste anime belle che non ci può essere vera democrazia senza pace e uguaglianza con il popolo palestinese!?

E intanto cresce a dismisura la spirale di odio generata dall’arroganza dei coloni israeliani, che ormai si sentono più che legittimati ad agire grazie alla presenza di forze estremiste nel governo neo-eletto, nell’organizzare raid paramilitari criminali a Jenin come a Nablus in Cisgiordania. Il resto è cronaca quotidiana di un odio che genera altro odio, impedendo l’ipotesi di un “cessate il fuoco”, che dovrebbe davvero significare la fine delle ostilità tra i due popoli. Il fatto che la sinistra israeliana o quanti rifiutano la pericolosa deriva autoritaria e fascista del presente governo, scendano in piazza, non significa che la voce della minoranza venga di fatto ascoltata e abbia un valore politico determinante e inoltre starebbe a dimostrare che Israele è uno stato democratico soltanto a metà, se questo non può valere per la parte palestinese, se inoltre vi è una proposta di legge liberticida che introdurrebbe nel paese la pena di morte ma solo per il popolo palestinese, ossia per i crimini commessi da cittadini palestinesi, siano essi di Gaza, di Cisgiordania o d’Israele. Un paese che da troppo tempo usufruirebbe impunemente della protezione e della copertura, non solo mediatica, non solo del governo degli Stati Uniti ma di tutti gli altri paesi Nato, e per questo molte delle risoluzioni Onu contro le politiche israeliane, sono purtroppo cadute nel vuoto. A tutto questo si aggiunge l’apertura del governo Meloni al nuovo governo d’Israele, manifestatosi con la recente visita del presidente del senato Ignazio La Russa a Tel Aviv e l’arrivo di Netanyahu a Roma. Lo scenario è il seguente: mentre a Roma si manifesta contro il leader israeliano, la neo-eletta premier italiana stringe rapporti di forza a livello politico, economico (forniture di gas) e militare (forniture di aerei F-35 e addestramenti) con quello stesso leader, figura corrotta e screditata a livello internazionale. Sarà forse anche questa una spia di un processo in corso nel nostro paese finalizzato ad una non impossibile deriva autoritaria? Non dovremmo, forse, un po’ vergognarci di tutto questo?

Destra chiama destra, e sarebbe bene capirlo una volta per tutte. Nel tempo il governo Meloni avrà modo di mostrare tutto il proprio autoritarismo, ma solo quando si sarà tolta quella patina di ipocrisia che fa rima con democrazia per citare una ben nota suggestione gaberiana. Siamo di fronte ad uno scenario internazionale di stati oppressi ma tutto sommato privilegiati e a popoli, invece, negletti come quello palestinese. Servono una nuova coscienza ed una nuova azione di solidarietà, capace di risvegliare l’opinione pubblica (disseppellendo in particolare quella di sinistra), dal sonno in cui è precipitata, perché non si dimentichi che il sonno e non il sogno di goyesca memoria, della ragione è destinato a generare mostri!…

 

N°104 del 16/03/2023

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