L’occupazione cresce ma solo coi contratti a termine

-di SANDRO ROAZZI-

Certe volte la misura aiuterebbe saggiamente a valutare le cifre della vita economica. Non è il caso dei commenti agli ultimi dati, più positivi ma con le solite ombre, dell’Istat sul lavoro. La sagra dei tweet osannanti, siamo in estate… pure bollente, esplode e all’opposto le critiche sanno anch’esse di… stagionalità. È evidente che la ripresa, un po’ più vivace del previsto, sta dando qualche frutto più del previsto anche sul terreno occupazionale. Non è quindi il caso di scomodare processi riformatori che peraltro sono rimasti in mezzo al guado (dove le politiche attive del lavoro?). Inoltre gli occupati a giugno, +23 mila, non riescono neppure a dimezzare la perdita del mese di maggio che è stata di 53 mila unità. Siamo sulla buona strada ma la distanza che resta avvalora l’ipotesi che sia soprattutto la ripresa a creare qualche nuova opportunità. Senza dimenticare che siamo comunque su livelli di + e di – dignitosi ma non esaltanti.

Nell’ultimo trimestre gli occupati crescono di 64 mila unità, ma attenzione: molti sono i contratti a termine, meno quelli a tempo indeterminato. Su base annua lo scenario è ancora più evidente: su 367 mila occupati in più, ben 265 mila sono a termine, poco più di centomila “stabili”. E si conferma il fenomeno di una preoccupante diminuzione degli indipendenti ignorata completamente dalla politica: in un anno si sono persi 220 mila posti di lavoro, non sembra il caso di brindare.

Molte più donne al lavoro ed è una notizia importante, ma anche in questo caso non è tutto oro quel che riluce. Infatti la concentrazione massima di maggiore occupazione si riscontra sempre fra gli over 50, vale a dire coloro che faticano ad imboccare la via della pensione dopo le norme Fornero che, come è noto, colpiscono in modo marcato la componente femminile del mondo del lavoro.

Interessante anche il dato del calo della disoccupazione, anche se i giovani senza lavoro stazionano sempre oltre il 35%. Ma anche in questo caso va notato che nel frattempo torna a salire, sia pure in modo contenuto, il numero degli inattivi con la loro… componente di sfiduciati. Insomma il vestito dell’occupazione resta tuttora double face. Più che i complimenti o le facce smorfiate conteranno le idee e le scelte strategiche da prendere per dare più forza all’economia reale e strumenti migliori al mercato del lavoro. Ovviamente difficili da riassumere in un tweet o in una battuta per i media.

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