-di MAURIZIO BALLISTRERI-
Non ci sono sconti per quasi nessuno dei leaders politici e sindacali del tempo, nei “Diari 1988-1994” di Bruno Trentin, recentemente pubblicati. Trentin, con un eccesso di distacco intellettuale che sconfina sovente nel sussiego, quasi che l’autore dei diari non fosse stato un leader prestigioso della Cgil ed esponente e parlamentare del Partito comunista, descrive impietosamente, in quegli anni turbolenti di transito dalla Prima alla Seconda Repubblica, con sullo sfondo la fine della divisione geopolitica in blocchi a seguito del crollo del comunismo sovietico, le vicende politiche e sindacali italiane, esprimendo giudizi fortemente negativi nei confronti, tra gli altri, di Guido Carli, Ciriaco De Mita, Giuliano Amato, Paolo Cirino Pomicino, Gianni De Michelis, Lucio Colletti, i dirigenti della Confindustria e del Pci-Pds del tempo, Pierre Carniti, Franco Marini, Sergio D’Antoni, Ottaviano Del Turco, Pietro Larizza.
Trentin, in un caleidoscopio di critiche feroci, annota epiteti pesanti come “miserabili”, “tristi figuri”, “satrapi”, “ceto burocratico di intermediazione”, “avventurieri da strapazzo”, “losche macchiette”. E parole di critica non risparmiano neppure Luciano Lama e lo stesso Pietro Ingrao, con cui Trentin ebbe un lungo sodalizio politico; Giorgio Benvenuto, con cui il leader della Cgil ha condiviso idee, valori e strategie durante l’autunno caldo e la stagione della FLM, è citato in modo asettico, come del resto (stranamente!) anche Bettino Craxi, inserito nella categoria dei “giacobini”; un ricordo affettuoso per Vittorio Foa.
E chissà cosa penserebbe Trentin della politica e del sindacato dei giorni nostri e, magari, di quella sorta di “teatrino” della politica andato in scena la settimana trascorsa. Dalle dimissioni di alcuni esponenti del governo nazionale, che preannunciano un’opportunistica transumanza di ritorno dalle frazioni centriste verso Berlusconi, all’”inseguimento” annunciato da Tito Boeri, il presidente dell’Inps (bocconiano come l’ex premier Mario Monti, le cui scelte di politica economica hanno provocato ferite sociali difficilmente rimarginabili) nei confronti dei pensionati italiani che vivono all’estero, in larga parte con rendite previdenziali molto basse, mentre il vero scandalo sono le retribuzioni e le liquidazioni dei manager del nostro asfittico capitalismo nazionale, l’ultima in ordine di tempo la “buonuscita” di Flavio Cattaneo di 30 milioni di euro (!), per il periodo dall’aprile 2016 ad oggi, da amministratore delegato di Tim. Non una critica dal mondo politico alla faraonica liquidazione dell’ex direttore generale della Rai, così come nessuna stigmatizzazione si è sentita contro Umberto Bossi, condannato per avere utilizzato illegalmente i fondi del finanziamento pubblico alla Lega Nord, proprio quel “Senatur” che tuonava, facendo agitare i cappi in Parlamento, contro “Roma ladrona. E ancora dalla auto-ricandidatura di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione siciliana, “protagonista” di anni tra i più disastrosi per la nostra Isola, con disoccupazione di massa e crollo della produzione e un unico aumento, esponenziale, quello del numero di assessori avvicendatisi nella giunta regionale e di amministratori nelle società partecipate, vero e proprio sancta sanctorum della politica sicula, sino agli ipocriti commenti di circostanza degli esponenti dell’”antimafia di professione”, come avrebbe detto Leonardo Sciascia, in occasione dell’anniversario dell’uccisione di Paolo Borsellino, senza alcuna parola sulla “trattativa” Stato-Cosa nostra, per finire a Giuliano Pisapia, che dopo avere arringato a Piazza Santi Apostoli a Roma il popolo di sinistra che non si riconosce nei democratici di Renzi, abbraccia alla Festa del Pd Maria Elena Boschi, dicendo “qui mi sento a casa mia”, all’insegna del motto opportunistico del don Abbondio manzoniano “’Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Già, meglio non pensare a cosa avrebbe scritto nei suoi “Diari” Bruno Trentin su questa politica e su un sindacato che ha rinnovato il contratto nazionale dei metalmeccanici con un aumento salariale di 1 euro e 50 al mese e che ha incassato senza fiatare, le accuse di Papa Francesco e di Confindustria di “corruzione”.
Caro Maurizio, non mi punge vaghezza di sapere cosa penserebbe della politica di oggi chi ha ha fatto politica ieri in un mondo da cui ha poi preso comodamente le distanze. Sarà anche stato politicamente il migliore di tutti ( e dubito che lo fosse) era) ma di certo appare il meno elegante.