Nonsidice. È sul fisco il vero impegno riformatore

 

-di GIORGIO BENVENUTO e SANDRO ROAZZI-

Diseredati ed oppressi, privilegiati e oppressori…gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri…”, così raccontava il suo mondo” don Milani, un mondo di diseguaglianze e di egoismi da combattere. Dopo la recessione che il governatore della Banca d’Italia giudica peggiore di quella degli anni ’30, l’eredità di cui non ci si riesce a liberare sono proprio le accresciute diseguaglianze sociali ed economiche. Le cause sono molteplici, compresa la mediocrità della stagione politica. Eppure nella constatazione amara di quello che abbiamo, si fa per dire, alle spalle emerge per definire lo scenario un termine un poco in disuso nella dialettica politica e sociale: ingiustizia. Richiamo etico? Certo, ma anche molto concreto. Secondo alcuni studi della Bers che non hanno certo infiammato il cuore della politica fra il 2007 ed il 2012 ad esempio il reddito del 10% degli italiani che guadagnano meno è crollato del 27%, mentre quello del 10% degli italiani che guadagnano di più è caduto appena del 4%. In linea con l’Europa? Macché, se pensiamo che in Grecia, dove è successo di tutto fino a “commissariarla” sul piano economico con tempi… secolari, la distanza è solo di 15 punti. E là il crollo dei redditi è stato da brividi. In altri Paesi dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, chi ci ha perduto di più dalla crisi sono stati i ceti più ricchi. Perfino in Portogallo dato in stato comatoso durante la crisi mentre ora è in odore di miracolo economico il conto più salato lo hanno pagato i ceti più abbienti.

Da noi invece siamo oramai specializzati in record negativi…Ma il bello è che quella recessione si è distinta soprattutto per un devastante cedimento della domanda interna e degli investimenti. Ma in questo caso l’impegno dei ceti più “danarosi” a limitare i danni non è di certo pervenuto. E stiamo parlando di professionisti, imprenditori, figure professionali di alta specializzazione. Mancanza di senso civico? Chissà, ma di sicuro mentre i materassi di costoro… si riempivano, gli altri non arrivavano alla fine del mese o perdevano in famiglia stipendi e salari. Ed il fisco dove era, per riequilibrare la situazione? Il ministro Padoan rivendica agli interventi del Governo, dagli 80 euro alle 14me per i pensionati poveri, il successo di aver contenuto il disastro sociale. Certo ma altri strumenti non hanno funzionato a dovere. Nel 2013 orgogliosamente faceva il suo ingresso sulla scena il nuovo redditometro che doveva essere il vero castigamatti degli evasori fiscali. Ma poi si scopre che nel 2016 i controlli sono stati la miseria di 2812, il 52% in meno del 2015 secondo la Corte dei conti. Almeno il recupero di evasione è stata sostanziosa? Come no, 2 milioni di euro… E nel frattempo sono spariti pure gli studi di settore, considerati inadeguati. Forse però bisognerebbe ricominciare daccapo: c’è una riforma dell’Irpef che aspetta da anni. Se vogliamo raggiungere l’obiettivo di una maggiore e migliore equità si potrebbe cominciare da qui. Ovvio che la progressività dovrebbe far parte del progetto riformatore. Un reale progetto riformatore è e resta la risposta migliore sia a chi vagheggia di patrimoniali quasi impossibili (salvo che ritassare la casa…) e a chi invece vuole la imposta unica. Anche se il vero duello pare proprio sia questo. E non va bene. Soprattutto per quel che resta di una sinistra che ha voglia ancora di battersi per la vera giustizia sociale.

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