Il 19 gennaio del 2000 si spegneva in Tunisia Bettino Craxi.
Lo ricordo con la pietas commossa per la sua morte in terra straniera e con l’affetto di chi non è stato suo scudiero ed ha cercato solo di aiutarlo ad usare al meglio le sue grandi doti: perciò lo criticavo quando ritenevo che sbagliasse (questa è la vera amicizia!). Sostiene Intini che mettevo a dura prova la sua pazienza: un giorno in direzione chiesi la parola ma me la negò con un sopruso. Ho avuto da parte sua un altro atto di inimicizia, quando chiese a Giuliana Nenni di togliermi la presidenza della Fondazione Nenni. Giuliana lo ha raccontato a Enzo Biagi: “Craxi non ama i suoi contestatori e Tamburrano è stato un coerente oppositore e una persona intellettualmente onesta. Craxi avrebbe desiderato un altro, ma senza fare nomi”. (“La Disfatta”, Rizzoli, p. 43)
Anche se non sapevo né volevo tenere le lingua a freno stimavo Craxi un grande leader. E così voglio ricordarlo, soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino quando la miopia di Occhetto impedì ai due partiti, ormai non più divisi dal muro, di unirsi e dare vita all’alternativa alla DC.
Ricordiamolo, compagni: lo merita. E’ stato perseguitato dalla Procura milanese. Non avevano prove di reato e usarono la logica aberrante:”non poteva non sapere”. Arrivarono al punto, nella loro persecuzione, di affermare che aveva “confessato” in un discorso il 29 aprile 1993, un grande discorso alla Camera nel quale egli, rivolto agli altri partiti, dichiarò che il finanziamento ai partiti era largamente irregolare e illegale e che occorreva riformarlo e aggiunse: se qualcuno in questa Aula ritiene che il finanziamento del suo partito è regolare si alzi. Non si alzò nessuno: nemmeno Cossutta che forse aveva in tasca i rubli ricevuti freschi freschi dai sovietici.
Craxi voleva sollevare un caso di coscienza collettivo delle forze politiche per affrontare in modo nuovo il problema del finanziamento e in generale del sistema partitocratico: ma lui era uno statista, gli altri dei conigli o delle volpi.
Del suo discorso si interessò la Procura di Milano e quei Torquemada dissero: ma questo discorso è una “chiamata di correo”, è dunque una confessione. E Craxi, assaltato da tanti sciacalli, andò a morire straziato fuori del suo Paese.
Ricordiamolo, compagni!
“…presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro…” Questo disse poi in parlamento a quelle volpi e conigli che non si alzarono. Grazie, presidente Tamburrano, di questo ricordo. Tra i più belli. Saluti socialisti!
si è un bel ricordo il Suo. Libero di aver fatto la scelta, ma avrebbe dovuto rimanere in Italia. La sua opera politica oggi sarebbe valutata diversamente. Chi fugge, abbandona e lascia dietro di se ogni cosa.
Grande uomo grande statistica.onorata di averlo conosciuto
Non fu il solo a fuggire. Ci fu un fuggi fuggi generale e dopo la grande fuga si scoprì che il PSI era un partito fatto non solo di nani e ballerine ma soprattutto di clienti, grossi e piccoli, e non di militanti. I pochi militanti rimasero al loro posto, insieme a pochi dirigenti (si fa per dire!) senza spina dorsale. I fuggitivi si rifecero una verginità o hanno creduto di potersela rifare. Oggi si vorrebbe addirittura portare la lepre più veloce di quel momento, con i suoi numerosi emolumenti, addirittura al Quirinale!
E’ ora di dire basta al silenzio della storia : quindici anni sono sufficienti e anche troppi per chi vuole chiudere una tragedia politica che insieme alla morte del grande Bettino segnò la morte del PSI.
Ma mentre Craxi non si può risvegliare i socialisti quelli veri, possono tornare a far sentire la loro voce,quella voce della autonomia socialista che invece ancora una volta vedo appannata da questa dirigenza nazionale anche se anagraficamente giovane rispetto alla segreteria Craxi del 1976, come ha detto Nencini nella intervista a Mauro del Bue.
L’ipocrisia, la paura,il non sento, non vedo, non parlo,come ebbe a dire il grande Bettino riferendosi ai ” comandanti ” di allora socialisti e non, devono sparire dal nostro vocabolario.
Quanti nani, quante ballerine ( leggi Formica) stanno ancora sul palcoscenico della nostra politica! Io so che il mondo è cambiato e che le cose cambiano ancor più rapidamente,ma come si può costruire un futuro negando il passato?
Marcello Ramadori Perugia
P. S. Il discorso in questione è quello del ’92; ma la sostanza non cambia. Saluti socialisti!