-VITTORIO EMILIANI-
Il dissenso non è mai piaciuto molto nella politica italiana e, in fondo in fondo, neppure alla stampa italiana. I più vecchi ricordano quando Palmiro Togliatti definì “pidocchi nella criniera di un nobile destriero” (il suo Pci) i due dissidenti Aldo Cucchi e Valdo Magnani, persone rispettabilissime sotto ogni punto di vista, i quali avevano il torto di sostenere, nel 1951, che nella polemica e nel distacco dall’Urss avesse ragione Tito. No, divennero anche i Magnacucchi, con allusione un po’ greve al magna-magna. Quattro anni dopo l’espulsione di due deputati dalla Dc – Ugo Bartesaghi e Mario Melloni divenuto poi famoso come Fortebraccio – perché chiedevano di rinviare di tre mesi l’accordo Nato che consentiva il riarmo della Germania Federale, assunse i toni di una demonizzazione.Oggi ovviamente i colori sono meno accesi. Però i dissenzienti sono visti alla fine come i soliti rompiscatole: succede così a quei 18 senatori, guidati da Vannino Chiti, che dissentono dalle “riforme” renziane del Senato e della legge elettorale, contrapponendo un loro progetto fra l’altro molto più incisivo anche sul piano del risparmio di spesa: dimezzare sia senatori che deputati, differenziare le funzioni delle due Camere, mantenere elettivo il Senato, ridare agli elettori l’arma delle preferenze (benissimo usate le tre avute assegnate alle recenti europee).
Da parte degli esponenti della maggioranza renziana i 16 (oggi un po’ di più) vengono trattati così: ricordatevi che
a) Renzi ha avuto quasi il 41 % dei voti (alle europee);
b) la grande maggioranza del Pd vuole le “sue” riforme (cioè Italicum e Senato ridotto, non più elettivo, una sorta di Cral nominato da Comuni e Regioni);
c) chi si oppone, “gufa” contro il presidente e il suo stesso partito;
d) se insiste, deve ben rendersi conto di “opporsi alle riforme”. Che sono epocali.
Una vulgata ripresa – e questo è grave – pari pari da giornalisti della carta stampata e da conduttori di talk-show televisivi, diventando una sorta di verità conclamata. Non si entra quasi mai “nel merito”. E’ indubbio che le Camere (entrambe!) vadano “smagrite”. Oltre tutto, chi è stato parlamentare sa bene che l’assenteismo nei lavori che nel concreto contano – cioè quelli di commissione – supera il 50 %. E’ indubbio che vadano differenziate le funzioni, ma senza togliere al Senato compiti e garanzie di controllo, anche per rimediare ad evidenti sciocchezze o sbandamenti della prima Camera (vedi il recente voto sulla responsabilità civile dei magistrati). Ma non accadrà col progetto Renzi patteggiato con Berlusconi.
Nelle scorse settimane però, con sospiri di sollievo se non di sufficienza alcuni cronisti televisivi e loro colleghi conduttori di trasmissioni serali (ormai chiaramente schierati, o schienati, sulla linea renziana) hanno rassicurato i loro lettori/ascoltatori: la protesta di Chiti, Casson, Mucchetti, Tocci, era “rientrata”. Non era vero. Ma passava per vero, visto che la voce dei dissenzienti non veniva ascoltata, né lo era granché quella di Pippo Civati che dalla Camera li sostiene. O che sorpresa quindi quando quegli ostinati senatori “gufanti” sono ricomparsi, in numero anche più agguerrito a sostenere le loro concrete ragioni. Bollati subito con uno “spero si rendano conto di opporsi al cammino epocale delle riforme…”
Però le preferenze – specie dopo l’incontro col M5s – rispuntano e altre aperture si annunciano, si riparla di Mattarellum…E allora vogliamo informare e approfondire invece di dedicarci a forme guantate di autocensura e di omologazione all’aria che tira? Fateci un pensiero.
caro Vittorio Emiliani, sono d’accordo su tutto quel che dici, tranne che sulla diminuzione dei Parlamentari, che è soltanto un cedimento alla vulgata corrente del risparmio. C’è uno studio pubblicato dal centro studi del Senato del 2011 (si trova facilmente sul sito) che mette a confronto il numero dei parlamentari dei 27 paesi dell’UE. L’Italia con 1,6 parlamentari per centomila abitanti è al ventiduesimo posto. E come tu sai anche il rapporto numerico tra parlamentari e abitanti è importante ai fini della rappresentanza. Diminuirli sarà certo un risparmio (ma perché non ridurre gli emolumenti allora? si ottiene lo stesso risultato), ma li rende un’oligarchia (kasta per i semplici) sempre più ristretta, e sempre meno concorrenziale.