di Maurizio Fantoni Minnella
Assai di rado può capitare d’incontrare per strada qualcuno con un libro o più libri sottobraccio. Semmai è più facile imbattersi in una moltitudine di persone con un cellulare tra le mani, magari immersi nella lettura di messaggi personali oppure in un sempre più vasto segmento di gente che cammina con un cane al guinzaglio, di piccole dimensioni se si vuol essere a la page. Inoltre può anche capitare, ed è pure capitato, che qualcuno entrando per la prima volta nella casa di una persona amica, si sia alquanto stupito del fatto che in essa vi fossero molti libri esposti, adducendo la seguente motivazione: oggi le case devono essere sgombre da oggetti essenziali, come se il libro possa essere comparato ad un qualsiasi oggetto d’arredamento!.
Da qualche tempo, ormai, si è perfino trovato il modo di eliminare i libri dalle proprie case, sottraendoli per sempre alla propria quotidianità, ricorrendo allo stratagemma del riciclaggio attraverso luoghi e spazi tradizionalmente dedicati all’usato, in alternativa al cassonetto della spazzatura. In questo triste “furor di non avere libri”, vittima designata di tale iconoclastia sembra essere, fuor d’ogni dubbio, il genere enciclopedia, (con la dovuta eccezione per la prestigiosa Treccani che deve comunque stare in bella mostra nei vecchi e tristi salotti bene), troppo ingombrante, con un peso specifico pari a quello del proprio contenuto, quindi eliminabile a favore di succedanei digitali, dal generico Wikipedia, non di rado insufficiente e di altre fonti informative digitali come, ad esempio, Google.
Triste destino quello del libro cartaceo che già si dava per morto con il tanto inutilmente celebrato avvento del cosiddetto libro digitale da leggere su apposito tablet, eppure rimasto miracolosamente a galla, forte del proprio radicamento plurisecolare nelle abitudini dei cittadini lettori, uno zoccolo duro che pare sempre più assottigliarsi. Parliamo di due fenomeni paralleli, opposti e speculari, quello dell’attuale acquisto di libri che avviene regolarmente nelle librerie e attraverso i canali on line, ma comunque in una percentuale sempre più bassa rispetto alla maggior parte dei paesi europei, e quello della dispersione dei libri o di intere biblioteche, ossia di un patrimonio residuo sedimentatosi nel tempo.
Ma se il vero scopo è quello di sottrarsi al passato a favore di un eterno presente che è il tempo del consumo veloce, dell’usa e getta, allora risulta più facile comprendere la presenza di enormi quantitativi di libri di ogni genere ed epoca (in prevalenza del secolo scorso) che regolarmente vengono acquisiti e riversati in spazi di vendita spesso di vaste dimensioni, per non parlare di quelli, in quantità non trascurabile, che inevitabilmente finiscono nei civici cassonetti. Sembra che il liberarsi dei propri libri sia davvero diventata un’attività diffusa tra la gente comune ma anche tra quella parte di lettori che pur rappresentano una significativa minoranza. Infatti, se si escludono le donazioni di intere biblioteche di qualità, generalistiche o specialistiche che siano, spesso rifiutate dalle biblioteche pubbliche con la solita motivazione della mancanza di spazio, alla morte avvenuta di un cosiddetto lettore “forte”, corrisponde spesso il rifiuto della sua eredità libraria da parte dei consanguinei. In questa deriva culturale, ennesima variante del dissolvimento della ragione storica e dialettica, il libro si trasforma da oggetto utile, necessario, oltre che dotato di una propria forma estetica, a oggetto divenuto ormai ingombrante, oltre che ricettacolo di polvere che ne favorisce, legittimandola, la propria dispersione. Che importa se da ciò altri lettori, invece, ne trarranno vantaggio, proprio attraverso il sistema recente del “book-crossing” che impiega vecchie cabine telefoniche o minuscole casette di legno come contenitori di “libri di passaggio” o “passaggio di libri” (1), oppure all’interno di singoli bar di tendenza, se poi a loro volta i nuovi fruitori non contribuiscono a creare nuove biblioteche personali, liberandosi dei libri una volta letti o semplicemente sfogliati? Il paradosso consiste nel fatto che se per un verso si dismettono biblioteche di diverse entità, per l’altro si raccolgono libri dismessi perfino dalle stesse biblioteche pubbliche in spazi dedicati affinchè non vadano tutti al macero.
Questo significa che viviamo nell’epoca della dispersione e non di conservazione del patrimonio culturale attraverso il libro. E’ quindi difficile rilevare oggigiorno la presenza di nuove biblioteche in formazione rispetto a quelle createsi in un recente passato anche da semplici e anonimi lettori amanti della cultura: ma pensiamo anche alle biblioteche e agli archivi di artisti, scrittori, poeti e intellettuali come Umberto Eco, Edoardo Sanguineti (2), Roberto Roversi, Vittorio Sereni, Guido Morselli, Guido Ceronetti, Lele Luzzati, Giuseppe Pontiggia, Giancarlo Vigorelli, Antonia Pozzi, Carlo Cattaneo, Luigi Preti (3), solo per citarne alcuni tra i più significativi, ma anche autori minori come Piero Chiara, Vittorio G. Rossi, Giuseppe Marcenaro etc. e al loro destino post-mortem, spesso, fortunatamente, valorizzate da enti pubblici come biblioteche nazionali, comuni, università. O infine a fondi genovesi specialistici come quelli di Roberto Chiti e Gianalberto Bendazzi (cinema), e di Gianni Dagnino (musica), purtroppo non tutti a destinazione pubblica!.
A fronte di significativi frammenti e testimonianze culturali squisitamente novecenteschi ma non solo, appositamente messi sotto tutela (non sempre però nella maniera più opportuna per una efficace fruizione pubblica), riscontriamo un presente sempre più povero in cui il libro nella sua accezione più ampia e altresì più specifica, abbia progressivamente perso la propria centralità a favore di altri media la cui fruizione veloce e spesso casuale alimenta l’illusione di un rinnovato processo informativo e di acculturazione che in realtà non esiste senza un minimo di spirito critico opportunamente esercitato né tantomeno senza la possibilità di riflessione e di approfondimento, luoghi mentali dove più che lo spazio è il tempo della lentezza a fare realmente la differenza. Può infine, capitare di vedere qualche sparuto soggetto (in prevalenza femminile), immerso nella lettura di un libro all’interno di un bar, quasi come una presenza marziana a cui nessuno sembra più fare caso. Non importa quale libro, si direbbe, l’importante che sia un libro, sebbene le buone letture siano in prospettiva, sempre più auspicabili. Si potrebbe inoltre obiettare che sia meglio una buona lettura di un cattivo libro che una cattiva di un capolavoro, ma questi sono soltanto dilettevoli sofismi…
E intanto l’editoria di questo paese macina libri su libri noncurante del livello culturale dei lettori, delle possibilità di acquisto e di assimilazione, stampando cifre da capogiro (circa 85.000 volumi in un solo anno!), creando così una bolla produttiva perenne, anche con l’ausilio di denaro pubblico!, fatta di un’enorme quantità di libri invenduti o mai usciti dai magazzini editoriali, laddove proprio le singole librerie mostrerebbero ormai una sostanziale incapacità di assolvere alla propria funzione culturale, sprovviste ormai di un “catalogo” (che era il vero giacimento di una libreria) e con sempre meno attenzione all’editoria che per vocazione non può e non vuole vivere per produrre best-sellers.
Note
- Nel Canton Ticino (dal lago di Lugano al passo del Lucomagno, dai medi centri urbani ai piccoli paesi), il book-crossing viene elevato a vero e proprio sistema consistente in circa 120 ex cabine telefoniche riadattate e adibite a contenitori di libri o se si preferisce, a mini-biblioteche dotate di precise regole scritte e tendenti a stimolare lo scambio di volumi ma in un numero assai limitato.
- Del fondo librario di circa 20.000 volumi donato dai familiari del grande intellettuale e poeta genovese si è preso carico la Biblioteca Universitaria di Genova creando al proprio interno uno ampio spazio dedicato con la denominazione fortemente evocativa di “Magazzini Sanguineti”.
- Le “carte” e i libri di una vita di autori classici come Carlo Cattaneo (1801-1869) Luigi Preti (1914-2009), Antonia Pozzi (1912-1938) in seguito alle relative donazioni, vengono depositati in appositi spazi a disposizione degli studiosi presso il “Centro Internazionale Insubrico Carlo Cattaneo e Luigi Preti” dell’Università dell’Insubria per iniziativa del professor Fabio Minazzi, della stessa università.
N°150 del 26/07/2023