-di PIERLUIGI PIETRICOLA–
Continua la pandemia da coronavirus. E noi proseguiamo con la nostra attività informativa affinché i lettori sappiano di cosa si sta parlando. Abbiamo conversato, questa volta, con la Professoressa Maria Rita Gismondo, DIRETTORE/RESPONSABILE MICROBIOLOGIA CLINICA, VIROLOGIA E DIAGNOSTICA BIOEMERGENZE all’Ospedale Luigi Sacco di Milano.
Professoressa Gismondo, alla luce dei fatti questo coronavirus possiamo definirlo ancora un’influenza stagionale più contagiosa oppure è qualcosa di più serio?
Non l’abbiamo mai definito un’influenza stagionale né più contagiosa. È esattamente il contrario: non è un’influenza stagionale ma è meno contagiosa dell’influenza stagionale. Questo è quanto l’OMS ha dichiarato ed è quanto i dati, fino ad oggi, ci hanno confermato.
Oggi sul Fatto Quotidiano è uscito un articolo che sostiene che la presenza di polveri sottili dovute all’inquinamento – la cui maggiore concentrazione pare essere proprio nel Nord Italia – ha favorito la diffusione del coronavirus. Lei che ne pensa?
Innanzitutto la presenza massiccia di polveri sottili può, certamente, favorire una fragilità a livello polmonare. Quindi qualsiasi tipo di infezione, o altra malattia, possono trovare maggiori possibilità di insediarsi diversamente da polmoni non attaccati dalle polveri sottili. Non ultimo perché le polveri sottili sono tante, per cui penetrano per il loro piccolissimo diametro e sollecitano infiammazioni locali, oltre ad essere cancerogene come ben sappiamo da una vasta letteratura.
Ci troviamo già nella fase di picco di propagazione virale?
Ci stiamo avviando verso la fase di picco. Non credo, però, che lo siamo ancora.
Tra quanto, pensa, ci sarà il picco?
Secondo i modelli matematici si pensa che il picco avverrà fra circa una settimana.
Dopo il picco, crede che la diminuzione dei contagi sarà rapida oppure graduale?
Non lo può dire nessuno. Ci possiamo rifare a modelli matematici e ad esperienze precedenti. Noi pensiamo ci possa essere una discesa rapida anche dovuta alle misure di contenimento che sono state prese. E poi si spera che questo virus non si ripresenti più. È un virus nuovo di cui non conosciamo assolutamente nulla.
Questo coronavirus potrebbe ripresentarsi nel prossimo Autunno?
Sì, certamente. Non è da escludere.
Con la stessa violenza o in modo attenuato?
Si presume che possa avere un impatto meno violento e che man mano vada a decrementare il numero dei casi di contagio.
Che opinione ha del protocollo mutuato dal farmaco per l’artrite reumatoide e messo a punto per arrestare il decorso dell’infezione?
Io credo che sia un protocollo che abbia tutte le premesse per essere vincente. Perché, in effetti, non blocca il virus ma quella che è la conseguenza più importante e che può portare alla morte del paziente: questa iper reazione infiammatoria polmonare. Bloccando quella, il paziente recupera, può respirare ed ha il tempo per eliminare il virus.
Crede ci siano delle controindicazioni particolari per applicare questo protocollo a tutti i pazienti?
La iper infiammazione data da questo SARS-CoV2 è massiccia e viene ad essere più o meno presente in tutti i pazienti. Quello che so è che prima si somministra e prima si blocca questa infiammazione. Quindi quasi tutti i pazienti sono probabili soggetti da utilizzare per questo protocollo.
Non vi sono controindicazioni particolari?
No, assolutamente no.
Quanto dovremo attendere prima di applicarlo in modo esteso?
Innanzitutto bisogna produrre un numero di risultati valutabili statisticamente, perché le impressioni sul proprio gruppo di pazienti possono essere limitate e non costituire un dato sensibile. Ci sono delle sperimentazioni in corso in Italia e sono stati identificati dei centri per la sperimentazione. Saranno valutati i risultati e, se saranno confortanti così come pensiamo, presto si potrà procedere. Credo che ci vorrà ancora qualche mese. Per adesso bisognerà andare per tentativi annotando i casi di successo e insuccesso nello sconfiggere la malattia virale.
Dobbiamo aver paura del coronavirus oppure potremo presto tornare ad una vita normale?
Sarà il risultato del numero di contagi che ci suggerirà che tipo di vita potremo riprendere. Perché se i contagi si saranno abbassati drasticamente, allora potremo riprendere una quasi totale quotidianità. Se, invece, i contagi dovessero ancora essere malauguratamente alti – ma questo è dovuto non al virus, bensì al comportamento individuale – allora dovremo ancora adottare delle misure restrittive.
Secondo lei le misure restrittive prese dal governo sono state tardive?
Per applicare delle misure del genere bisogna tenere conto di tantissimi fattori, e non solo di quello scientifico al quale posso riferirmi io. Dal punto di vista scientifico se vogliamo la totale sicurezza che un virus non si propaghi dovremmo, addirittura al primo caso, chiuderci tutti in tal modo assicurandoci che venga sconfitto. Ma nella vita normale così non è e non è così nelle responsabilità sociali e politiche che hanno le istituzioni. La decisione di queste misure viene presa valutando il compromesso tra vari fattori.
Le statistiche che ci vengono ogni giorno comunicate di persone contagiate, decedute e che risultano positive: secondo lei ci vengono comunicate nel modo giusto oppure, per esempio, tra coloro che sono deceduti occorre vedere chi aveva altre patologie pregresse e quindi operare delle distinzioni?
Questo l’ho detto tante volte e insieme con me la Capua e tutti i miei colleghi. Noi abbiamo, in questo momento, dei dati che possono anche essere interpretati in modo non idoneo. La situazione è grave ma attenzione ad attribuire qualsiasi morte al coronavirus.
Chi non presenta alcuna sintomatologia, ma è positivo al coronavirus, può essere contagioso?
Se una persona non ha assolutamente sintomi, da quello che sappiamo in questo momento, non dovrebbe contagiare. Il problema è che i sintomi sono, molte volte, sottovalutati. Il mal di testa, un po’ di mal di gola, l’inappetenza vengono sottovalutati dall’individuo stesso che li ha. Per cui possiamo avere casi di un positivo che crede di essere asintomatico e invece non lo è e perciò può contagiare. Al primo sintomo è necessario rivolgersi al proprio medico di famiglia per avere le istruzioni su come comportarsi.
Se si ha l’insorgenza di sintomatologie che si suppone legate al coronavirus, cosa bisogna fare sul piano farmacologico?
Sul piano farmacologico: zero. Sul piano comportamentale: rimanere lontano dai propri familiari, evitare i contatti per non contagiare. Chi ha sintomi dovrebbe stare in una stanza dedicata, col suo bagno e senza avere contatti anche di tipo relazionale con i propri cari.
Lei è ottimista sul futuro di questa pandemia?
Non sono né ottimista né pessimista. Siamo usciti da qualsiasi pandemia. Quindi usciremo anche da questa. La cosa importante è uscirne con meno morti possibili.