di PIERLUIGI PIETRICOLA
Esistono casi editoriali che esulano dal grande mercato, e proprio per questo assumono un’importanza decisiva. Come sosteneva Mario Praz, si tratta di libri che conferiscono – ben più di quelli maggiormente noti al pubblico – all’epoca una tinta particolare, attraverso la quale è possibile comprenderla e, in conseguenza, comprenderci meglio. È, questo, il caso di un testo curato da Emanuele Ceglie ed edito da Rubettino: LE FONDAMENTA DELLA COSTITUZIONE. PIETRO NENNI E IL MINISTERO PER LA COSTITUENTE. Si tratta di una ricerca condotta dalla Fondazione Giuseppe Di Vagno all’interno della quale il lettore può trovare una folta documentazione sul lavoro portato avanti da Nenni nella Costituente. L’assurto da cui muovono le considerazioni dei diversi contributi è questo: la Costituzione italiana è una Carta conquistata e non concessa, come avvenne per lo Statuto Albertino. Nel libro si discorre di come tale conquista si sia man mano concretizzata. Ma una volta concordato questo principio, che fare? Si trattava di creare le condizioni istituzionali attraverso le quali procedere alla scrittura della Carta, alla sua strutturazione ed elaborazione. E se c’è una particolarità della nostra Costituzione, è proprio la sua forte componente sociale, relativa – soprattutto – ai diritti della persona in ambito lavorativo. Un elemento, questo, che la differenzia fortemente rispetto a tutte le altre. I lavori della Costituente iniziarono nel Quarantasette: anno particolarmente intenso, perché i socialisti e i comunisti vennero esclusi dal Governo, ma non dai lavori per la Carta. Come disse Togliatti: “Siamo fuori dal Governo, ma dentro la Costituzione”. Si trattò di una fase lavorativa tutt’altro che pacifica, come ebbe modo di sottolineare – in più occasioni – Calamandrei. Molte istituzioni – come la Corte Costituzionale, ad esempio – divennero realtà solo molti anni dopo l’entrata in vigore della Carta. Dai vari contributi presenti nel libro, emergono notizie – finora ignote – e delle quali ci si appassiona. Fra le tante, la dialettica – fruttuosa e ricca di stimoli – che si innescò fra Calamandrei, Nenni e Togliatti relativamente al senso dinamico che la nostra Costituzione avrebbe dovuto avere, assumendo una conformazione tale da andare a beneficio delle generazioni che sarebbero successivamente venute. Fra le perle che il volume elargisce, vi è quella relativa al grande lavoro preparatorio che Nenni approntò per la scrittura della Carta. Un impegno, immane, dotato di una fortissima elaborazione intellettuale e che ancora oggi non si è interamente esaurito. Di tutto questo cosa rimane e cosa, al contrario, può ritenersi superato visti i tempi? Interrogativo che il libro pone e su cui val sempre la pena di riflettere. Ma i lavori che portarono alla realizzazione della Costituzione Italiana furono improntati anche ad una saldatura fra il vecchio e il nuovo: tra, cioè, una classe amministrativa e politica – dotata di competenza – e che, cresciuta e formatasi sotto il Fascismo, si sarebbe trovata a dare il suo contributo per la creazione di una nuova èra. Operare una saldatura fra il vecchio e il nuovo, garantendo una cesura e, nello stesso tempo, una continuità: questo un altro compito – forse il più difficile – che la Costituente avrebbe dovuto realizzare. Ma la Costituzione fu anche l’occasione per l’innescarsi d’un’altra dialettica: quella fra la componente sociale e politica. Due correnti che, all’epoca, si fronteggiarono in modo serrato per avere una prevalenza l’una sull’altra: la partitica e la popolare. Pietro Nenni confidava nella seconda. Togliatti, diversamente, nella prima. Come è risaputo, finì per prevalere quest’ultima. Una storia non scritta, in buona sostanza, ma che si può comprendere in limine leggendo la Costituzione. E che ora, grazie a questo ricco volume, può divenire patrimonio comune. Non ultimo, anche per una maggior consapevolezza dei capisaldi della nostra democrazia.