– di GIULIA CLARIZIA-
Nel pomeriggio dello scorso 21 dicembre, è stato presentato l’ultimo libro di Antonio Tedesco, Segretario generale della Fondazione Pietro Nenni.
Il libro, intitolato Pietro Nenni e la Grande Guerra, approfondisce un momento peculiare della vita del leader socialista: quello della vigorosa e a tratti immatura attività politica tipica della gioventù.
Conosciamo un Nenni diverso da quello delle narrazioni tradizionali: un Nenni repubblicano – ha spiegato l’autore. Il contesto è quello dell’interventismo democratico portato avanti da chi, come Nenni, vedeva nella guerra il compimento del Risorgimento.
Il presidente della Fondazione Giorgio Benvenuto ha messo in rilievo proprio questo aspetto. Nenni vedeva nella guerra contro l’Austria la possibilità di riscatto dall’oppressione straniera nel nome di un patriottismo che, portato a compimento, avrebbe dovuto generare pace e stabilità.
Dal libro emerge poi come la battaglia interventista di Nenni, condotta tramite comizi, dimostrazioni, e tramite la sua attività da giornalista, si intrecciasse con il sentimento antimonarchico. Sembrava quasi un paradosso – ha spiegato il Vicepresidente Carlo Fiordaliso – essere interventisti e antimonarchici quando il re era il capo supremo delle forze armate. Ma i repubblicani credevano fermamente nella necessità della partecipazione alla guerra, al punto che molti, tra cui Nenni, si arruolarono come volontari.
Al termine della guerra, però, sarebbe emerso chiaramente che quella speranza di pace, libertà e stabilità era stata vana. Il senatore Cesare Salvi ha infatti sottolineato che quella pace che pose fine alla Grande Guerra conteneva in seno i germi del secondo conflitto che nel giro di pochi anni avrebbe fatto sanguinare l’Europa.
Il Pietro Nenni del dopoguerra, dunque, è un Pietro Nenni consapevole e autocritico. Egli si rese conto dell’errore di valutazione. La guerra forse aveva consegnato all’Italia Trento e Trieste, ma non aveva riscattato i lavoratori, quegli ultimi dalla parte dei quali Nenni si era schierato sin da bambino, colpito dalla folla che chiedeva pane durante una protesta.
Egli comprese allora che la difesa dei lavoratori non sarebbe passata per il partito repubblicano, bensì per il partito socialista.
Dal libro emerge poi che in questo passaggio di critica nel senso ampio del termine, cioè di preludio a un’evoluzione, Nenni mise in discussione anche quell’amicizia che aveva caratterizzato gli anni della battaglia interventista: quella di Benito Mussolini.
È una pagina di storia conosciuta, ma spesso non letta attraverso gli occhi dei suoi protagonisti. Uno studio di questo tipo, aggiunge Fiordaliso, lascia un’eredità importante. È un contributo verso il necessario recupero di valori che sono fondamentali per difendere quelle conquiste del passato che oggi sembrano a rischio.