– di FEDERICO MARCANGELI –
Ci fu un tempo in cui Antonio Gramsci difese Mussolini, attirando le successive accuse di intervestismo scaturite a ridosso e durante la Grande Guerra. Non è forse un caso il successivo buio nella biografia gramsciana, che ha lasciato spazio a numerose ipotesi in questi anni, compresa quella di una trattativa in corso con un Mussolini ormai cacciato dal Partito Socialista ed avviatosi per la sua strada. Partiamo però dal principio. L’allora direttore dell’Avanti! (Benito Mussolini per l’appunto) si lanciò in un editoriale il 18 ottobre 1914 dal quale scaturirono numerose polemiche tra i Socialisti:
“Noi abbiamo condannata la guerra, ma questa condanna del fenomeno, preso nella sua “universalità”, non ci ha impedito di distinguere logicamente, storicamente, socialisticamente fra guerra e guerra. (…) A guerra scoppiata, le simpatie dei socialisti vanno alla parte aggredita. (…) Una neutralità socialista che prescindesse dai possibili risultati della guerra attuale, sarebbe non solo un assurdo, ma un delitto(…) Abbiamo sentito che sarebbe stato assurdo pretendere che l’Italia sola restasse inerme mentre tutta l’Europa era una selva di baionette che s’incrociavano (…) Abbiamo ammesso che bisognava tenersi pronti a difendersi da eventuali rappresaglie austro-tedesche. Questa ammissione può condurci lontano: a vedere, cioè se convenga di opporci praticamente a quella guerra che ci liberasse “in preventivo e per sempre” da tali possibile rappresaglie future.”
In sostanza i socialisti italiani dovevano trasformarsi da “spettatori inerti” a “protagonisti del dramma grandioso” della Grande Guerra. Un editoriale che quindi strizzava l’occhio all’interventismo e che, proprio per questa natura, portò ad innumerevoli attacchi nei confronti di Mussolini. Uno degli scritti di critica più decisi arrivò da Angelo Tasca attraverso il Grido del Popolo del 24 ottobre 1914. Il passaggio che maggiormente si biasima dell’articolo Mussoliniano esortava i proletari a non intralciare i piani di intervento della borghesia “Andate dove i vostri destini vi chiamano (…) Se voi ritenete che sia vostro dovere fare la guerra all’Austria, il proletariato non saboterà la vostra azione”. Secondo Tasca questo rappresentava un chiaro attacco agli ideali socialisti, a causa di una prospettiva unitaria nazionale che non distingueva più tra borghesia e proletariato.
E’ proprio questo articolo di accusa, chiamato Il mito della guerra, l’oggetto della contro-critica da parte di Gramsci. Il 31 ottobre 1914 viene infatti pubblicato sull’Avanti! “Neutralità attiva ed operante”, in cui esorta il PSI ad agire e muoversi dalla posizione di neutralità assoluta espressa all’inizio della guerra, distaccandosi da quanto espresso dall’internazionale socialista.
“i rivoluzionari che concepiscono la storia come creazione del proprio spirito, fatta di una serie ininterrotta di strappi operati sulle altre forze attive e passive della società, e preparano il massimo di condizioni favorevoli per lo strappo definitivo (la rivoluzione) non devono accontentarsi della formula provvisoria «neutralità assoluta», ma devono trasformarla nell’altra «neutralità attiva e operante»”.
Fatta questa premessa, Gramsci punta a sruttare la guerra per ribaltare il sistema delle classi in italia, dominato da una borghesia che definisce “fallimentare“. Questa transizione sarà il primo passo per portare la civiltà verso un grado di perfezione superiore, superando la fase borghese-centrica dell’epoca. In questo suo discorso il Partito Socialista avrebbe dovuto cogliere la palla al balzo per liberarsi “da tutte le incrostazioni borghesi che la paura della guerra gli ha appiccicato addosso (mai come in questi ultimi due mesi il socialismo ha avuto tanti simpatizzanti più o meno interessati)”.
Dopo un inizio generico, Gramsci inizia un difesa più puntuale del discorso di Mussolini. Ribalta infatti l’analisi di Tasca sulla frase, già citata in precedenza, “Andate dove i vostri destini vi chiamano (…) Se voi ritenete che sia vostro dovere fare la guerra all’Austria, il proletariato non saboterà la vostra azione”. Egli ne da un’interpretazione nettamente diversa, difendendo il punto di vista Mussoliniano. Secondo lui il proletariato, presa coscienza della potenzialità, ma anche della sua temporanea immaturità nel guidare lo Stato, avrebbe dovuto sfruttare la borghesia per raggiungere i suoi scopi.
“Né la posizione mussoliniana esclude (che anzi lo presuppone) che il proletariato rinunzi al suo atteggiamento antagonistico, e possa, dopo un fallimento o una dimostrata impotenza della classe dirigente, sbarazzarsi di questa e impadronirsi delle cose pubbliche, se, almeno, io ho interpretato bene le sue un po’ disorganiche dichiarazioni (…) Io non so immaginare un proletariato che sia come un meccanismo al quale nel mese di luglio sia stata data la corda con la chiavetta della neutralità assoluta e che non possa essere nel mese di ottobre fermato senza che abbia a spezzarsi. Si tratta di uomini, invece, che hanno dimostrato, specialmente in questi ultimi anni, di possedere un’agilità di intelletto e una freschezza di sensibilità quale la massa borghese amorfa e menefreghista è ben lontana dal solamente fiutare(…)In tutti i casi la comoda posizione della neutralità assoluta non ci faccia dimenticare la gravità del momento, e non faccia che noi ci abbandoniamo neppure per un istante ad una troppo ingenua contemplazione e rinunzia buddistica dei nostri diritti.”
Si ribadisce quindi la volontà di sfruttare la guerra per ribaltare il sistema o, quantomeno, per metterlo in crisi. Quella che però non emerge è la netta differenza tra neutralità operante ed interventismo, che in alcuni passaggi sembrano sovrapporsi e trovare premesse comuni. Proprio a causa di ciò le critiche a Gramsci sono state numerose.