– di MAGDA LEKIASHVILI –
Ero in viaggio in Georgia e mi hanno detto: di che cosa ti preoccupi? Che ti importa? Fra pochi giorni te ne andrai… Mi preoccupo, mi importa e come. Il mio paese ha eletto il suo quinto presidente (donna per la prima volta) da quando ha riconquistato l’indipendenza nel 1991. Ci sono stati due turni di elezioni. Quando le prime votazioni non hanno portato un risultato chiaro, nessun candidato aveva superato la soglia del 50 percento, il 28 novembre i cittadini sono stati richiamati ancora una volta a scegliere alle urne. I candidati erano due. Salome Zurabishvili, una donna, candidato indipendente, fortemente supportato dal partito di governo (Sogno Georgiano) e Grigol Vashadze, candidato dei partiti dell’opposizione unita. Tutti e due ex ministri degli affari esteri della Georgia (Salome nel 2004/2005, Grigol 2008/2012). Tutti e due diplomati all’estero. Salome, nata e laureata in Francia, mentre Grigol ha avuto successo come diplomatico in Russia. Ha vinto Salome, con il 59,52% dei voti. Il 40,48% è il risultato di Grigol Vashadze.
Dopo la rivoluzione delle rose del 2003, quando la Georgia con la leadership di Mikheil Saakashvili ha apertamente dichiarato la sua politica pro-occidentale basata sulla democrazia, il presidente Saakashvili ha allargato il suo entourage con persone con molta esperienza in politica. Allora Salome Zurabishvili è tornata in Georgia, rivestendo la poltrona di ministro degli affari esteri per far conoscere la Georgia come paese indipendente basato sui fondamenti della democrazia e con la voglia di diventare membro delle istituzioni europee. Soprattutto con la volontà di integrarsi con la Nato e con l’Unione Europea. Con lo stesso pathos è tornato anche Grigol Vashadze, successivamente anche lui ministro degli esteri. Un politico di successo con passaporto russo, che avrebbe dovuto usare tutte le risorse a sua disposizione per rilanciare i rapporti tesi con la Russia. La storia della sua cittadinanza russa (Vashadze ha rifiutato la cittadinanza russa dopo la guerra fra la Russia e la Georgia nel 2008), è stato il tema principale per gli avversari per mettere in ombra la sua candidatura a presidente. Vashadze non ha mai abbandonato il team del partito di Mikheil Saakashvili, Movimento Nazionale Unito, anche dopo il 2012, quando dal governo sono passati all’opposizione. Mentre Salome Zurabishvili, col tempo, è diventato loro avversario già durante la loro governance.
Che prima delle elezioni i candidati promettano un futuro brillante ai cittadini, succede ovunque. Ma quello che è successo in Georgia durante la campagna elettorale, credo, non accada dappertutto. Almeno nei paesi europei. Succede infatti solo dove ancora vengono usati i metodi sovietici per vincere. Dove invece di presentare il programma per il futuro, si parla male dell’avversario, e l’obiettivo è discriminare ed infangare il nome del concorrente al prezzo di parlare della loro vita privata. Un colpo basso; dove invece di convincere i cittadini, si comprano i loro voti con sacchi di patate e di cipolle, spesso pagando direttamente anche 180-300 lari (circa 60-100 euro); dove i cittadini che lavorano nel pubblico vengono chiamati risorse amministrative e non sono considerati come persone libere che possono fare una libera scelta, anzi, sono obbligati a votare a favore del candidato al governo; dove il governo (in questo caso il partito di maggioranza assoluta dell’oligarca Bidzina Ivanishvili Sogno Georgiano) non nomina il proprio candidato per le elezioni, ma usa tutte le proprie risorse, soprattutto economiche, per supportare il candidato indipendente, dove di indipendente non c’è nulla; dove sui manifesti del candidato presidenziale, (Salome Zurabishvili) oltre Salome, vengono ritratti rappresentanti del governo e leader del partito Sogno Georgiano; dove i giornalisti vanno ad assistere alla conferenza stampa del candidato (sempre Salome) e al posto suo trovano ancora membri del Sogno Georgiano. Adesso è possibile capire come in nessun altro paese vengano eletti in questi modi il presidente o il parlamento. Nonostante la presenza di molti osservatori internazionali il processo non è stato sano (lo hanno dichiarato gli osservatori stessi). Ed anche se ha vinto il candidato indipendente non è una vittoria di cui vantarsi. Il presidente della Georgia sarebbe davvero legittimato dal popolo, solo nel momento in cui, davanti alle urne, ognuno avesse la possibilità di fare una scelta libera, senza paura di perdere il proprio posto di lavoro e soprattutto senza riportare a casa 10 chili di patate e di cipolle.