-di VALENTINA BOMBARDIERI-
Antonio Di Maio, papà del più famoso Luigi avrebbe avuto alle sue dipendenze un lavoratore in nero per circa un anno. Mentre il figlio si difende sostenendo che tra lui e il papà all’epoca del misfatto non corresse buon sangue, il Pd gongola e così Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Dimenticandosi e confondendosi sul peso politico delle questioni che li vedono coinvolti con i loro parenti. L’ex Premier e la Ministra entrarono a pieno titolo nelle questioni che riguardavano i genitori cercando di influenzarne gli esiti.
Poi si sa, la stampa è considerata il cane da guardia del potere. E oggi il potere è in mano a quel ragazzetto che fino all’anno scorso faceva lo stuart al San Paolo di Napoli e poi per quella storia della democrazia diretta è diventato Vice-premier e Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il problema di tutta questa vicenda però non è tanto nel lavoratore che otto o dieci anni fa lavorava alle dipendenze della Ardima Costruzioni senza un regolare contratto. Probabile che Luigino fosse ancora al San Paolo a riflettere sulla sua esistenza. Il problema è nella causa di lavoro che un lavoratore ha oggi con la Ardima Srl.
Nella prima puntata de “Le Iene”, che hanno lanciato lo scoop, il Ministro ha sostenuto di non sapere chi fosse Salvatore Pizzo, cioè il lavoratore che sostiene di aver lavorato in nero. Nella seconda puntata ha sostenuto invece di non sapere che i lavoratori in nero fossero 3 o 4. Praticamente metà dell’intero personale. Né di sapere che uno di questi lavoratori, non Salvatore Pizzo, avesse già fatto causa alla Ardima. La vertenza attualmente è giunta in fase di appello.
Ora, il tema centrale è proprio qui. La società che era prima intestata alla mamma di Di Maio, vede oggi Luigi detenere il 50 % delle quote. Quindi noi dovremmo credere che mentre la tua società affronta una causa di lavoro tu non sappia nulla. O dovremmo credere a una famiglia che ti tiene all’oscuro di tutto, pur sapendo il ruolo istituzionale che ricopri. L’altro 50% delle quote lo detiene la sorella mentre il fratello è l’amministratore unico. Ma come si dice parenti serpenti e lungi da me voler ficcare il naso nelle vicende familiari di Luigi Di Maio.
L’altro problema è politico. Il Ministro del Lavoro ha dimostrato una grande superficialità. Perché le vicende della sua ditta gli sono passate sotto il naso senza che controllasse in maniera adeguata. E se la questione non sembra ancora abbastanza grave l’oggetto della disputa condisce il tutto di un sapore ancora più amaro. Perché Luigi Di Maio è il ministro che si appresta a distribuire il reddito di cittadinanza a milioni di cittadini garantendo che nessun “abusivo” lo percepirà. Sostiene che “chi prenderà il reddito non avrà il tempo pure per lavorare in nero”. Speriamo sia vero, soprattutto nella sua azienda.