L’Italia che “dimentica” di investire sulla sanità

-di VALENTINA BOMBARDIERI-

Era il 1978 quando nasceva il Servizio Sanitario Nazionale. Esattamente quarant’anni fa Tina Anselmi allora Ministro della Sanità pensò e introdusse con la legge 23 dicembre 1978, n. 833, con decorrenza dal 1 luglio 1980, un sistema in grado di garantire il diritto alla salute in maniera gratuita. Triste anniversario perché l’OMS ha lanciato l’allarme sulla sostenibilità del SSN. Meno 70 mila posti letto, meno 175 ospedali, meno 10.000 professionisti, macchinari nell’ 83% obsoleti. La spesa sanitaria sul PIL non è di certo rassicurante. I dati pubblicati dal Consiglio dei Ministri annunciano una vera e propria apocalisse. Nel 2018 il rapporto tra spesa sanitaria e ricchezza prodotta dal Paese scenderà al 6,5%, soglia limite, al di sotto della quale non è più possibile garantire l’accesso alle cure. Nel 2019 calerà al 6,4% mentre nel 2020 al 6,3%. Secondo i dati Istat il 6,5% della popolazione ritarda o non si cura più.

Nell’Unione Europea cinquecentosettantasettemila decessi si sarebbero potuti evitare se la sanità avesse funzionato nel migliore dei modi possibili. Numeri da capogiro. Detiene lo scettro la Romania con il 49,4 % di morti evitabili, sul podio poi la Lettonia (48,5%), seguita dalla Lituania (45,4%). In coda la Slovacchia (44,6%). I meno peggio in questa classifica delle lacune di sistema e della superficialità professionale la Francia (23,8%) e la Danimarca (27,1%).

In Italia si sarebbero potuti evitare il 33% di morti. È quanto rileva Eurostat spiegando che “il concetto di mortalità evitabile – si basa sull’idea che alcuni decessi (per specifici gruppi di età e per malattie specifiche) potrebbero essere ‘evitati’ – nel senso che non si sarebbero verificati – se ci fosse stata l’assistenza sanitaria tempestiva ed efficace”. Sarebbe bastata solo la cura giusta al momento giusto. Non è poco. Quei numeri non sono solo numeri, dietro c’è tanto altro. Sono numeri che fanno riflettere. In Italia nel 2015 abbiamo avuto più morti di quanti non ne abbiamo avuti nel 1918, anno di guerra. Potremmo farci qualche domanda: colpa dei tagli? Colpa dello scadimento della qualità della sanità pubblica? colpa di un welfare che va sempre più scarnificandosi? Colpa di una società che non è stata ancora tarata sule necessità derivanti dall’invecchiamento della popolazione? Colpa della crisi che ci ha impoverito?

La tutela della nostra salute si scontra quindi con i continui tagli dei finanziamenti destinati alla sanità, ma anche con politiche tese a privilegiare i forti interessi privati presenti nel campo della salute e certamente più attenti a dispensare cure a caro prezzo a chi può permettersele piuttosto che a garantire una vita sana a tutti. Le risorse destinate alla sanità sono diminuite quest’anno dell’1%. Blocco del turn-over, chiusura dei pronto soccorso, posti letto inferiori a quelli previsti per legge. La sanità è nel caos e a farne le spese sempre i cittadini. Gli stessi cittadini parcheggiati sulle barelle nei corridoi dei reparti di pronto intervento, attendendo ore e ore prima di ricevere le cure.

Non è necessario essere medici per comprendere che il modo migliore per spendere meno in sanità è fare di tutto per diminuire il numero di coloro che si ammalano. Puntare sulla prevenzione è quanto mai un obbligo. Se per fare una mammografia è necessario attendere mesi e per l’intervento, se necessario, ancora altri mesi non è complicato comprendere come ne risenta la diagnosi precoce in un ambito nel quale il tempo incide fortemente sull’evoluzione della malattia. A meno che non ci si affidi a strutture private. Nelle statistiche infatti la condizione economica torna a essere determinante per la salute. Il divario tra ricchi e poveri per poter accedere alle cure e quindi per godere di buona salute, che si era ristretto grazie alla conquista nel 1978 del Servizio Sanitario Nazionale universale, ha rincominciato ad allargarsi significativamente. Non possiamo e non dobbiamo accettare che la salute e la prevenzione siano solo cose da ricchi.

Valentina Bombardieri

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