Quando Nenni fece un passo indietro e Saragat divenne Presidente

-di GIULIA CLARIZIA-

Il 28 dicembre 1964 il socialista democratico Giuseppe Saragat fu eletto Presidente della Repubblica, in seguito alla più complessa votazione parlamentare per questa carica che si è mai verificata fino ad oggi.

Dopo tredici giorni e venti scrutini di stallo, Saragat raggiunse il quorum alla ventunesima votazione, grazie al passo indietro del leader socialista Pietro Nenni con in quale era in atto un testa a testa.

Le elezioni arrivarono all’improvviso e in un momento turbolento, dopo le dimissioni del Presidente Antonio Segni, colpito da una trombosi cerebrale, e dopo il presunto tentativo di colpo di stato previsto dal Piano Solo del generale De Lorenzo.

Solo due anni prima, Saragat era stato il candidato che aveva tenuto testa a Segni, che vinse però grazie all’appoggio delle destre.

Quando si tornò al voto nel 1964, egli fu inizialmente il candidato appoggiato da PSDI e PSI. Al tempo stesso, la DC puntava su Giovanni Leone, mentre il PCI su Umberto Terracini.

Tutti e tre erano però lontani dalla maggioranza dei due terzi necessaria per l’elezione. Dopo una serie di votazioni dai risultati più o meno simili, i socialisti decisero di astenersi, mentre iniziava a prendere consistenza la candidatura di Amintore Fanfani. Anche in questo caso però non si raggiunse il quorum, nonostante il suo abbassamento alla maggioranza assoluta previsto dopo il terzo scrutinio.

Dalla decima votazione, il nome di Pietro Nenni iniziò ad entrare nella lista dei votati, collocandosi al quarto posto con novantasei voti, fino ad arrivare ad essere il candidato più votato dopo la rinuncia di Giovanni Leone. Si arrivò così a uno stravolgimento dei sostegni da parte dei maggiori partiti. Nenni era spalleggiato da socialisti e comunisti, mentre Saragat tornò ad essere il cavallo di battaglia del PSDI, sta volta in accordo con la DC.

Ecco dunque che gli “amici rivali”, Nenni e Saragat, si trovarono a spaccare in due l’assemblea plenaria. Uniti dal filo rosso del socialismo, divisi da una diversa strategia d’azione, erano stati i protagonisti della scissione di palazzo Barberini del 1947, e poi i promotori di un riavvicinamento dopo la rottura del PSI con i comunisti successiva agli eventi di Budapest del 1956. Quel 28 dicembre si contendevano la massima carica dello Stato con più di trecento voti ciascuno[1].

Arrivati a questo punto, la situazione non poteva sbloccarsi che con la rinuncia di uno dei due.

Già il 24 dicembre, Nenni scriveva alla direzione del PSI: “Dopo il quindicesimo scrutinio, la mia candidatura concorre a paralizzare non a promuovere una elezione del capo dello stato caratterizzata dalla sinistra democratica e socialista. Da ciò la preghiera che vi rivolgo di ritirarla per concorrere coi nostri voti alla ricerca di una soluzione che sollevi il parlamento dalla condizione di paralisi in cui si rischia di cadere”.

Saragat divenne così Presidente della Repubblica con 646 voti, risultato di un nobile gesto di avvedutezza politica, fratellanza e umiltà.

Il settennato che vi seguì fu caratterizzato da momenti di altissima drammaticità. Erano gli anni dello scontro tra rossi e neri, del terrorismo. Di fronte a ciò, Saragat fu sempre rispettoso delle maggioranze parlamentari. Egli era presidente la notte dell’8 dicembre del ’70, quando si interruppe in circostanze non chiare il tentativo di colpo di stato di Junio Valerio Borghese, che si pensa comprendesse anche il suo rapimento[2].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1][1] Nenni era in testa con 385 voti, Saragat seguiva con 323 voti.

[2] Per sapere di più sul golpe Borghese: https://fondazionenenni.blog/2016/12/08/quarantasei-anni-fa-il-colpo-di-stato-negato/

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