Quarantasei anni fa il colpo di stato “negato”

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-di GIULIA CLARIZIA-

L’8 dicembre 1970 gli italiani si svegliarono ignari di quanto era accaduto nella notte: la Repubblica Italiana aveva subito l’attacco del golpe militare guidato da Junio Valerio Borghese.

Il “principe nero” – così era soprannominato Borghese – comandante della Xª Flottiglia MAS dal maggio 1943, esponente della Repubblica Sociale Italiana dopo l’armistizio, nostalgico del fascismo e leder del movimento di estrema destra Fronte Nazionale.

In quegli anni, pullulavano organizzazioni extra-parlamentari più o meno clandestine, sia di destra che di sinistra, ma almeno fino alla metà degli anni ’70, è ai neri che si devono attribuire il maggior numero di violenze, di vittime, di stragi, e come in questo caso, di tentativi di colpi di stato.

Il golpe prevedeva l’occupazione dei ministeri-chiave: quello dell’Interno e quello della Difesa, nonchè l’occupazione delle sedi RAI e il controllo dei mezzi di telecomunicazione. Questo sarebbe avvenuto attraverso piccoli gruppi armati clandestini organizzati già dal 1969 e grazie alla collaborazione dei vertici militari e di alti funzionari ministeriali. Era nei piani anche il rapimento del presidente della repubbica Giuseppe Saragat e l’uccisione del capo della polizia Angelo Vicari.

Quella notte, centinaia di uomini si concentrarono a Roma, e in altre città italiane.

Al ministero dell’Interno furono distribuite armi e munizioni, il generale dell’Areonautica militare Italiana Giuseppe Casero e il colonnello Giuseppe Lo Vecchio invece si piazzarono al ministero della Difesa. Un gruppo del Corpo Forestale dello Stato era pronto ad assaltare le sedi della RAI.

Poi, all’improvviso, un ordine di Borghese pose fine a tutto.

Le circostanze non chiare di questo stop pongono la vicenda sotto un alone di mistero, uno dei tanti di quei turbinosi anni.

Sono state dette molte cose, ne sono state occultate probabilmente altrettante, e le indagini in merito hanno chiarito poco.

Si è ipotizzato infatti il complotto con forze che vanno ben aldilà delle organizzazioni neo-fasciste. Si parla di contatti con la mafia, con l’operazione Gladio, e addirittura dell’appoggio degli Stati Uniti.

Il comandante di artiglieria Amos Spiazzi, che era alla guida di un gruppo che avrebbe dovuto occupare Sesto San Giovanni, sostenne che le azioni di quella notte erano state in realtà parte di un teatrino ideato dal governo democristiano per poter varare le leggi speciali. A suo dire, il golpe infatti era stato sventato ore prime attraverso un piano chiamato “Esigenza Triangolo”, che aveva fornito alle forze armate linee-guida per sventare un’insurrezione armata interna. Borghese, sarebbe stato avvertito all’ultimo momento di questo piano e quindi avrebbe bloccato l’operazione.

Spiazzi, membro tra l’altro del Fronte Nazionale, sostenne anche che il suo contingente non faceva parte del golpe, ma proprio della legittima operazione “Esigenza Triangolo”.

Un’altra ipotesi è quella della collaborazione con i vertici statunitensi. Le prove quanto meno della consapevolezza degli USA rispetto al piano del Principe sono state rese note nel 2004 tramite il Freedom Information Act.

Il tramite tra i golpisti e gli Stati Uniti, sarebbe stato Adriano Monti, che avrebbe informato del piano un uomo d’affari americano, per sondare l’atteggiamento statunitense. Stando a ciò che ha dichiarato Monti, gli Americani avrebbero dato il loro beneplacito ma a precise condizioni: gli aerei militari e civili statunitensi nelle basi NATO dovevano rimanere estranei al golpe, tutte le forze armate italiane avrebbero dovuto prendervi parte, il potere provvisorio, dopo il successo del colpo di stato, sarebbe stato affidato a un uomo di fiducia della DC, ed entro un anno si sarebbero dovute svolgere “libere” elezioni ma senza liste di estrema sinistra.

Questo uomo di fiducia, sarebbe stato identificato in Giulio Andreotti.

Ma, secondo le ricostruzioni, il Divo Giulio avrebbe rifiutato questo ruolo e la conseguenza del suo rifiuto sarebbe stata la fine prematura del golpe.

Ognuno può scegliere di credere all’ipotesi che più lo convince, o lo affascina, ma quello di cui tutti dovremmo avere la consapevolezza, è l’inutilità delle indagini e dei processi.

Nel 1971 furono firmati i mandati di arresto per alcuni cospiratori, tra cui lo stesso Borghese. Il Principer Nero fuggì in Spagna dove è morto, nonostantea nel 1973 sia stato revocato l’ordine di cattura che lo riguardava.

La faccia giudiziaria di questa medaglia oscura è stata contorta e ricca di episodi che certo non fanno onore al Paese. Nell’inchiesta del 1971, Vito Miceli, direttore del Servizio Informazioni Difesa, negò il golpe e la partecipazione del suo reparto, nonostante l’evidenza del contrario. Declassato l’accusa contro di lui da partecipazione diretta a più semplice e conveniente favoreggiamento, fu assolto nel 1978. Nel 1984, la corte d’Assise chiuse l’affare con una assoluzione generale. La Cassazione, confermò la sentenza nel 1986 con la formula più ampia: “Il fatto non sussiste”. Insomma, quell’8 dicembre di quarantasei anni fa per le strade di Roma si svolse solo un pacifico meeting di amici.

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