-di DONATELLA LUCENTE
Trump ha annunciato che le imposte sul reddito delle società passerà dall’attuale 35% al 20%, chiamando il provvedimento epocale e foriero di grande sviluppo economico e sociale. I dubbi sui risultati non solo appaiono leciti, ma doverosi.
Ryan Bourne, di Cato Institute, ricorda che stimate organizzazioni progressiste, “American Tax Fairness” ad esempio, descrivono il taglio alle imposte come un omaggio alle aziende ricche e ai loro azionisti. La misura, secondo quegli analisti, ridurrà i ricavi governativi e, nel tempo, condurrà a meno servizi per i poveri. Messaggio confermato dagli americani attraverso il sondaggio di Wall Street Journal e Nbc News: ha evidenziato che il 55% degli intervistati vuole aumentare le imposte sulle società e un altro 25% vuole mantenere le tasse come sono.
Se guardiamo al confronto con gli altri paesi (studio di Deloitte, marzo 2017) la sforbiciata di Trump consentirebbe al presidente statunitense di portare Washington tra i primi posti nella classifica dei paesi con il fisco decisamente favorevole per le aziende. La situazione attuale si presenta come segue: Singapore (17%), Polonia e Gran Bretagna (19%), Turchia e Russia (20%), Portogallo (22.5%), Paesi Bassi Spagna e Cina (25%), Italia (27%), Germania (29.8%), India (30%), Francia (33.3%), Stati Uniti (35%).
Va detto che, sulla materia, le opinioni si dividono e circolano ipotesi diverse sugli effetti che LE misure di alleggerimento fiscale possono garantire alle imprese possano. Recenti studi hanno messo in evidenza come, mettendo a confronto il carico fiscale che grava su imprese e lavoratori, siano i secondi a sobbarcarsi quello più oneroso.
Dieci anni fa, uno studio della Commissione Europea evidenziava che “un aumento di dieci punti percentuali dell’aliquota sulle società di paesi ad alto reddito, riduce il salario lordo medio annuo del 7%”.
Una ricerca ufficiale americana del 2009 rilevava a livello nazionale: “I lavoratori di imprese pienamente sindacalizzate usufruiscono approssimativamente del 54% dei vantaggi da bassi tassi di imposta sulle aziende”.
Uno studio effettuato in Germania nel 2015 indicava che “i lavoratori sostengono circa il 40% del carico fiscale totale”, precisando che il dato si collocava più in basso nel caso di accordi aziendali ad hoc.
L’Ufficio del bilancio del Congresso ha stimato che la percentuale del carico fiscale pagato dalle imprese in relazione ai lavoratori potrebbe arrivare a superare il 70% del costo fiscale aziendale.
Alla luce di dati contraddittori, in molti si fa strada l’idea che il fisco aziendale leggero produca vantaggi sia per le imprese che per i lavoratori, generando di fatto la crescita del salario netto e sostenendo quindi i consumi. Ne guadagnerebbe il ciclo economico che raccoglierebbe più capitali da reinvestire.
Per chi ragiona in questo modo, le imposte sul reddito delle società sono, nella migliore delle ipotesi, una tassa furtiva pagata di fatto dai lavoratori. Nella peggiore delle ipotesi, un fattore di debilitazione degli investimenti. Peraltro, negli Stati Uniti, il tasso combinato federale e statale delle imposte sul reddito arriva quasi al 40%.
Resta che le imposte sul reddito delle società sono considerate da diversi economisti autentico ostacolo alla crescita, e i repubblicani americani non perdono occasione per richiamare quelle posizioni.
Un gran numero di esponenti democratici resta comunque preoccupato dalle misure fiscali che Trump si appresterebbe ad assumere. Ritengono che i grandi tagli fiscali che saranno regalati alle imprese, peggioreranno notevolmente la posizione fiscale dell’America e determineranno tagli ai programmi di spesa a favore dei poveri. Secondo loro, il taglio delle imposte dovrebbe eventualmente essere collegato ad impegni precisi delle imprese ad ampliare la base imponibile complessiva attraverso aumenti salariali, ad investire maggiormente in settori strategici e sociali, a rimpatriare profitti e divisioni aziendali, a ridurre evasione e money laundering in paradisi fiscali.
Nel dibattito, è utile richiamare come Gran Bretagna e Canada stiano mostrando che è possibile ridurre sensibilmente i tassi sulle imprese senza ridurne significativamente i ricavi, almeno come dato percentuale del Pil.