Economia, nel 2018 perderemo altro terreno?

 

-di SANDRO ROAZZI-

Area euro a… conduzione stabile. Secondo l’Istat la crescita si consolida ed il traino arriva dall’aumento degli investimenti e dalla domanda interna. La ripresa dovrebbe continuare al ritmo di uno 0,6% a trimestre fino alla fine dell’anno. Poi dovrebbe decelerare agli inizi del 2018 sul quale però si concentrano troppe incognite e di peso, dai mutamenti di politica monetaria alle elezioni italiane alle incertezze
presenti sullo scacchiere internazionale. Trump da solo ne vale…parecchie. Anche la produzione industriale marcia con buona lena nell’area euro, caratterizzata dalla spinta dei beni strumentali che di solito precedono nuove fasi espansive e di ristrutturazioni delle quali fanno parte anche le innovazioni tecnologiche.

L’economia va ma… ancora una volta la politica arranca soprattutto per il fatto che non si comprende ancora il destino del probabile nuovo asse Macron-Merkel per il quale occorre attendere le elezioni tedesche. Ma questo scenario induce anche a riflessioni in casa nostra. I ritmi europei non sono certo ancora i nostri ritmi di crescita. L’economia italiana è più vivace ma ancora qualche gradino sotto la soglia dell’area euro. I punti di forza della ripresa europea evidenziano semmai le debolezze italiane. Cominciamo dalla domanda interna: è perfino troppo facile ora accusare i Governi del recente passato di essere stati sordi agli appelli rivolti a mitigare il rigore per non strangolare i consumi interni nella recessione.

Ma a cosa è dovuta oggi la ripresa? A più occupazione e aumenti salariali (che movimentano anche un po’ di inflazione). Da noi c’è invece troppa occupazione precaria e prosegue la lunga stagione dei bassi salari, complice anche un sistema fiscale tutto da riformare. Proseguiamo con gli investimenti: a chiarire la distanza con l’Europa basta guardare a cosa avviene nel settore delle costruzioni, volano di ripresa tradizionale. Ebbene il balzo in avanti degli investimenti in Europa del settore in questione, +1,2%, e’ ancora un miraggio per quello italiano che a luglio registra una flessione della produzione dello 0,4% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. E la propensione ad investire del settore privato è ancora molto timida, troppo rispetto alle elargizioni governative di questi anni, pur se condizionata dalle difficoltà delle banche e dalla struttura della nostra attività economica imperniata su piccole e micro imprese.
Intanto il ministro Padoan continua a parlare di settore stretto a causa dei vincoli di bilancio. Il che vuol dire che le risorse messe in campo con la prossima manovra finiranno probabilmente più per assecondare la fase politica che guarda alle elezioni che incidere realmente in maniera strutturale sulle prospettive. Se così fosse, e c’è da
sperare di essere smentiti, si rischia di perdere nel 2018 altro terreno. E la marginalità economica finisce per diventare in Europa e non solo anche… politica.

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