L’Italia cominci a pensare al dopo-Qe

 

-di SANDRO ROAZZI-

Nel 2017 Crescita in Europa al 2,2% secondo la Bce con l’inflazione all’1,5%. basta comparare questa previsione con quella del Pil all’1,5% magnificata per l’Italia per comprendere la reale distanza fra il ritmo della ripresa nel vecchio Continente e da noi. l’inflazione, sostiene Draghi si avvicinerà’ al fatidico 2% ma è una marcia lenta che fa affiorare altre preoccupazioni, prima fra tutte quella dell’apprezzamento dell’euro che potrebbe… limare le unghie ai progressi economici delle aree forti d’Europa e porre la Bce di fronte ad un passaggio stretto. La prudenza per ora prevale e fornisce altro tempo alla attenta regia di Mario Draghi ma è chiaro che ad ottobre soprattutto la Germania in clima elezioni vorrà indicazioni precise sul termine del QE, dopo la inondazione di liquidità a tassi inchiodati. A quel punto è probabile che riprenderà quota la volontà politica degli Stati e si capirà ad esempio quanto reggerà e come il rapporto franco-tedesco e quanto spazio di manovra ci sarà per i Paesi come il nostro condizionato dal peso esorbitante del debito pubblico.

Sarebbe utile che l’Italia desse prova di quella forza politica che manca soprattutto a causa della qualità penosa del suo confronto fra i partiti, evitando di sprofondare nel qualunquismo pre elettorale per dedicare più attenzione e qualche idea al compito che Draghi prima e Padoan dopo hanno illustrato senza ambiguità: rafforzare i pilastri strutturali della crescita. quindi programmi e non… propaganda.

Ma quando i nodi conseguenti alla fine della politica monetaria attuale verranno al pettine ci si chiederà inevitabilmente come abbiamo trascorso questi mesi sorretti dall’ala protettiva della Bce o se abbiamo sostanzialmente vivacchiato senza mettere sufficiente… fieno in cascina per il tempo nel quale si dovrà tornare a camminare con le proprie gambe. E sarebbe bene non fare… scena muta. Anche sul versante dei tweet. Certo, la Bce studierà un percorso di rientro graduale ma questo non potrà essere usato come alibi per rinviare la… resa dei conti.

Ecco perché ci sono buoni motivi per nutrire preoccupazioni nei confronti di quanto accadrà nei prossimi mesi. La gara a dipingere rosa il presente potrebbe anche essere interrotta bruscamente con il ritorno ad una realtà assai meno… poetica.

C’è ancora tempo però per concentrare gli sforzi su alcune direttrici di sviluppo che garantiscano la tenuta della nostra economia. E c’è ancora tempo per un confronto a più voci non incentrato su convenienze spicciole ma su progetti di medio periodo.

Ma non c’è invece tempo per restare ancora alla finestra. Anche perché lo scenario internazionale non invoglia gli ottimismi. Lo stesso Draghi potrebbe vedere venir meno fra non molto un operato della Fed che gli ha concesso margini di azione non irrilevanti se Trump cambierà il vertice. E la finanza certamente osserva l’evoluzione della situazione pronta ad anticipare gli eventi a danno dei più deboli. Insomma la nostra sorte non si decide in Sicilia ma su terreni assai più impegnativi per tutti e… senza rete.

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