Macroléon alle crociate

-di POLITICO-

Sta a vedere che gli esterofili, così sovrabbondanti in casa nostra (quelli che dicono steitus sinbol invece di simbolo di status, lochescion invece di posto, slotte invece di spazio, benchnarkinghe e neppure sanno cosa esattamente significhi però fa un sacco bello e saputello) stavolta rimediano col francese Emmanuel Macron, una musata tale da trovare paragone solo con quella, ahiloro più tragica, che gli illuministi rivoluzionari e patrioti italiani soffrirono nell’acclamare come liberatore il tiranno Napoléon. Non casualmente, a più di due secoli di distanza dalla campagna d’Italia del corso, continua a circolare, in certe nostre contrade, la battuta: “Sono ladri i francesi? Tutti no ma Bona…parte sì”.

Quanto spellarsi le mani per Monsieur Macron, sconosciuto ai più di noi al momento dell’elezione a presidente, ma immediatamente amato e riverito da troppi, anche a sinistra, appena preso il potere. Certo, tra lui e Marine Le Pen non c’era partita, per chi vede il mondo in un certo modo, ma via, un po’ di cautela non sarebbe stata fuori luogo, anche perché i francesi non sono nuovi a rifilarci sole: si vedano i gran rifiuti della Comunità europea di difesa nel 1952 e della costituzione europea nel 2005, e il proditorio attacco di Sarkozy al Gheddafi “sodale” dell’allora capo di governo Berlusconi nel 2011, tanto per andare a memoria …

La strizzata sociale interna, poi i due tiri mancini agli italiani su Fincantieri e Libia, suggeriscono, agli estasiati dal Franco, di rinunciare alla contemplazione e di guardare ai fatti.

A fine anno, fatte le elezioni tedesche, ne sapremo certamente di più sul personaggio e le sue scelte. Per ora Politico è insospettito dall’incedere impettito di M. le Président, dai suoi sguardi fissi ed esagerati sull’interlocutore, dalle sue strette di mano energiche e interminabili (con Trump rischiava di finire a Sumo), dall’uso smodato e molto poco repubblicano della reggia di Versailles, dai suoi ritratti ufficiali spediti alle autonomie locali che i 36.000 sindaci hanno dovuto rifilare per ospitarli nelle cornici dei predecessori tanto erano smisurati. E questi saranno pure episodi coloriti ai quali non attribuire troppo rilievo, ma sicuramente hanno contribuito all’isolamento e al calo di consenso nel quali le Président risulta essersi cacciato.

Più serie le crociate avviate su sociale e lavoro; e nei rapporti economici intraeuropei, con le emblematiche azioni sul fronte italiano (Fincantieri, Libia), e spagnolo (la dichiarata maggiore attractivité della Francia dimostrata dal trasferimento di Neymar da Silva Santos júnior al Psg).

Molti psichiatri sostengono che i leader politici finiscano tutti, prima o poi, con poche eccezioni, per soffrire di iperattività da superego e narcisismo, comportamenti anomali derivanti da manie di grandezza e delirio di onnipotenza, perdita di contatto con la realtà e di converso acquisizione del senso di invincibilità. Così diventano la macchietta di se stessi e si perdono.

Per evitare che cotanta infezione colpisca il capo di Douce France, da buoni amici spediremo copia di The Great Dictator (1940, Charlie Chaplin) all’attuale inquilino di Palais de l’Élysée. Macroléon troverà edificante specchiarsi in Benzino Napaloni.

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