-di GIULIA CLARIZIA
Nel 1968 Stati Uniti e Unione Sovietica, superpotenze nucleari in contrapposizione, redigevano il Trattato di Non Proliferazione. Semplificando, dopo i test della Cina maoista, l’obiettivo era quello di evitare che altri stati si dotassero di armi atomiche. La Corea del Nord è l’unico paese che, dopo aver sottoscritto il trattato nel 1985, lo ha denunciato nel 2003 richiamandone l’articolo 10. Esso prevede infatti il diritto di recessione in caso di circostanze straordinarie che abbiamo compromesso gli interessi supremi dello stato parte. La Corea del Nord denunciava allora “la continua violazione della sovranità e della sicurezza della nazione a causa della politica ostile e viziosa degli Stati Uniti”, aggiungendo tuttavia di non avere intenzione di produrre ordigni nucleari.
Sono passati quattordici anni, e oggi la Corea del Nord, in piena corsa agli armamenti, minaccia l’equilibrio internazionale. Se fino a qualche giorno fa il regime di Kim Jong-un era dotato solo di missili a corto e medio raggio, oggi esso sembra essere in grado di minacciare direttamente il suolo del suo nemico numero uno, gli Stati Uniti.
Lo scorso quattro luglio, proprio il giorno della festa dell’Indipendenza americana, lo stesso Kim avrebbe dato avvio al test missilistico che ha raggiunto il mar del Giappone, coprendo una distanza di circa novecento chilometri, per poi annunciare in diretta televisiva che la Corea del Nord si era dotata di un missile intercontinentale.
Gli esperti statunitensi hanno confermato ieri che effettivamente il vettore testato potrebbe essere in grado di raggiungere una distanza di settemila chilometri, e quindi colpire lo stato dell’Alaska.
Dopo l’ultimatum del presidente Trump volto a impedire ulteriori test nucleari, il regime di Pyongyang si è concentrato sui test missilistici, nonostante la condanna di tali esperimenti da parte della risoluzione 2356 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La situazione quanto mai critica si inserisce nel già complicato quadro delle relazioni statunitensi con la Cina e con la Russia. Queste ultime infatti, se da un lato si oppongono al programma nucleare coreano, dall’altro hanno intimato gli Stati Uniti e la Corea del Sud a fermare immediatamente le loro esercitazioni militari congiunte, in quanto contribuirebbero ad alimentare la tensione regionale.
Trump intanto continua a condurre la diplomazia statunitense con fare da spaccone. Poco dopo l’annuncio del test nordcoreano infatti twitta: “La Corea del Nord ha appena lanciato un altro missile. Ma questo tizio non ha di meglio da fare nella vita? “Difficile credere che Corea del Sud e Giappone potranno sopportare tutto questo ancora più a lungo”. Forse Mr. President non ha chiaro che le possibilità dei paesi alleati di fermare l’avanzata nordcoreana sono limitate, come tra l’altro sottolinea l’esperto Richard Haas. Trump invoca inoltre l’appoggio dell’intera comunità internazionale nell’intervenire a danno della Corea del Nord, sebbene in una telefonata con il leader cinese Xi Jinping abbia dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti ad affrontare Kim da soli.
Tutto questo, alla vigilia del G20 che si terrà domani in Germania.