Ius soli: la crassa ignoranza di chi dice no (e ni)

 

-di FEDERICO MARCANGELI-

Devo fare un mea culpa, sono stato molto distratto questi giorni e non ho approfondito la questione dello Ius Soli. Proprio come molti italiani che, per mancanza di tempo o di voglia, non si sono informati a dovere sulla proposta di legge in discussione alle camere. C’è anche da dire che i mezzi di informazione non aiutano molto a rendere più chiaro il quadro e gli esponenti politici parlano per slogan pressoché privi di contenuto. Appare quindi utile fare il punto della situazione per l’acquisizione della cittadinanza italiana.

Tornando all’incipit, ho superato la distrazione temporanea e mi sono concentrato sul testo della proposta. Il disegno prevede un cosiddetto Ius Soli temperato, perché è molto più restrittivo rispetto all’espressione giuridica “estesa”. Sfatiamo il primo mito: non è vero che chiunque nascerà in Italia avrà la cittadinanza. I requisiti saranno molto più restrittivi e complessi. In primissimo luogo, uno dei due genitori dovrà possedere un permesso di soggiorno di lungo periodo (per i cittadini extra-UE) o permanente (per i cittadini UE). Nel primo caso l’ottenimento è sottoposto a condizioni estremamente rigide: soggiorno permanente in Italia per almeno 5 anni, titolarità di un permesso valido di soggiorno temporaneo, reddito superiore al valore dell’assegno sociale ed un test di lingua italiana.

Per i cittadini UE la procedura è più semplice, ma prevede comunque la permanenza per almeno 5 anni ed un reddito dimostrabile (o la dimostrazione di autosufficienza economica). Se si possiedono questi requisiti, il genitore potrà richiedere la cittadinanza per il figlio entro il compimento dei 18 anni, oppure quest’ultimo avrà tempo 2 anni per inoltrare la richiesta.

Un’ulteriore modalità di acquisto prevista dalla legge è lo Ius Culturae. La procedura di domanda è la medesima, ma i requisiti riguardano l’istruzione del minore. Questi impongono la nascita sul suolo italiano o l’arrivo entro il dodicesimo anno, abbinati alla frequenza di almeno 5 anni del percorso scolastico nazionale.

Fatte queste premesse, certe affermazioni ci permettono di capire bene il livello di comprensione del testo normativo che hanno alcuni politici italiani. Giorgia Meloni afferma su Facebook: “No Ius Soli per la cittadinanza automatica agli immigrati”, seguita a ruota da Salvini che spara “folle legge voluta dal Pd, in base alla quale per il solo fatto di essere nati qui automaticamente si diventa cittadini italiani”. Non poteva nemmeno mancare la boutade di Di Maio che tuona “è una legge “invotabile” com’è stata scritta e soprattutto per noi lo Ius soli è tema da affrontare in sede europea”; senza sapere (o facendo finta di non sapere) la differenza tra cittadinanza italiana ed europea. Nonostante queste voci contrarie, la norma sembra essere arrivata ad una svolta positiva.
Secondo i dati ISTAT e MIUR i potenziali interessati sarebbero 800.000; quasi un milione di bambini e ragazzi che culturalmente sono italiani. Su questo c’è poco da discutere.

Lo Ius Sanguinis attuale non solo preclude l’acquisizione della cittadinanza a molti di questi soggetti, ma la procrastina inutilmente fino al 18mo anno di età, limitando inoltre la finestra temporale per la richiesta a soli 12 mesi (tra 18 e 19 anni). Questo non fa altro che aumentare la sensazione di esclusione e non giova minimamente all’integrazione, creando cittadini di serie A e di serie B.


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