-di MAURIZIO BALLISTRERI*-
Le elezioni presidenziali in Francia, con la vittoria di Macron, sembrano avere ulteriormente riscontrato il paradigma delle “due destre”, fondato su di una dialettica tra una destra cosiddetta “sovranista”, un tempo definita come nazionalista e plebiscitaria, e un’altra liberista e globalista. Un paradigma che nelle recente elezioni americane, con l’affermazione di Trump ha avuto rappresentazione, anche se con caratteristiche diverse da quelle francesi.
Ma dalle elezioni transalpine è venuto, finalmente, per la sinistra un segnale positivo, quello del ruolo di Jean-Luc Mélenchon, candidato alle presidenziali francesi, con un programma che vedeva al centro, la questione sociale e quella ecologica.
Un candidato di sinistra autentica, su posizioni diverse dal moderatismo di Hollande e del partito socialista europeo sempre più omologato all’ordoliberalismo della Merkel, in grado di partecipare al circuito di una nuova sinistra, unita e plurale, con il laburista inglese James Corbyn e con nuove esperienze come Podemos in Spagna e lo spirito originario di Syriza in Grecia, che guardi anche al programma di Bernie Sanders per le passate presidenziali americane, che ponga al centro i diritti sociali, il lavoro e il contrasto al potere della finanza globale.
Anche in Italia ci sono fermenti per la costruzione di una nuova sinistra, in grado di tenere assieme valori e tradizioni diverse, dalla tradizione socialista all’ambientalismo consapevole, alle lotte per i diritti sociali e a posizioni politiche più radicali, distinta e diversa dalla deriva centrista del Pd e da un antagonismo ideologico sterile e protestatario, per candidarsi al governo del paese, contro l’austerity tedesca e il suo monetarismo, per una politica economica e sociale che metta la piena occupazione, l’estensione del welfare state in una logica di inclusione, un diritto del lavoro delle tutele. Si tratta di un laboratorio a cui possono contribuire sia l’iniziativa del Movimento dei Democratici Progressisti-Articolo 1 che Sinistra Italiana e, in primo luogo, la straordinaria mobilitazione di popolo nella battaglia per il No nel referendum costituzionale. Un laboratorio che deve partire dai comitati per il No alla riforma della Costituzione per “un soggetto unitario della sinistra” che non sia un partito politico novecentesco ma una “rete” di alleanze politiche e sociali, in grado di rappresentare quella parte ampia di elettorato che non si riconosce nel Pd renziano.
Insomma, una nuova sinistra in Italia, unita e plurale, che deve evitare il politicismo, ponendosi due temi: quello di un programma di radicali riforme sociali e quello, per dirla con Zygmut Baumann, della sua “constituency, del suo blocco elettorale”, formato da quella parte di società che ha pagato i costi della globalizzazione e dell’Europa della moneta unica: lavoratori dipendenti, giovani a cui è stata sottratta la speranza, pensionati, precari, disoccupati e ceto medio.
A questa prospettiva la grande storia del socialismo italiano, a cui non appartiene certamente la scelta caudataria e opportunistica a favore del “renzismo” da parte di sigle partitiche ormai vuote, deve dare un contributo di idee, di impegno e di passione politica, individuando nell’Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza lanciata da Anna Falcone e Tomaso Montanari il necessario laboratorio, per la costruzione di una nuova sinistra nel nostro paese.
*docente di diritto del lavoro nell’Università di Messina