Il “momento del passaggio” nei racconti di Crisafulli

 

Questa volta Edoardo Crisafulli, prezioso collaboratore della Fondazione Nenni, del nostro Blog e della rivista “L’articolo1”, ha deciso di utilizzare uno strumento espressivo per lui, abituato alla politica, all’articolazione dei pensieri attraverso saggi eruditi, piuttosto originale: il racconto. E ne è venuto fuori un piccolo libro che si legge velocemente non solo perché breve e perché strutturato in tanti “quadri” (una piccola galleria di uomini, animali e cose che esprimono sentimenti, sensazioni, passioni in una fase specifica dell’esistente, anzi del tramonto dell’esistere; gesti quotidiani che prendono e perdono voce, momenti della vita quotidiana che vengono spiegati da un singolare punto di vista quale può essere quello della fuga improbabile verso la sopravvivenza di un ratto di fogna), ma anche perché la narrazione incalzante obbliga chi legge a scoprire punti di vista a cui normalmente non facciamo caso.

Il libro è appena uscito e si intitola: “La kamikaze e altri racconti del passaggio” (Rubbettino). In tutto venti racconti che Crisafulli ha voluto legare in questo volume presentando in apertura proprio quello che dà il titolo alla raccolta, cioè “La Kamikaze”. L’autore è il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura in Libano ed è un profondo conoscitore della realtà mediorientale, dei drammi umani e delle tensioni politiche che affliggono quell’area da molti decenni martoriata dalla guerra avendo anche lavorato in Siria e in Israele. Quasi inevitabile il fatto che il libro partisse proprio da un racconto in qualche maniera legato a quella realtà (pur evitando qualsiasi riferimento diretto, esplicito), al tentativo introspettivo per descrivere i turbamenti e i moventi (o, forse è meglio dire, uno dei moventi) che possono produrre scelte così estreme soprattutto in soggetti resi fragili dai drammi della vita quotidiana. Un altro punto di vista, raccontato con mano lieve e grande rispetto nella consapevolezza della drammaticità dei sentimenti che avvolgono vicende come quelle che in Europa abbiamo recentemente vissuto con la strage di Manchester. Ma provare a capire il punto di vista (o uno dei punti di vista), psicologico prima ancora che politico, degli altri, dei nostri “nemici” può servire proprio per provare a trovare una strada che ci possa condurre oltre questa non dichiarata guerra.

La citazione di Italo Svevo che apre la raccolta di racconti, spiega in buona parte il senso di questo volume, il suo significato: “La morte è l’ammirevole liquidazione della vita”. E Crisafulli offre di quello che con lievità viene definito il “destino del passaggio” un caleidoscopio in cui uomini e animali si confondono forse perché, in fondo, non molto diverso è il percorso emotivo che ci accompagna in quei momenti. Il tutto avvolto in un’ironia che stempera la drammaticità e che alleggerisce la cupezza, perfettamente in linea con quell’idea di “ammirevole liquidazione” illustrata proprio nelle prime pagine. Per chiarire meglio il “clima” del libro, vi proponiamo un brevissimo racconto.

IL MERLO*

Fiocchi di neve

li afferro veloce

è acqua fredda

Svolazzava lassù, sopra i tetti. Tracciava scarabocchi in quello scorcio di cielo, il suo regno. Sapeva anche disegnare cerchi così perfetti che ci sarebbe voluto un compasso per farli meglio. A un certo punto si appollaiava petto in fuori sul ramo di un albero. Seminascosto dalle fronte sempreverdi, aveva di fronte a sé le tegole rosse e il fumo dei camini. E da lì occhieggiava quei punti bianchi sparsi sulle mattonelle. Nel momento in cui meno te l’aspettavi, planava diritto come un fuso sull’erba del giardinetto. Poi, saltellando da una mattonella sconnessa all’altra, si avvicinava in silenzio alla casa. Ogni tanto si fermava su quelle zampette simili a stuzzicadenti. Dondolava la testolina. Gettava sguardi di qua e di là. Scrutava la casa, spalancando prima un occhietto, poi l’altro. Nessun pericolo. Allora riprendeva a saltellare fin quasi sulla porta. Procedeva come la sentinella in avanscoperta nel campo minato.

Ah, sì! Sono proprio le briciole e i semini… Allora beccava veloce. Chissà se poggiando l’orecchio per terra si sarebbe sentito il ticchettio frenetico del becco. Finito il pasto, si guardava intorno e zampettava fino al centro del giardinetto. Se ne stava per un po’ fermo lì. Un frullo d’ali e via, spiccava il volo. Sorvolava l’albero e gli girava intorno sfiorandone le foglie. Infine tornava ad appollaiarsi sul suo ramo.

Così quasi ogni giorno, sul far del mattino: quando il cielo era limpido o nuvoloso; quando soffiava il vento o l’aria era ferma; quando piovigginava o splendeva il sole; quando faceva un freddo gelido o c’era un caldo asfissiante. Planava sempre da quell’albero, in quel giardinetto. Da lontano lo si poteva scambiare per un batuffolo di piume cullato dal vento. In primavera indugiava sulle mattonelle… Chissà quanto tempo è passato. Un giorno è parso in affanno. Il petto gli si gonfiava e sgonfiava tutto, come se trattenesse a forza il respiro. Così anche il giorno dopo. E quello dopo pure.

Oggi è primavera e c’è il sole. Il merlo è sceso nel giardinetto. Arranca per raggiungere le briciole e i semi. Becca piano. Ora si riposa in un punto assolato. Un fascio di luce gli illumina le penne nere. Spicca proprio il becco arancione. Anche gli occhi, piccole macchie scure, sono cerchiati di un arancione sfumato. La natura a volte sa aggiungere tocchi di brio.

Il gatto del vicino è accovacciato alla siepe che separa i giardinetti. C’è una rete slabbrata e rotta in più parti. Sonnecchia vigile. Si gode il tepore del sole. È lì che sbircia sottecchi il merlo. All’improvviso scatta in avanti con l’energia di una molla compressa che si è liberata da un peso. Con un balzo salta la siepe e sguscia attraverso la rete. In un battibaleno piomba sul merlo. Un tonfo sordo di zampe felpate; un fruscio di penne e di foglie; un verso flebile soffocato sul nascere; un ansimare attutito, sempre più indistinto. Il gatto l’ha agguantato e lo stringe forte, nelle sue grinfie vellutate, come se fosse un topo. Non ha fatto in tempo a spiegare le ali, il merlo.

C’è qualche goccia di sangue tra gli interstizi delle mattonelle. È rimasta qualche briciola. C’è anche un mozzicone di sigaretta, tutto schiacciato, e tra le foglie uno scarafaggio rinsecchito, pancia all’aria, con le zampette irrigidite che puntano al cielo. Una folata di vento che spazza via le briciole e le foglie. Il fischio in lontananza, del treno. Uno studente che strimpella il pianoforte – poi un verso acuto e prolungato, quasi impercettibile. È la compagna del merlo, l’inseparabile: Lo aspetta. In alto, sopra i tetti.

*Edoardo Crisafulli: “La kamikaze e altri racconti passaggio”, Rubbettino, 2016, pp. 121, euro 15,00

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