“La Chiesa non cessa di dire, alle nostre sconfitte, ai nostri cuori chiusi e timorosi: ‘fermati, il Signore è risorto’. Ma se il Signore è risorto, come succedono queste cose? Come succedono tante disgrazie, malattie, traffico di persone, tratta di persone, guerre, distruzioni, mutilazioni, vendette, odio? Ma dov’è il Signore? Ieri ho telefonato a un ragazzo con una malattia grave e parlando, per dare un segno di fede, un ragazzo colto, un ingegnere, gli ho detto: ‘ma non ci sono spiegazioni per quello che succede a te, guarda Gesù in croce, Dio ha fatto questo col suo figlio e non c’è altra spiegazioni’. E lui mi ha risposto: ‘sì, ma lui ha domandato al figlio, che ha detto di sì. A me non è stato chiesto se volevo questo’. E questo ci commuove. A nessuno di noi viene chiesto ‘ma stai contento con quello che accade nel mondo? Sei disposto a portare avanti questa croce?’. E la croce va avanti. E la fede in Gesù viene giù”. Grandezza di un Papa di nome Francesco, capace di parlare alle persone pensando alle loro paure, alle loro tribolazioni, alle loro preoccupazioni; pensando a ciò che avviene sulla terra e sapendo che in attesa di un al di là (per chi ci crede) migliore c’è un al di qua da migliorare tutti i giorni perché la Chiesa deve confortare le anime ma deve badare anche ai corpi partendo da quelli straziati dei bambini di Aleppo per finire a quelli che attraversano le nostre strade non avendo la certezza di una meta.
La Chiesa di Bergoglio è spirituale e secolare: fornisce risposte al bisogno di divino, di soprannaturale che assilla più o meno tutti gli uomini, compresi gli agnostici e gli atei ma comprende perfettamente che non può esistere un pensiero religioso che prescinda da un bisogno di giustizia sociale perché se è vero che gli ultimi saranno i primi nel regno dei cieli, non è accettabile che continuino a versare senza prospettive di un miglioramento seppur minimo in queste condizioni nei regni terreni. E parlando delle diseguaglianza dice quello che dovrebbero dire i leader politici e quelli sindacali, i capi del mondo e delle nazioni e scrive al vescovo di Assisi dicendo che i poveri sono la “testimonianza della scandalosa realtà di un mondo ancora tanto segnato dal divario tra lo sterminato numero di indigenti, spesso privi dello stretto necessario, e la minuscola porzione di possidenti che detengono la massima parte della ricchezza e pretendono di determinare i destini dell’umanità. Purtroppo, a duemila anni dall’annuncio del vangelo e dopo otto secoli dalla testimonianza di Francesco, siamo di fronte a un fenomeno di ‘iniquità globale’ e di ‘economia che uccide’”. Quale distanza dal miserabile cicaleccio politico che ci accompagna da anni!