Go Beyond: qualità della vita e qualità dei servizi

-di GIANMARIO MOCERA-

Le attività svolte dalle associazioni dei consumatori spesso sono poco conosciute, si ricorre a loro solo quando si subisce una pratica commerciale scorretta, cioè quando abbiamo un contenzioso con un commerciante, una banca, una bolletta eccessiva di gas, di luce, ecc.… Intervengono su tutto ciò che è un contratto di vendita, da un rogito per una casa a un caffè al bar.

Tutti i nostri acquisti sono determinati da aspetti contrattuali, magari non immediatamente riconoscibili, ma presenti; anche uno scontrino per il caffè dà diritto a ricevere un servizio e una qualità accettabile, in un luogo consono rispettoso di tutte le normative igienico-sanitarie.

Come si evince da questa semplificazione del concetto di contratto commerciale, anche la cessione di un bene apparentemente poco rilevante da un punto di vista giuridico-economico come la classica “tazzina” di caffè, è regolata da un complesso normativo che permette, a chi ne ha i requisiti, di provvedere alla vendita perché a queste condizioni il consumatore può ottenere le dovute tutele sulla transazione ricevendo, in cambio di una controprestazione in denaro, garanzie sulla qualità prodotto acquistato; fuori da queste regole diventa vittima di una pratica commerciale scorretta, per la quale è possibile rivendicare giustizia e chiedere risarcimenti. Le associazioni dei consumatori svolgono poi anche un’altra attività: l’osservazione del “mercato” in cui si sviluppa lo scambio di pubblici servizi tra Enti locali, Regioni e Stato.

Nel 2007 Romano Prodi introdusse Finanziaria, per la precisione nell’Art.2 della Legge 244, il comma 461. Sembrava un codicillo poco importante, ma ha prodotto una rivoluzione gigantesca che ancora oggi non tutti vedono e vogliono vedere. La normativa Prodi, in seguito modificata e incorporata nella riforma della Pubblica Amministrazione del Ministro Marianna Madia, ha mantenuto alcuni aspetti positivi che sono rimasti inalterati nel tempo, mentre per altri si è avuto un depotenziamento di alcune attività; in particolare: i rapporti tra Enti Pubblici e i soggetti ai quali si affida la gestione del servizio pubblico, sono disciplinati da un contratto di servizio; non si tratta di una novità banale perché il contratto di servizio è lo snodo strategico che assicura la completa corrispondenza tra le risorse economiche, messe a disposizione dall’ente, e i costi del servizio, al netto degli eventuali proventi tariffari. Un esempio: il servizio dei trasporti milanese. Il contratto di servizio è di tipo Gross Cost, cioè il Comune di Milano incassa gli introiti dovuti dalla vendita dei biglietti (esist Net Cost, in cui l’incassova al gestore). l’Ente comunale versa alle casse di ATM (Azienda Trasporti Milanese, di proprietà dello stesso Comune), circa 700 milioni di euro l’anno per la gestione di tutto il sistema cittadino e provinciale; dalla vendita dei biglietti si recupera circa un terzo del costo. Il contratto deve riportare, così com’è previsto dalla normativa, tutti gli elementi di trasparenza amministrativa: garanzia di attuazione del servizio, obbligo dell’equilibrio economico finanziario, controlli e monitoraggi continui della qualità, rapporti con gli utenti, definizione di vie conciliative in caso di contenziosi e l’obbligo di pubblicare la Carta qualità dei Servizi. Nel contratto sono chiariti i costi del servizio e i compiti del gestore, le competenze a carico all’ente locale,(manutenzioni delle strutture, acquisto di tram, autobus o treni per la metropolitana). Prodi, per primo, previde nella legge in questi passaggi cruciali la presenza delle associazioni dei consumatori alla stipula del contratto, assegnando a loro il compito di collaborare attivamente alla stesura della Carta Qualità Servizi, che ha come obiettivo primario quello di informare i clienti e gli utenti sulle reali caratteristiche del servizio.

La carta qualità deve essere coerente con il contratto di servizio ma diverse volte è accaduto che non lo fosse; faccio un esempio: nel contratto c’è scritto che dalle 7 alle 9 del mattino la metropolitana deve passare ogni 2 minuti, nella carta dei servizi e pure nella realtà, la metro passa ogni 3 minuti; questa discrasia rilevata in alcuni casi di studio, ha messo in evidenza quanto sia importante il controllo di questi due fattori e il modo in cui le associazioni dei consumatori potrebbero garantire un controllo migliore. Le esperienze di questi anni hanno reso evidente quale sia lo scostamento tra il contenuto del contratto e la realtà del servizio.

La normativa impone al gestore di farsi carico, di rendere pubblica e di aggiornare periodicamente la carta dei servizi, da redigere e pubblicizzare in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate; la legge specifica che nel testo della Carta devono essere indicati gli standard di qualità e di quantità così come definiti nel contratto di servizio. Inoltre, deve contenere le modalità di accesso alle informazioni garantite, a quelle per proporre reclamo e a quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie, nonché le modalità di risarcimento dell’utenza.

Questo comma è di fondamentale importanza perché rende obbligatorio inserire nella carta di servizio anche i modi per proporre un reclamo e ricevere eventuali risarcimenti. Non sono aspetti marginali perché quando in un servizio pubblico il cittadino deve affrontare queste questioni, spesso si trova di fronte a mille difficoltà anche semplicemente per inoltrare il reclamo, figuriamoci per ottenere un rimborso che normalmente ha modalità di riscossione contorto a cui si aggiungono i tempi biblici degli indennizzi.

La normativa rende obbligatorio la verifica del servizio, avvalendosi di enti indipendenti, mediante indagini presso i cittadini, eseguite con la partecipazione delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative sul territorio di competenza. Le indagini riguardano qualità e quantità.

Oltre alle indagini, a carattere periodico, non ben definite nella normativa(ogni anno, due?), è stata introdotta la previsione (non l’obbligo) del monitoraggio permanente delle attività, nel rispetto dei parametri fissati nel Contratto di Servizio e da quanto stabilito dalla Carta Qualità. L’articolo non dà certezza del monitoraggio: tutto è affidato alla volontà dell’Ente che ne ha la diretta responsabilità.

Non bene! Si potrebbe dire, perché i monitoraggi sono la garanzia del controllo costante della qualità del servizio, disporre per gli Enti solo la previsione, lascia spazio alle lungaggini e alla cattiva volontà degli amministratori.

Mi permetto un’escursione a nord, fuori dai nostri confini, sempre con un esempio: Copenaghen, servizio di metropolitana affidato ad un’azienda di trasporti pubblici italiana; il monitoraggio accerta diversi ritardi accumulati durante alcune giornate di osservazione, con danno ai consumatori non abituati, da quelle parti, a carenze nei tempi e affollamento delle vetture. Il Municipio di Copenaghen ha sanzionato il gestore con una pesante ammenda, prevista dallo stesso contatto di servizio. Risultato: il gestore si è attrezzato per evitare in futuro problemi.

Nella normativa Prodi, comunque non applicata dalla grande maggioranza degli enti, come accertato da diverse indagini a cura di alcune associazioni di consumatori, la copertura del costo del monitoraggio doveva essere prevista nel contratto di servizio e le risorse dovevano essere stanziate regolarmente stanziate; inoltre il monitoraggio non escludeva dalla gestione le associazioni di consumatori. Su questo punto la riforma della Pubblica Amministrazione messa a punto dalla Madia fa un notevole passo indietro, non escludendoli ma non obbligandoli.

La normativa, dunque, rende obbligatorio la consultazione delle associazioni di consumatori ma non le fa partecipare al controllo. La normativa prevede obbligatorie valutazioni periodiche circa la soddisfazione dei clienti, ma non sono sufficienti: verificano solo il gradimento, la percezione degli utenti, non tutto il resto, compresa l’efficienza.

fare controlli e monitoraggi obbligatori è altra cosa anche perché i risultati devono essere poi resi pubblici ai cittadini attraverso i siti internet istituzionali. Leggi con queste caratteristiche possono aiutare le amministrazioni pubbliche a migliorare gli standard dei propri servizi.

Quando a Londra fu introdotta la congestion charge, tesa a limitare il traffico di automobili nel centro, furono potenziati i mezzi pubblici e dotati del dog watching, un sistema elettronico di controllo. I risultati del monitoraggio erano facilmente consultabili sul sito del gestore e hanno costituito la base per il miglioramento generale del servizio.

I servizi pubblici sono un elemento fondamentale di una comunità: la qualità della vita dei cittadini si misura con la qualità dei servizi pubblici erogati dagli enti in House o in appalto, anche se poi nella maggior parte dei casi, affidante e affidatario sono la stessa cosa, e spesso questo è un limite alla stessa trasparenza e qualità del servizio. Da pochi anni l’Istat ha creato una nuova indagine, si chiama BES, Benessere Equo Sostenibile.

Dodici articoli indicano quali sono i misuratori utili per identificare una “diversa ricchezza” delle popolazioni, per la quale non si usa il PIL e che in uno dei suoi ultimi discorsi Bob Kennedy spiegò in modo sublime:

Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”

Sono i servizi che rendono alta la qualità di vita dei cittadini, dobbiamo assumere come punto di riferimento le misurazioni e le indicazioni del BES: se applicate, potrebbero fornire un impulso formidabile e riformatore al nostro sistema ampliando anche il nostro punto di vista, normalmente costretto in informazioni e parametri che non rendono giustizia della reale condizione degli individui rispetto ai servizi erogati dagli enti pubblici.

Si può tranquillamente affermare che se ci fossero più servizi di qualità ci sarebbe più ricchezza per i cittadini. Il controllo e il monitoraggio delle attività pubbliche sono fondamentali in una democrazia avanzata, favorire il ruolo attivo dei cittadini, singolarmente o attraverso il lavoro delle associazioni dei consumatori è di primaria importanza, purtroppo quest’ultime non sono cosi forti e organizzate come invece sarebbe auspicabile, ma questo è un altro argomento su cui c’è molto da dire ancora.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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