Gli amici italiani di Putin ora diano una risposta

Nei giorni scorsi alcuni esponenti politici occidentali hanno dato vita a una sorta di pellegrinaggio in Russia: tutti a baciare la pantofola di Putin o dei suoi più stretti collaboratori. Il presidente della federazione ha accolto con grandi onori e straordinaria pubblicità la leader del Front National, Marine Le Pen che ha diversi motivi per essere grata al nuovo zar di tutte le Russie in quanto attraverso la linea di credito di una banca nazionale le ha finanziato un pezzo di campagna elettorale. Ma a Mosca è andato anche Matteo Salvini il quale si è dovuto accontentare di “onori” più contenuti: non lo scintillante salone del Capo ma il sottoscala di un suo reggicoda, il ministro degli esteri Lavrov. Da studentello in gita-premio, soddisfatto ha ringraziato forse ricordando il buon caffè gustato alcuni anni fa in una manifestazione milanese con l’uomo a cui sembra aver donato il suo cuore.

Sempre qualche tempo fa Beppe Grillo, seppur smentendosi subito dopo, a un giornale straniero aveva consegnato le sue osservazioni circa l’utilità per la scena internazionale di personaggi come Putin e Trump. Contemporaneamente, alcuni parlamentari del suo partito, il Movimento 5 stelle, andavano a Mosca per allacciare rapporti diplomatici (a quali fini non è dato sapere). Dopo quel che è accaduto domenica a Mosca e in diverse città della Russia, dopo la repressione scatenata dal governo e dal presidente contro coloro che sono scesi in piazza contro Medvedev accusandolo di corruzione (tema caro ai pentastellati), tutti questi fans italiani dello “zar” (per la sua altezza forse più simile a Napoleone) ora dovrebbero fornici una risposta e dovrebbero fornircela perché siamo alla vigilia di una competizione elettorale (per quanto la data sia ancora ignota).

La nostra democrazia è per molti e ampi aspetti difettosa ma ciò non toglie che l’espressione del pensiero sia abbastanza libera (altrimenti Di Maio non avrebbe potuto, da vice-presidente della Camera, prefigurare rivolte di piazza dopo che il parlamento sui cosiddetti vitalizi aveva adottato una soluzione diversa da quella da lui prospettata e Di Battista davanti a Montecitorio non avrebbe potuto aizzare gli ambulanti a scagliarsi contro i giornalisti). Ci dicano, allora, gli “amici” (o semplicemente estimatori) di Putin se condividono gli standard liberali del presidente russo, se ritengono che anche in Italia si debbano spedire in galera persone che pacificamente partecipano a manifestazioni pubbliche, se questi comportamenti rappresentano una garanzia per quella libera manifestazione del pensiero e delle opinioni che pure la Costituzione (la nostra, non quella del Cremlino) sancisce. Perché in assenza di una risposta gli elettori (soprattutto quelli a cui la libertà sta a cuore) potrebbero anche giungere alla conclusione che la simpatia per il leader russo va ben oltre le convenienze economico-diplomatiche, riguardando anche il modo di intendere la democrazia e i suoi criteri “applicativi”. Finendo per preoccuparsene. Salvini, in realtà, l’ha già data: “Mi sembra l’ennesima montatura mediatica” confermando con queste parole di essere lontano anni luce da quella democrazia occidentale alle cui pratiche poi partecipa. Attendiamo gli altri.

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