Papa Francesco: “Fa peccato chi licenzia”

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-di SANDRO ROAZZI-

Come al solito Papa Francesco sul problema lavoro “spariglia” con il suo piglio che risparmia a tutti la fatica di interpretazioni. Il tono è duro, il monito severo: “Chi per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari, chiude fabbriche, chiude imprese lavorative e toglie lavoro agli uomini, questa persona fa un peccato gravissimo”. Sarebbe molto difficile, se non forse impossibile, cercare precedenti così risoluti sulla questione dei licenziamenti. Almeno in bocca ad un Pontefice. C’è invece una continuità pastorale che non può essere riferita solo al contesto italiano o europeo ma a quello che avviene nel mondo e nelle aree dove la dignità del lavoratore è maggiormente a rischio, se non ignorata, secondo le leggi non scritte di una egoista ricchezza in poche mani e di una finanza spietata quanto incontrollabile.

Il Papa, a parere di chi scrive non fa né il sindacalista né il politico. Però si schiera con grande partecipazione dalla parte debole del lavoro ed esprime sul piano etico prima ancora che religioso una reprimenda che ha come obiettivo le coscienze. Ma dovrebbe provocare anche riflessioni in quella imprenditoria che non ha rinunciato a tenere insieme bilanci e rispetto della persona.

Ed è significativo che all’indomani della recessione ed in un periodo nel quale ci sono accenni di ripresa ovunque Papa Francesco senta il dovere di esprimersi in modo tanto impietoso. Questo avviene probabilmente perché il Pontefice riesce ad essere più vicino alla realtà del mondo del lavoro di tanti esponenti delle classi dirigenti. E punta l’indice sulle “manovre” che provocano disoccupazione, manovra di vario tipo che si richiamano ad una cultura che ha ormai estremizzato il liberismo espellendo ogni risvolto di tipo etico nei comportamenti. Si taglia, si chiude, si mette sulla strada il precario in nome della globalizzazione, delle ragioni della rivoluzione tecnologica, delle pressioni del mondo della Borsa e del sistema bancario. Si calpestano diritti ma non in nome di un progresso da conquistare, bensì di un potere che poggia sulla bramosia arida di ricchezza personale o di gruppo.

Naturalmente la vita economica reale non è fatta di coccodrilli pronti ad entrare in acqua per fare a pezzi la preda. Nella crisi il consuntivo in Italia in termini di perdita di posti di lavoro poteva essere assai più pesante se molte imprese, piccole in primo luogo, non avessero cercato in tutti i modi di evitare la tentazione di licenziare. E là dove è stato possibile il metodo della trattativa ha limitato i danni dimostrando l’utilità della contrattazione e di un ruolo sindacale.

Resta il fatto che il monito del Papa coglie nel segno: se lo spunto poteva essere il disagio dei lavoratori di Sky, le parole di Papa Francesco mettono in guardia da una prospettiva nella quale i diritti dei lavoratori e la dignità della persona potrebbero contare sempre meno. “Il lavoro – sostiene – ci dà dignità ed i responsabili dei popoli, i dirigenti, hanno l’obbligo di fare di tutto perché ogni uomo ed ogni donna possa lavorare e così avere la fronte alta, guardare in faccia gli altri, con dignità”. La frase non si presta ad ambiguità di sorta e chiama in causa anche la politica ed i Governi cui corre l’obbligo di presidiare il fronte della dignità dei cittadini in quanto lavoratori. Obbligo, non facoltà. Il messaggio dovrebbe fornire spunti di riflessione soprattutto nella sinistra nella quale invece anni ed anni di compromessi con il liberismo e con i poteri finanziari, di sudditanze con le mode imperanti che hanno confinato ai margini valori come la solidarietà, di contiguità con gli egoismi dei poteri finanziari che si muovono nella globalizzazione, sono riusciti a demolire la credibilità di un’azione tesa a impedire diseguaglianze e povertà non solo materiale.

In realtà sarà difficile sia che i confessionali si affollino di pentiti, sia che vi sia se non altro un contraccolpo di orgoglio nella galassia dei movimenti che ancora usano il termine sinistra per autodefinirsi. Resta il fatto che finora pur con i suoi ritardi e limiti i sindacati sono stati lasciati soli di fronte allo stillicidio di licenziamenti e di chiusure di attività, senza che tale questione diventasse almeno una priorità nel confronto all’interno della sinistra italiana. Ma il richiamo del Papa potrebbe indurre anche a riproporre il nodo della centralità della persona e della comunità su tutti il resto, compresi gli attori della economia. Ripartire da questa constatazione potrebbe essere un modo utile per cominciare a creare alternative ad un uso del potere economico che , sia pure in parte, sempre più rimane sordo alle sollecitazioni di carattere sociale ed umano.

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