Olanda: Wilders non trionfa, i socialdemocratici affondano

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Wilders non ha sfondato, Rutte ha vinto male ma, soprattutto, i socialdemocratici (il Pvda) pagano con un tracollo (da 28 ad appena 9 seggi la partecipazione alla coalizione di governo mentre l’Sp, più a sinistra, ne ha presi 14 e i verdi ha addirittura moltiplicato per quattro la rappresentanza parlamentare, 16 contro i precedenti 4). Matteo Salvini e Marine Le Pen dovranno rinviare ad altra data i primi festeggiamenti: il partito della libertà xenofobo e islamofobo come si conviene all’attuale sovranismo non è riuscito a sfondare in Olanda. Ha ottenuto un buon successo, ha di fatto imposto l’agenda politica degli ultimi anni ma non è riuscito a trionfare: il Pvv ha ottenuto 19 seggi, quattro in più delle precedenti elezioni. Mark Rutte, con il suo Vvd (i liberali di destra) calerebbe di 10 seggi (31 invece di 41) ma resterebbe sempre al comando del primo partito e quindi in corsa per ottenere il terzo mandato da premier. Pur tenendo, calano di un seggio i socialisti dell’Sp. Migliorano notevolmente le proprie posizioni i democristiani (da 13 a 16) e soprattutto i liberali progressisti (da 12 a 19). Ma i grandi sconfitti sono soprattutto i socialdemocratici guidati da Sharon Dijksma che senza giri di parole ha affermato: “Un colpo durissimo, un graffio alla nostra anima”. Il Pvda è il partito di Jeroen Dijsselbloem, capo dell’eurogruppo, una delle vestali europee delle politiche di austerità. È evidente che la sconfitta del partito dei lavoratori è anche la conseguenza della partecipazione a un governo che a livello economico ha seguito i principi delle politiche liberiste. A Bruxelles tireranno un primo sospiro di sollievo ma al di là del temporaneo scampato pericolo, anche queste elezioni olandesi devono essere interpretate come un ultimo avviso ai naviganti: o si cambia rotta o si affonda. E questo vale soprattutto per le sinistre.

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