Esame di stato della ‘buona scuola’. Rimangono dei passaggi inopportuni

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-di FRANCESCA VIAN-

L’Italia dei diritti civili tira momentaneamente un sospiro di sollievo sulla questione dell’esame di stato per gli studenti disabili. Infatti la commissione parlamentare ha accolto le proteste levatesi da più parti sull’imposizione di prove d’esame ‘equipollenti’ a quelle della classe (una protesta anche da questo blog in https://fondazionenenni.blog/2017/02/11/prove-desame-uguali-il-ministro-fedeli-ci-ripensa/). Essa ha riformulato il testo del decreto, così come aveva promesso il ministro Fedeli, proponendo: “In sede di esame di stato sostiene prove differenziate coerenti con il percorso svolto, con valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma.” Una frase chiarissima e coerente con l’esperienza delle scuole italiane. Un grande sollievo per tutti. Rimangono ancora, però, motivi di preoccupazione.

Le prove per l’esame conclusivo del primo ciclo saranno: Italiano, Matematica, Inglese più il colloquio. Anche questa disposizione è positiva perché l’esame attuale ha cinque scritti ed è decisamente troppo impegnativo per studenti così giovani.

Si è ammessi all’esame con la media del 6, e non con tutti 6: una differenza essenziale e indubbiamente positiva, che mette fine a un ostacolo imposto dal ministro Gelmini, per il quale con un solo 5 si poteva essere bocciati, ostacolo che soltanto il buon senso ha superato, nella vita reale, portando a 6 gli eventuali 5. Ma quanto buon senso ci è voluto, per anni, in tutta Italia! Una formulazione come quella oggi proposta, appoggiata anche dalla presidente della commissione cultura della Camera, onorevole Flavia Nardelli, è senza dubbio migliore. Il buon senso va anche allo Stato, oltre che ai Consigli di classe!

La prova nazionale prevede anche l’Inglese, oltre ai tradizionali Italiano e Matematica, e viene effettuata in aprile. Per i ragazzi con diverse abilità anche queste prove sono differenziate, con eventuale possibilità di esonero, così come avviene – del resto – anche per le altre prove impartite dai docenti in corso d’anno. Questo punto ahimè è in parte pasticciato con un lessico non coerente, alludendo a “misure compensative e dispensative”, “adattamento della prova”.

Rimane però ancora senza dubbio una questione del tutto inaccettabile. La commissione propone: “Agli alunni con disabilità che non sostengono l’esame viene rilasciato un attestato di credito formativo.” (articolo 12, comma 7).

Perché uno studente dovrebbe non sostenere l’esame? Cosa potrebbe succedergli? Lo stesso Atto 384, decreto delegato applicativo della legge chiamata “Buona scuola”, garantisce ai malati e ai ricoverati il diritto all’esame, perfino se non fossero in grado di raggiungere la sede delle prove.

Ora ci si chiede: agli studenti diversamente abili, cosa potrebbe invece succedere? Perché non dovrebbero sostenere le prove? Perché una simile precisazione non viene asserita anche per gli altri studenti?

Rispondo io. L’ultima volta che una mia studentessa non si è presentata all’esame, era scappata di casa da tre giorni. L’abbiamo cercata e trovata, ancor prima dei carabinieri. Le abbiamo indetto immediatamente prove suppletive, per le giornate che aveva perso. Senza arrivare a casi così estremi, è più frequente che vi sia un attacco di panico. Insomma, se uno studente non va all’esame: o si chiamano i carabinieri, o ci si rivolge al medico. Analogamente dovrebbe essere per lo studente diversamente abile.

Invece non ci si scompone nemmeno… peggio! Si codifica la sua possibile assenza in un comma, assenza ritenuta invece allarmante per un altro studente. Si cade quindi in un grave pregiudizio, se non proprio in un atto discriminatorio.

Va dato atto alla commissione parlamentare di avere ascoltato i cittadini e le loro proteste, almeno allo stato dei lavori della commissione parlamentare, relativamente a questo decreto delegato numerato 384.

Di avere ascoltato chi è giusto che sia ascoltato, perché ha gli abiti sporchi di gesso…

Saltare l’esame non ha alcun senso. Se davvero – da qualche parte – vige questa pratica, è ora che finisca.

L’esame è un diritto di tutti: non suggeriamo l’idea che uno studente diversamente abile possa starsene a casa, mentre a uno studente non coperto da legge 104, se ha problemi, gli si corre dietro anche in ospedale, a casa, in carcere, o ovunque egli sia.

Richiamo l’asserzione recente del ministro Fedeli: “Ora parte la fase di ascolto dei soggetti coinvolti. I testi finali saranno frutto della massima condivisione possibile.” Sono dunque sicura che – anche su questo punto – si possa continuare a dialogare, proprio ora che, dopo il parere espresso dalla Commissione, si va verso la fase conclusiva. francescavian@gmail.com

francescavian

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