La guerra vinta dal giudice Falcone in uno spettacolo memorabile

Giudice Falcone Barabao

-di FRANCESCA VIAN-

Debutta a Padova una splendida rivisitazione della durissima battaglia, combattuta a Palermo, fra i giudici di buona volontà e le cosche mafiose che tiranneggiano la Sicilia e l’Italia intera. È il maxiprocesso alla mafia, il più grande processo penale mai celebrato al mondo, che la compagnia teatrale Barabao ricompone pezzo su pezzo, in un disegno chiaro, struggente, emozionante, unico. Ma soprattutto vivo.

In uno splendido intrecciarsi di emozioni, con una platea silenziosa e immobile, l’attore Ivan Di Noia, si finge il super testimone Tommaso Buscetta, con tanto di inflessione siciliana; disegna in poche battute la mafia vecchia e quella nuova. Si sente l’unico “uomo d’onore” rimasto in circolazione. Ma Falcone lo convince che – testimoniando al processo – perderà il suo status di “uomo d’onore” e diverrà soltanto “un uomo” e “mi creda, Buscetta, sarà la cosa più difficile”.

Nella prestigiosa sala teatrale di via Altinate, che fino a pochi anni fa era l’aula bunker del Tribunale di Padova, debutta il più bello spettacolo teatrale mai ideato sulla guerra alla mafia; prende forma la battaglia vinta del maxiprocesso, conclusosi nell’aula bunker di Palermo, il 16 dicembre 1987. Furono giudicati 460 imputati, furono comminati 2665 anni di reclusione e 19 ergastoli, per assassini, trafficanti di droga e di morte, persone abituate a comandare in ogni campo, abituate a trincerarsi dietro la maschera demoniaca dell’‘uomo d’onore’. Una maschera di morte, in verità, che continua a ghignare e a seminare orrore: per i tanti giovani mortificati dalla droga, per le donne sfruttate sulle strade, per gli innocenti avvelenati dai rifiuti, per la paura di chi vuole reagire, per la vendetta su chi deve morire solo per il cognome che porta. Ma il 16 dicembre 1987 la mafia perde. E perde di brutto.

Il palcoscenico si riempie d’un tratto di attori. Ma ce n’è solo uno: Ivan Di Noia. Dà vita a tutti i personaggi, flette tutte le voci, interpreta tutti gli interessi in gioco. Passa dal siciliano di Riina, all’italiano, dalla voce ferma dei giusti, a quella spietata di Michele Greco. Si cambia di continuo la giacca. Così prendono forma quattro protagonisti Giovanni Falcone, Tommaso Buscetta, Michele Greco, Totò Riina; ma rivivono anche gli altri: Ninì Cassarà, Antonino Caponnetto, Giuseppe Montana, Paolo Borsellino. Sfilano i noti e gli ignoti. Sullo sfondo del palcoscenico si muove lo Stato, nella sua doppia veste di chi lo sa servire, e di chi lo umilia con il compromesso.

La strage di Capaci viene rappresentata solo con Totò Riina che grida e che butta all’aria le carte di Falcone, mettendo il palco a soqquadro. In quella strage perdono la vita, oltre al giudice: Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Saltano in aria, ma sopravvivono: Paolo Capuzza, Gaspare Cervello, Giuseppe Costanza e Angelo Corbo.

Una ricostruzione impareggiabile, quella di “Omertà. Capaci, 23 maggio 1992”, proposta dal teatro Barabao, per la regia di Romina Ranzato, con l’organizzazione di Micaela Grasso, coordinatrice di Teatro Ragazzi Calendoli, con il patrocinio del Comune di Padova e della Fondazione Antonino Caponnetto.

Gli applausi sono per Ivan che ha recitato i quattro protagonisti e tutte le comparse. Gli applausi sono anche per il giudice Falcone, che si presenta al pubblico con la giacca chiara, come appare nell’immagine di copertina.

Le due aule bunker si stringono nel ricordo, che è in verità più di un ricordo, l’aula bunker del Nord ci racconta l’aula bunker del Sud. Una grande soddisfazione, perché l’Italia è una soltanto, anche se diversa.

Resta la grande emozione di una storia vera, terribile, raccontata a chi ieri l’ha vissuta, raccontata a chi è troppo giovane per conoscere. Padova è diventata ieri la capitale della lunga storia degli uomini liberi: di coloro che non possono fermarsi, perché testimoniano “con disciplina e onore” come impone la Costituzione, il loro servizio allo Stato. francescavian@gmail.com

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