Stanishev come Zinoviev: da “via Turati” a “via D’Alema”

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-di Antonio Maglie-

Quello che fu il giornale fondato da Antonio Gramsci, “l’Unità”, ha pubblicato qualche giorno fa un’ intervista del presidente del Partito Socialista Europeo, Sergej Stanishev. In sostanza è la scomunica con relativo annuncio di “espulsione” degli esponenti del Pd che hanno deciso di abbandonare il Partito Democratico. Massimo D’Alema è il bersaglio grosso. Dice Stanishev: “Non ci può essere spazio nella nostra famiglia per forze che minano l’unità del nostro movimento… Secondo noi, la decisione di alcuni membri del Pd di lasciare il partito è un errore storico”. E su D’Alema: “È da molti mesi che vediamo che si comporta con una totale mancanza di lealtà politica nei confronti del Pd e anche nei confronti del Pse”.

Se il lettore prima di concentrarsi sulle parole di Stanishev , non lanciasse un’occhiata alla data, potrebbe tranquillamente convincersi di essere stato imbarcato su una “navicella” che viaggia a ritroso nel tempo e di essere approdato in un’altra epoca. Precisamente al 30 novembre del 1920, quando su un altro giornale fondato da Antonio Gramsci veniva pubblicata questa lettera: “Turati, Modigliani, Prampolini e tutti gli altri possono essere personalmente onestissimi, ma, obiettivamente essi sono i nemici della rivoluzione e come tali non debbono trovar posto nel partito del proletariato comunista”. Il giornale in questione era “Ordine Nuovo” e quelle erano giornate storiche poiché si era nel pieno del Biennio Rosso e si era appena conclusa l’occupazione delle fabbriche. Le giornate attuali, evidentemente, sui libri di storia non lasceranno traccia.

Quella lettera era firmata da Lenin, Zinoviev e Bucharin che a nome della commissione esecutiva della III internazionale sconfessavano, anche da un punto di vista personale, umano, i dirigenti del Psi e del sindacato (definiti “Mandarini” in un altro editoriale di Gramsci) che avevano deciso di non sfruttare pienamente “tutte le condizioni guarantenti la vittoria di una grande rivoluzione proletaria”. Insomma, avevano minato l’unità, della classe e delle intenzioni. Esattamente come oggi D’Alema, Bersani, Speranza e Rossi. Allora, però, le masse dietro i partiti socialisti c’erano, adesso cominciano a diradarsi e Stanishev più che preoccuparsi di chi si separa dal Pd per seguire un’altra strada, comunque a sinistra, dovrebbe preoccuparsi di quelli che in Spagna, in Grecia, in Gran Bretagna (e prossimamente in Olanda) hanno abbandonato i partiti socialdemocratici per rivolgere le loro attenzioni semmai verso quelli populisti e demagogici attestati sul fronte opposto. Invece di pensare a espellere, bisognerebbe provare a recuperare.

In ogni caso, al di là dei dibattiti sulla quantità di gramscismo presenti nel giornale fondato da Gramsci, si può obiettivamente individuare una sottile linea rossa che lega i comportamenti di un secolo fa a quelli attuali. Probabilmente i problemi della sinistra consistono proprio nel non riuscire a fare i conti con il mondo che cammina. E di chilometri in cento anni ne ha percorsi tanti. Ma forse tutto si può leggere con la lente d’ingrandimento di una assonanza: Stanishev fa rima con Zinoviev.

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