Le parole d’autore di Nenni: “politique d’abord”

– DI FRANCESCA VIAN – 

POLITIQUE D’ABORD!

Nel 1930, esiliato in Francia, Nenni riprende il motto del nazionalista Charles Maurras “Politique d’abord”, “la politica innanzitutto” (La politique religieuse, 1914), per orientare il metodo del partito socialista in esilio: “Il partito procederà secondo il metodo (politique d’abord) che consiste nel non avere pregiudiziali tattiche e nel riconoscere che la tattica è questione di momento e di circostanze. Un partito che sa quel che vuole, e che quel che vuole lo vuole sul serio, non sarà mai imbarazzato sui mezzi da impiegare” (Politique d’abordAvanti! 28 giugno 1930).

Un approfondimento filosofico su Politique d’abord! è in una bella pagina di questo blog di Cesare Milanese del 6 dicembre 2013. https://fondazionenenni.blog/2013/12/06/i-due-precetti-politici-di-pietro-nenni-da-ripensare/

Nenni riprende il motto nel 1944 in Italia: “Politique d’abord! Senza una politica generale antifascista nell’esercito, nella polizia, nella amministrazione non si fa e non si vince la guerra, questa guerra” (Avanti!, 13 luglio 1944).

Alla politica antifascista, Nenni coniuga la lotta per la repubblica: non solo è necessario uscire dalla guerra, ma ricostruire su basi nuove, antifasciste, repubblicane, costituzionali, altrimenti si rischia che rifacendo l’Italia sulle stesse basi di fango che l’hanno condotta alla rovina, si finisce per ricadere nel fango di nuovo.

“Si è molto deriso in alcuni circoli politici il nostro slogan: politique d’abord, la politica prima di tutto. (…) però vi è un momento in cui ogni problema sociale diventa un problema politico, in cui ogni problema economico è un problema di potere.”  (17 marzo 1946, in Una battaglia vinta)

“Sovente, compagni, quando nei pubblici comizi io parlavo di “politique d’abord” avvertivo l’aspetto, in certo senso inumano, di chiamare a una battaglia pNenni ritratto 1933olitica un popolo che aveva fame e freddo, era senza casa, senza pace, senza pane. Ma guai a noi se avessimo subito il ricatto dell’allontanamento della lotta politica. I problemi, o si risolvono nel momento critico in cui essi sono posti come una impellente esigenza di carattere non soltanto politico, ma anche morale, oppure non si risolvono più” (Discorso al Congresso socialista, 11 aprile 1946).

Fra tutte le forze che remano contro, c’è ovviamente lo stesso re (nella foto, una vignetta di Giuseppe Scalarini, “La corona reale”, 1947, scalarini.it e De Micheli). Dopo dieci giorni dalla liberazione del Nord, è già a Milano a raccogliere consensi, faccenda che fa infuriare Sandro Pertini, che scrive nell’Avanti!:  “Umberto di Savoia, luogotenente generale del regno, giunto a Milano (…) Giunge come un fannullone Pertini ritagliofra gente indaffarata, molto indaffarata (…) ci ricordiamo improvvisamente che tutti i guai dai quali siamo appena usciti, tutte le pene che ancora ci tocca sopportare, hanno origini molto strettamente connesse alla storia della casa reale ch’egli viene a rappresentare (…) forse è incapace di rendersi conto dell’aspetto che oggi assume la sua immoralità, l’immoralità della sua condotta, che gli dovrebbe consentire, dopo essere stato complice, beneficiato, laudatore del fascismo, di venire a impartire onorificenze ai patrioti, alle madri dei patrioti caduti, per colpa del fascismo. (…) Gli ricorderemo noi, se egli se n’è scordato, che anche la semplice immodestia in certi casi supera i limiti della leggerezza, diventa insulto, offesa a una dignità che non è soltanto un nome vuoto, ma rappresenta un contenuto di passioni, di dolore, di volontà umane. Crede dunque che i milanesi abbiano ancora voglia di scherzare con argomenti che dal comico sono volti al tragico? (…) sapremo gridargli in faccia se ancora non l’ha capito il nostro sdegno di saperci formalmente sudditi di una casa regnante che dopo averci disonorati, rovinati, gettati nella miseria e nel dolore, pretenderebbe servirsi del nostro eroismo, che ci ha salvati dal baratro, per salvarsi con noi, e riprendere la sua piacevole avventura ai nostri danni” (Sandro Pertini, 5 maggio 1945, Avanti!, pagina 1).

Pochi giorni prima del voto, Umberto di Savoia chiede udienza a Pio XII. “Se l’udienza fosse stata accordata essa avrebbe prodotto clamore e turbamento fra i cattolici. Ma il papa non la concesse” (Gino Pallotta, Dizionario della politica italiana).

Dopo il verdetto popolare, il re non se ne vuole andare. Recatosi al Quirinale con il giurista e ministro Mario Bracci, De Gasperi disse al re: “E sta bene. Domattina o lei verrà a trovare me a Regina Coeli o verrò io a trovare lei”.

Non è cosa di tutti i giorni che una dinastia, rimasta sovrana per quasi un secolo, venga abbattuta con la scheda elettorale” (Gino Pallotta). “Ecco perché, negli ultimi due anni, è stato necessario essere fanaticamente intransigenti” (Pietro Nenni, Una battaglia vinta, 1946).

Restiamo sull’argomento con Economie d’abord.                    francescavian@gmail.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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One thought on “Le parole d’autore di Nenni: “politique d’abord”

  1. Appartenendo ad una famiglia di antimonarchici da sempre, già allora a 13 anni, mi chiedevo se fosse proprio necessario fare un referendum per passare alla Repubblica, dopo il disastro provocato dai Savoia e la conseguente situazione economica e sociale in cui ci trovavamo. Comunque ci è andata bene anche per merito di Nenni. La prima parte della parola monarchia è “mona” che in veneto era allora ritenuta una parolaccia da non usare nei piccoli conflitti tra ragazzi per ordine tassativo dei genitori. Allora la sostituivamo con “monarchico”, Non “tasi ti mona”, ma “tasi ti monarchico”

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