– DI FRANCESCA VIAN –
Il PROBLEMA DEI PROBLEMI
Pietro Nenni si oppone agli anglo-americani, in particolare a Churchill, che vuole organizzare la Resistenza dalla corona: cioè “da un re che nel giro di quarantatré anni di trono ha trovato il modo di tradire tutti, la costituzione, i liberali, gli antifascisti, i fascisti, gli inglesi, i tedeschi e financo l’esercito?” (Avanti!, 10 ottobre 1943).
C’è un appiglio per fare la repubblica, l’articolo 1 della legge 151, approvata a Salerno il 25 giugno 1944, firmata dal luogotenente Umberto di Savoia: “Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato”.
Dopo la fine della guerra, Nenni si attacca a questo articolo e preme per l’assemblea costituente. Il 7 agosto 1945 scrive nel quotidiano socialista: “da oggi, per i socialisti, esiste un solo problema: quello della Costituente”. Il “solo problema” diventa, il 26 agosto 1945, secondo la datazione che ne dà Enzo Santarelli: “Il problema dei problemi” (Nenni, 1988). “Abbiamo preso l’iniziativa di fare del problema della Costituente il problema dei problemi e siamo andati attraverso le regioni e le province d’Italia a supplicare il popolo d’intendere l’importanza capitale che avrà per un secolo nella vita del paese l’atto sovrano di eleggere una Costituente.” (Una battaglia vinta, 1946)
“Il problema dei problemi” è dunque, etimologicamente, ciò che ‘si getta’ (dalla radice indeuropea bállein) ‘davanti’ (da ‘pro’, latino, greco, e indeuropeo): indire le elezioni della Costituente dunque diventa ciò che “la risorta Italia” deve ‘gettare pro’ (davanti) a tutto ciò che si deve ‘gettare pro’. Ma non si tratta di una sfida semplice.
“Il problema della convocazione della Costituente si presentava come estremamente complicato per le interferenze di carattere interno e soprattutto di carattere internazionale che attorno ad esso si sono manifestate da un anno a questa parte. Prima di tutto noi non dobbiamo mai dimenticare che siamo un paese vinto e occupato, retto da un armistizio le cui clausole più severe sono state sospese ma non ancora annullate” (Discorso di Torino, 17 marzo 1946, pubblicato in Una battaglia vinta, 1946). La complicazione dei problemi è anche tema di questa stupenda vignetta di Scalarini, apparsa nell’Almanacco socialista del 1919, trasmessa al blog della Fondazione Nenni da Ferdinando Levi, anche a nome di Anna, Bianca, Dora, Carlo e Nerina, i sei nipoti del più bravo vignettista politico. In essa Scalarini, come di consueto, “smaschera spietatamente la mitologia della classe dominante” (Angelo Pisi, in Scalarini, Reggio Emilia, 1974). Molte sue vignette si possono vedere ora nel sito scalarini.it.
Nel febbraio del 1946, Pietro Nenni propone a De Gasperi un cambio di rotta. Non sarà l’assemblea costituente a decidere la forma dello stato, ma il popolo, in un referendum che avverrà contestualmente alle elezioni dell’assemblea costituente il 2 giugno 1946: “noi siamo molto più forti sul terreno dell’appello diretto al popolo che non su quello dei compromessi fra i partiti. La verità è che sul piano del referendum noi teniamo già la vittoria in pugno, mentre ignoriamo ciò che poteva uscire dai lunghi ed estenuanti negoziati della Costituente”.
“Ho firmato questa mattina ad Asti la legge che indice per il 2 giugno il referendum istituzionale e le elezioni per la nomina dei deputati della Costituente. Il documento mi è stato portato in volo dal compagno Crespi. (…) La firma è avvenuta al Congresso socialista, naturalmente entusiasta. Confesso di aver provato, per una volta tanto, un senso quasi di orgoglio, apponendo la mia firma di oscuro popolano sotto quella di Umberto di Savoia, in un atto che virtualmente segna la fine della monarchia. Il fatto certo è che la battaglia per la Costituente è vinta. I compagni confessano di non averci creduto. Io stesso ne ho dubitato. Adesso è cosa fatta” (Diario, 20 marzo 1946, pubblicato in “Tempo di guerra fredda”).
Il non aver deferito all’assemblea costituente la questione istituzionale è stato ritenuto un grave errore elettorale di Nenni, ed è opinione anche di Giulio Andreotti, che abbia favorito il grande successo della Democrazia Cristiana, che quasi doppia il partito socialista (fonte Giuseppe Tamburrano, Pietro Nenni, 1986).
Meglio ancora. Nessun calcolo elettorale per il suo partito. Nenni guarda più lontano. Un’altra grande lezione del poverissimo orfanello di Faenza. Combatte per tutti, come ha sempre sostenuto. La repubblica è un valore più alto del risultato elettorale: è il risultato del futuro (1+1=2, direbbe Scalarini). Un’altra lezione suprema di chi ha “l’avvenire nel cuore”, di chi antepone la tessitura del futuro al calcolo personale e personalistico. E’ diventato da agitatore politico anche uomo delle istituzioni. Deferire la decisione avrebbe comportato nuovi disordini, nel clima tesissimo che già c’era. Oltre che il rischio di perdere. Diamo dunque ragione al giornalista Arturo Tofanelli, che nella prima pagina dell’Avanti! del 2 giugno 1946, scrive: “Reinventare l’Italia: ecco lo scopo di coloro che votano per la Repubblica, al di fuori di ogni calcolo egoistico. La Repubblica non è di questo o di quello; la Repubblica è di tutti”.
La Costituzione che uscì dalla compagine di partiti votata allora, inoltre, è ispirata alla massima solidarietà, l’unico valore che fa commuovere anche il più pessimista dei poeti, giacché se il mondo è un deserto, la solidarietà (“la social catena” che “tutti fra sé confederati estima gli uomini”) è come il fiore della ginestra che sorge sull'”arida schiena” del Vesuvio: il “profumo che il deserto consola” (Giacomo Leopardi).
Restiamo sull’argomento con Politique d’abord! francescavian@gmail.com
Anche in questa puntata troviamo in Pietro Nenni insegnamenti ancora molto validi per la politica di oggi, troppo legata alla soluzione di problemi contingenti, con uno sguardo sempre attento ad interessi strumentali di qualcuno. Manca una visione di medio e lungo periodo, senza la quale i problemi che si ritengono risolti diventano sempre più complessi e di difficile soluzione
Siamo abituati a pensare ai problemi come a qualcosa di negativo. Eppure Nenni, così come l’origine del termine, ci porta a pensare che siano qualcosa da anteporre al resto, dedicandovi attenzione e impegno. In questo modo si può arrivare a qualcosa di molto positivo per tutti, come la Costituente, la Costituzione e, infine, la Repubblica. Oggi per me il problema dei problemi è quello dei profughi di guerra. Molte persone in Europa pensano che il bene (per loro) sia difendersi da queste persone, lasciandole al loro destino di stenti, ma questo non è il bene comune, è un interesse particolare. Il “bene(ssere)” mantenuto a costo di vite umane non può mai essere un vero bene. A voler guardare un po’ più in là del proprio naso, diventa comprensibile per tutti.
Il 2 giugno 1946 l’Italia, grazie ad un referendum, divenne Repubblica. Una pagina di storia, di cui noi italiani siamo orgogliosi.
Anche “l’orfanello di Faenza” sarebbe , oggi, contento di leggere quello che per lui era “il problema dei problemi”, così ben presentato da Francesca con puntigliosa analisi linguistica e con riferimenti letterari, che rendono, sempre le puntate belle e interessanti.