Il Parlamento umiliato

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-ARNALDO MIGLINO-

La recente approvazione della legge delega sul mercato del lavoro, con dubbia anglofilia detta Jobs act, ha messo a nudo, anche per chi sin qui non ha voluto vedere, la mortificazione dell’istituzione parlamentare. L’art. 76 della costituzione prevedeche l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi, criteri direttivi, e soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti. Altrimenti non si tratterebbe di una delega, ma di un vero e proprio trasferimento di potestà. Ma proprio tale paventato trasferimento è stato realizzato con la legge in questione, assolutamente priva di quei criteri direttivi che dovrebbero costituire le opzioni di fondo da rispettare da parte dell’esecutivo. Il Governo è dunque rimasto padrone del contenuto dei decreti attuativi, ossia titolare di una discrezionalità che secondo la nostra negletta costituzione può caratterizzare solo l’esercizio della funzione normativa parlamentare. E ciò è avvenuto per iniziativa non del Parlamento ma, in sostanza, dello stesso Governo, che ha posto la questione di fiducia sulla legge delega, costringendolo così ad accettare il trasferimento della funzione legislativa. Se nel nostro ordinamento non esistesse la Corte costituzionale sarebbe stato necessario aderire al pensiero di Giovanni di Salisbury e di Tommaso D’Aquino, laddove sostenevano la legittimità del tirannicidio.

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