La smemoratezza di Renzi sullo Statuto

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-VITTORIO EMILIANI-

 Quando Matteo Renzi, che nulla ha (e poco sa, temo) della tradizione della sinistra, ha detto l’altro giorno che l’articolo 18, che lo Statuto dei lavoratori era un ferrovecchio del 1970 “che la sinistra non ha nemmeno votato”, alludeva al Pci ovviamente. Tuttavia ho avuto un sobbalzo sulla poltrona: e il Psi dove stava all’epoca? Al centro? A destra? Nemmeno per idea. Stava al governo per conto di tutta la sinistra, anche di quella comunista e psiuppina, battendosi con Giacomo Brodolini e con altri per quello Statuto dei lavoratori che fu elaborato soprattutto da esperti socialisti, in primo luogo da uno dei grandi giuslavoristi italiani, il professor Gino Giugni, socialista dalla prima giovinezza, che noi chiamavamo scherzosamente “il padre” dello Statuto dei lavoratori, mentre “lo zio” era Federico Mancini altro giuslavorista di spicco, socialista pure lui, umbro di origine ma bolognese di elezione. Una legge così importante che la nuova Spagna democratica chiamò Giugni e il suo gruppo ad elaborare la legislazione del lavoro durante il governo di Felipe González. Tutto ciò non significa nulla per Renzi il quale, non a caso, è andato oggi, 3 novembre, a parlare in una fabbrica bresciana dopo che il suo titolare aveva messo in vacanza forzosa (cioè a loro spese) operai e impiegati. I quali hanno vivacemente e anche ironicamente protestato fuori dalla fabbrica medesima.

Sul “Corriere della Sera”  di ieri Pier Luigi Battista dà conto diffusamente di questa “espulsione” dalla memoria storica del socialismo e dei socialisti. Gliene va dato atto.

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2 thoughts on “La smemoratezza di Renzi sullo Statuto

  1. Che Matteo Renzi non sappia nulla delle conquiste dei lavoratori degli anni ’70 si può anche capire: era appena un ragazzo. Che non abbia nessuna idea di quello che hanno rappresentato i partitii della sinistra, al governo o all’opposizione, per l’avanmzamento sociale dei lavoratori italiani, si può anche accettare: ha respirato solo l’aria degli oratori e delle sacrestie; che non abbia alcun rispetto per i diritti di chi lavora con la mente e col braccio negli uffici e nelle fabbriche si può b en comprendere: non ha mai lavorato; che abbia iscritto il PD al PSE è una provocazione di cui non poteva rendersi conto se che nemmeno nel PSE lo hanno ben compreso. Renzi è una parodia di uomo di sinistra e un presidente da operetta che inconcepibilmente governa (si fa per dire) il paese con una squadsretta di dilettanti che non sarebbe indicata nemmeno per gestire la casa pia della mia città. I padri socialisti dello Statuto dei Lavoratori si rivoltano di certo nella tomba a sentire le critiche di questo sbarbatello presuntuoso, ma non gli attuali dirigenti del PSI, che rimangono in colpevole silenzio ad ammuffire attaccati agli strapuntini di una parvenza di potere, mentre dovrebbero usare la loro visibilità per ricostruire un partito socialista degno di questo nome come ce ne sono ancora in tutta Europa al governo o all’opposizione. A quando un loro atto di coraggio civile e politico?

  2. Renzi le cose le sa, ma lo fa apposta. Continua, da vent’anni e più questo anti-socialismo: non solo contro Craxi ma anche verso altri padri nobili del Psi e tutta la nostra storia. Saluti socialisti!

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