D’Alema ne ha detta una giusta (o quasi)

Vignetta Obama

-RICCARDO CAMPA-

Su questo blog, in passato, non ho risparmiato critiche a Massimo D’Alema per le sue posizioni in politica estera – salvo riconoscerne, come ormai da cliché, l’intelligenza politica. Un paio di giorni orsono mi sono sorprendentemente ritrovato ad annuire, mentre sentivo il fu “leader Maximo” parlare di geopolitica e Medio Oriente.È accaduto che D’Alema ha finalmente ammesso che la politica estera americana, e quella europea di riflesso (o di rimorchio, se si preferisce), è schizofrenica. Il che è molto grave, se si pensa che parliamo del paese con il più grande arsenale militare mai visto su questo pianeta e che, per di più, si è calato da tempo nella parte di poliziotto del mondo. Da un poliziotto non ci si aspetta solo coraggio, ma anche prudenza e senso di giustizia. Invece, come ricorda l’esponente del PD, solo due mesi fa «Obama voleva spingere l’Europa ad attaccare militarmente Assad per aprire la via di Damasco all’Isis, e adesso bombarda l’Isis difendendo Assad». E, riferendosi al mondo arabo, aggiunge: «Ma questi ci prendono per matti!».Ricordiamo allora i dettagli della storia. Dopo aver messo a ferro e fuoco l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia, gli USA avevano una tale smania di bombardare la Siria che posero, come condizione per l’intervento militare, l’utilizzo dei gas da parte del regime. Guarda caso, appena stabilita la “red line”, il 21 agosto 2013, i poveri abitanti di Ghouta vengono gasati. Il più grande apparato investigativo al mondo, che spia persino la posta elettronica e le telefonate degli alleati, in un battibaleno trova il colpevole: «È stato Bashar al-Assad». Obama, per onorare il premio Nobel per la pace, arma subito i bombardieri. Qualcosa, però, lo ferma. La coscienza? No. Una pluralità di soggetti che è bene ricordare.

Innanzitutto, si mette di traverso l’esercito americano, o almeno parte di esso. Alcuni ufficiali affermano pubblicamente di non capire il motivo per cui devono spianare la strada ad Al Qaeda e agli jihadisti, dopo averli combattuti in ogni dove. In fondo – secondo la teoria ufficiale del governo – i due aerei che hanno abbattuto le tre torri del WTC erano pilotati da integralisti islamici.

Poi, papa Francesco fa sentire la sua vicinanza ad Assad, che – sarà anche un dittatore, ma proprio come l’altro dittatore Saddam Hussein – protegge da sempre i cristiani, mentre gli integralisti islamici ne fanno polpette.

Interviene anche Vladimir Putin, che convince il leader siriano a consegnare le armi chimiche, per non dare un pretesto agli USA – e per questo si guadagna la candidatura al Nobel per la pace da parte di un lord inglese, il barone Peter Truscott.

Infine, un coraggioso giornalista americano, Seymour Hersh, si dimostra più efficiente della CIA. Mentre i giornali italiani si limitano a fare da cassa di risonanza alle veline del governo, che a sua volta ripete a pappagallo quello che dice il governo americano, Hersh – che ha vinto il Pulitzer, ma forse meriterebbe il Nobel più di Obama – dimostra che sono stati in realtà i nemici di Assad, ovvero i fantomatici “ribelli”, a compiere l’orrendo atto. E sostiene che ci ha messo lo zampino anche la Turchia, che però nega risolutamente.

Inizialmente, quella di Hersh è trattata alla stregua di una “teoria della cospirazione”. Ma sono troppi gli elementi che non tornano nella storia ufficiale. Un attimo di sbandamento e gli USA trovano la quadra. Le bombe sono già nelle stive dei bombardieri. Se non si possono buttare di qua, si butteranno di là. Improvvisamente, i ribelli non sono più “ribelli” – termine troppo romantico. Diventano “inumani tagliagole violatori dei diritti umani”. Eppure, quegli atti inumani che ora tutti i media ci sbattono in prima pagina li compivano anche prima. Solo che, a raccontarli, si rischiava di rovinare la seducente narrativa dell’impavido popolo siriano che si ribella al feroce dittatore. Non tutti i giornalisti ci tengono a vincere il Pulitzer.

Finalmente, anche D’Alema ha deciso di dirci come stanno davvero le cose: «Se noi ci mettiamo nei panni di queste persone, io conosco quel mondo, loro ci considerano matti, non riescono a capire qual è il filo logico della politica occidentale: i totalitarismi, le guerre mondiali, gli orrori che hanno attraversato l’Europa sono stati immensi rispetto a quelli a cui oggi assistiamo. Quindi l’idea che questo modello, che è il punto d’arrivo di una lunga storia, possa essere preso e consegnato chiavi in mano, anzi imposto con la forza e che quelli lì saltando a piè pari tre o quattro secoli si mettano a fare elezioni e quant’altro è un’idea puerile, è una forma di colonialismo culturale che si è rivelato totalmente privo di fondamento».

Ora, le malelingue dicono che l’ex Presidente del Consiglio ha preso a dire quello che davvero pensa, perché è stato rottamato. Federica Mogherini gli ha soffiato anche il posto di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al quale tanto teneva. Insomma, parlerebbe così per fare un dispetto a Renzi. Se Mister Pesc fosse lui, seguirebbe certamente un altro canovaccio.

Hanno ragione le malelingue? Speriamo di no. Se fosse vero, significherebbe che quel processo secolare che ha prodotto la democrazia in Occidente, in Italia non ha prodotto proprio un bel niente. Non abbiamo politici eletti dal popolo in virtù delle loro idee e che cercano di realizzare quelle idee, ma politici eterodiretti, a prescindere dalle loro idee e dal voto del popolo. Se sono in carica, devono mentire. Se sono fuori dai giochi, possono dire la verità. Sarebbe davvero triste. Anzi, grave.

Un’ultima parola sugli americani. Sono davvero puerili come dice D’Alema? Ovvero, sono degli idealisti che vogliono diffondere la democrazia, non rendendosi conto che non è questo il modo? Mah… Forse, c’è dell’altro. E questo “altro” ce lo ha già spiegato una grande figura della storia americana: il generale Dwight Eisenhower. Nella veste di Presidente, in un discorso alla Nazione pronunciato il 17 gennaio 1961, “Ike” ebbe il coraggio di dire ciò che nessuno nell’amministrazione americana osa più ripetere: «Nei Councils of government, dobbiamo stare in guardia contro l’acquisizione di ingiustificata influenza, voluta o non richiesta, del complesso militare-industriale. Il potenziale per la disastrosa ascesa di potere male assegnato esiste e persisterà».

Perché Eisenhower è convinto che la vera minaccia agli USA è interna e persisterà? Perché gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi del 1929 grazie alla Seconda guerra mondiale. Con la smobilitazione, il numero degli effettivi è sceso di colpo da otto milioni a un milione. Se si fosse proceduto anche allo smantellamento totale dell’apparato militare-industriale, molti altri milioni di cittadini si sarebbero ritrovati in mezzo alla strada. Il che avrebbe innescato una pericolosa spirale recessiva. “Fortunatamente” è iniziata la guerra fredda, che ha consentito di gonfiare il PIL facendo debito. E, quando è caduto il muro di Berlino, un nuovo nemico si è subito affacciato sul palcoscenico della storia, minacciando la sicurezza dei “paesi civili”: il terrore islamico. Sicché, ancora oggi il complesso militare-industriale è uno degli assi portanti dell’economia americana. Il Dipartimento della difesa impiega direttamente 720.000 civili e due milioni e 200mila militari, mentre l’industria che lo rifornisce dà lavoro ad almeno tre milioni e mezzo di addetti, con un fatturato che oscilla fra i 300 e i 400 miliardi di dollari.

Insomma, D’Alema ne ha detta una giusta, ma non è andato alla radice della questione. Gli americani non sono affatto ingenui idealisti. Tutt’altro. Da buoni realisti, sanno che se l’Isis non esistesse bisognerebbe inventarlo.

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