La legge elettorale dopo la sentenza della Corte Costituzionale

cesare Salvi

-CESARE SALVI-

  1. Il primo importante aspetto della decisione della Corte Costituzionale sulla legge elettorale riguarda l’ammissibilità della questione di legittimità sollevata dalla Corte di Cassazione. La Consulta richiama svariati precedenti, per motivare la risposta positiva, ma in realtà la decisione è innovativa. Essa si fonda, a mio avviso, sull’argomento che la questione riguarda “un diritto fondamentale tutelato dalla Costituzione”, con la correlata “esigenza che non siano sottratte al sindacato di costituzionalità” le leggi elettorali, “essenziali per il funzionamento di un sistema democratico-rappresentativo”. Altrimenti, aggiunge la sentenza, si finirebbe con il creare “una zona franca nel sistema di giustizia costituzionale”. E’ auspicabile che da questo orientamento siano tratte per il futuro coerenti conseguenze che garantiscano l’accesso diretto alla giustizia costituzionale, sia pure per il tramite del giudizio di rilevanza, quando sia in questione la ipotizzata violazione anche di altri diritti fondamentali.

  1. Qual è la legge oggi vigente dopo la sentenza delle Corte? Si tratta di un sistema elettorale proporzionale, ma diverso da quello adottato durante la c.d. prima Repubblica. Le differenze sono due. In primo luogo, vi sono soglie di sbarramento, ma differenziate, secondo quanto prevedeva la legge Calderoli. Quindi, per la Camera, accedono alla rappresentanza le liste che facciano parte di una coalizione che abbia superato il 10%, purché abbiano avuto almeno il 2%, nonché quella che segue nell’ordine dei voti. La lista, altrimenti, deve avere il 4% per essere rappresentata in Parlamento. Analogamente, anche se con percentuali diverse, per il Senato. Si tratta di un’evidente incongruenza, nel momento in cui viene meno il premio e quindi la logica dell’incentivazione alle coalizioni. Ciò deriva probabilmente dal fatto che questo aspetto della legge non rientrava fra i profili di costituzionalità prospettati dalla Cassazione. La seconda differenza è che rimane la possibilità della candidatura di una persona in tutte le circoscrizioni nazionali, mentre le vecchie leggi prevedevano la possibilità di presentarsi in non più di tre circoscrizioni. Va naturalmente aggiunto che anche per il Senato si vota su liste di candidati, e non su collegi uninominali con calcolo proporzionale, come nella vecchia legge.

  1. Secondo i primi commenti di stampa la Corte Costituzionale ha posto “pochi paletti” al legislatore. Ma è proprio così? Il punto centrale della decisione risiede nel rilievo che l’ampia discrezionalità legislativa esistente in materia elettorale non è sottratta al controllo di costituzionalità sotto il profilo della verifica che “il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva”. L’obiettivo di agevolare la formazione di un’adeguata maggioranza è costituzionalmente legittimo, ma va contemperato con quello di garantire la rappresentatività delle Camere quale si manifesta nella “volontà dei cittadini espressa attraverso il voto”; tanto più che tra le funzioni delle Camere vi sono quelle connesse alla garanzia della Costituzione di cui all’art. 138. Inoltre, la sentenza richiama la decisione del Tribunale costituzionale tedesco che ha affermato che l’adozione del sistema proporzionale, anche se limitato dalla soglia di sbarramento, genera nell’elettore “la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto”. Com’è noto, la sentenza di quel Tribunale del 25 luglio 2012 ha imposto la modifica del sistema elettorale nel senso che tra le liste che superano lo sbarramento del 5% la ripartizione dei seggi deve essere completamente proporzionale. Se ne può trarre un’indicazione generale. Si può adottare una legge proporzionale, ovvero una maggioritaria, ma in questo secondo caso non solo l’esigenza della rappresentatività non deve essere eccessivamente compressa, ma il sistema deve avere una sua razionalità interna, una sua chiarezza e semplicità che risponda alla “legittima aspettativa dell’elettore circa gli effetti del suo voto”.

  1. Che implicazioni trarne sulle famose tre proposte che il nuovo segretario del PD ha sottoposto alle altre forze politiche? Si è giustamente segnalato che la sentenza ammette le liste bloccate, purché di dimensioni ridotte, e il sistema maggioritario, purché dotato di una soglia minima per accedervi. Ma, come ho osservato prima, la Corte Costituzionale dice anche qualcosa di più circa i limiti del maggioritario. Mi sembra quindi che non abbia torto il ministro per le riforme Gaetano Quagliarello quando osserva che aggiungere un premio di maggioranza sia a quello implicito nella logica dei collegi uninominali maggioritari, come nella legge Mattarella, sia al risultato conseguito in termini di seggi da liste che superino una soglia di sbarramento molto alta nelle circoscrizioni (come avverrebbe con il sistema spagnolo, come modificato attraverso l’aumento del numero delle circoscrizioni) sarebbero entrambi soluzioni di dubbia costituzionalità. Da un lato infatti l’esito è fortemente compressivo della rappresentatività (la soglia di sbarramento implicita potrebbe arrivare al 20%); dall’altro, la logica di entrambi i sistemi è alterata da artificiosi meccanismi, lesivi della “legittima aspettativa” dell’elettore. Quanto al doppio turno di coalizione, a differenza di Quagliarello ho dubbi che esso possa superare il vaglio dei criteri di costituzionalità posti dalla Corte. Ipotizziamo che al primo turno vi siano quattro coalizioni ciascuno delle quali raggiunga circa il 20% dei voti. Quella delle due ammesse al ballottaggio, che vinca al secondo turno, godrebbe di un premio superiore al 30%. Si può obiettare che essa avrebbe la maggioranza assoluta al secondo turno, ma personalmente dubito che questa risposta sia soddisfacente: la rappresentatività, infatti, è già misurata nel primo turno. E, naturalmente, rimane il problema del bicameralismo. Il sistema sarebbe illegittimo perché irrazionale, a Costituzione invariata (non potendo ovviamente l’elettore esprimere un unico voto per entrambi i rami del Parlamento), esattamente come quello previsto per il Senato dalla legge Calderoli, perché potrebbe determinare maggioranze diverse nei due rami del Parlamento.

  1. La verità è che non se ne esce se non si abbandona lo slogan per il quale la sera del voto bisogna sapere chi avrà la maggioranza e governerà, ecc.. Ciò non accade in nessuna democrazia parlamentare nel mondo, come conferma l’esito delle ultime elezioni in Gran Bretagna. Bisogna scegliere un sistema elettorale chiaro e semplice, e se la sera del voto nessuno avrà avuto la maggioranza assoluta dei seggi, dovrà cercare di costruire una coalizione, come accade appunto in tutti i sistemi parlamentari. Personalmente, apprezzo il sistema tedesco; se non lo si vuole adottare, se ne scelga uno maggioritario, eventualmente con una quota proporzionale (come proposto in Francia prima dal rapporto Vedel, poi dalla Commissione Jospin); ma, per favore, non si facciano altri pasticci.

           Cesare Salvi

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