Italianità

– di ROMANO BELLISSIMA –

Lo spirito di appartenenza alla nazione degli italiani si manifesta in maniera evidente e partecipata in occasione delle competizioni sportive: quando gioca la nazionale di calcio, nelle gare di formula Uno, nel giro d’Italia e in molte altre manifestazioni sportive, specialmente quando vinciamo. Tifiamo tutti per i campioni nazionali e ci esaltiamo per le vittorie, come ci deprimiamo per le sconfitte. Molto diverso è l’approccio con la nostra identità storica. Quali sono le ricorrenze civili che più ci coinvolgono? Sicuramente il primo maggio, festa dei lavoratori, che centra poco, però, con l’identità nazionale, così come il Ferragosto e poi altre feste di carattere religioso. Forse la festa dell’identità nazionale potrebbe essere il 7 gennaio, Festa del Tricolore, della bandiera italiana, ma non mi sembra sia molto conosciuta e partecipata; oppure il 17 marzo, l’unità d’Italia, ma nemmeno questa ricorrenza è molto sentita; rimangono la Festa della Liberazione, il 25 aprile, che ha visto la grande resistenza dei Partigiani per liberare l’Italia dai nazifascisti, una bella pagina di riscatto e di impegno collettivo, e la festa della REPUBBLICA, il 2 giugno. Personalmente sceglierei proprio il 2 giugno, la festa della Repubblica, come la ricorrenza più importante, democratica e partecipata della nostra storia contemporanea.

Per questo motivo andrebbe promossa come festa del popolo e non solo come festa dei vertici dello Stato e delle forze armate. Invece delle sfilate e delle parate militari, sarebbe bello una festa di popolo con musica, balli, brindisi e fuochi d’artificio.  Proprio perché il 2 giugno del 1946 è stato il popolo a scegliere la forma istituzionale dello Stato, ed eleggere l’Assemblea costituente che ha ridisegnato le istituzioni e varato la nuova carta costituzionale. Per la prima volta a quel voto, che ha scelto la Repubblica, hanno potuto partecipare anche le donne, che hanno conferito a quell’appuntamento elettorale, il valore dell’universalità collettiva dell’intero popolo italiano.  Mai prima di allora il popolo era stato così determinante nelle scelte della Nazione, perché era sempre stato spettatore quando non vittima delle scelte dei potenti di turno. Un avvenimento dunque di straordinaria importanza, degno di essere ricordato e festeggiato da tutto il popolo. Il sogno repubblicano degli italiani ha radici antiche e profonde, risale al 509 a.c. quando, dopo la caduta dell’Impero Romano d’occidente, i romani, al grido di “Roma non vuole padroni”, costituirono la Repubblica Romana. Una grande lezione di civismo istituzionale, di diritto pubblico e di democrazia partecipata, che ha contribuito all’evoluzione civile e politica del mondo intero. Poi sono prevalsi di nuovo gli imperialisti e abbiamo dovuto attendere i moti del risorgimento per riscoprire quanto fosse sentito e diffuso l’ideale della Repubblica, specialmente tra i giovani. È il 1848, 13 anni prima dell’unità d’Italia, quando nasce la Repubblica Romana di Mazzini, Garibaldi, Mameli e tanti altri patrioti che costrinsero il Papa Pio IX, che governava lo Stato Pontificio, a scappare da Roma e a rifugiarsi a Gaeta protetto dai Borboni. Poi le forze imperialiste europee di Francia, Austria, Spagna e l’esercito Borbonico soffocarono nel sangue la giovane Repubblica costringendola ad ammainare quel tricolore rosso, bianco e verde che avevano scelto come bandiera della Repubblica Romana. Ma quello spirito di libertà, d’indipendenza, di voglia di partecipazione non si spense con la morte dei tanti patrioti caduti in difesa dei loro ideali, ma è sopravvissuto ed è continuato a crescere e diffondersi, specialmente tra i giovani, che si sono sempre battuti fino all’estremo sacrificio, contro tutti i poteri autoritari, dalla monarchia al fascismo, al potere temporale dei Papi, per un’Italia libera democratica e Repubblicana. E sono proprio i giovani, in prima linea, assieme a donne e uomini liberi, ai Partigiani, che hanno combattuto contro le forze nazifasciste per liberare l’Italia, a rivendicare e sostenere con forza e convinzione la scelta della Repubblica. Uomini come Pietro Nenni, Sandro Pertini, Giuseppe Saragat, Piero Calamandrei, Eugenio Colorni insieme a tanti altri: artisti, academici, professionisti, lavoratori, esponenti dei partiti democratici che convinsero, quel 2 giugno del 1946, la maggioranza degli Italiani a scegliere la Repubblica.

Con tale scelta le persone cessano di essere sudditi di sua maestà il Re e assumono il ruolo di maggiore responsabilità, quello di cittadini democratici che partecipano responsabilmente alle scelte del proprio Paese.

La costituzione Repubblicana, alla cui stesura e approvazione hanno concorso tutte le forze politiche e democratiche rappresentate nell’Assemblea Costituente, interpreta i valori e i sentimenti della resistenza antifascista che ha visto convergere tutti i partiti in un unico obiettivo, liberare l’Italia dal fascismo e dai tedeschi. Nel testo della nuova Costituzione ritroviamo, con piacere, anche molti spunti e contenuti che furono della Costituzione della Repubblica Romana di memoria Risorgimentale. Forse per questo la nostra costituzione è ancora oggi, una delle più belle in assoluto.

Cito solo alcuni passaggi:

L’Art. 1. L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

L’Art. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle forme sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

L’Art. 3. […] È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini ecc.

Sulla stessa linea di valori si esprimerà la dichiarazione universale dei diritti umani approvata il 10 dicembre 1948 dall’appena costituita Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

L’articolo 1 così recita: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dottati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Mi auguro che almeno i giovani trovino il tempo e la voglia di prendere in mano questi testi per approfondirli e commentarli, ma anche per constatare quante volte quei diritti pur universalmente affermati, sono disattesi, violati, ogni volta che un uomo, una donna, un bambino, viene sfruttato, vilipeso, a volte in modo clamoroso; non occorre guardare a Paesi lontani, basta osservare quello che accade qui nel Mediterraneo: l’Egitto si trova a poche miglia e la Turchia non è molto più lontana.

Piero Calamandrei parlando della costituzione a dei giovani studenti disse: «la Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove […] perché si muova bisogna ogni giorno metterci dentro il combustibile». Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità, per questo una delle offese che si fanno è l’indifferenza alla politica.

Per migliorare seriamente la società bisogna recuperare il senso collettivo della responsabilità, non basta scaricare le colpe sugli altri per cambiare le cose.

 

 

 

N°: 47 del 14/06/2021

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