INFORMAZIONE vs CONFORMISMO AI TEMPI DEL SARS-COV-2

-di PIERLUIGI PIETRICOLA

 

Gli studi sulla teoria della comunicazione hanno da sempre evidenziato un aspetto importante sul quale non molto si è insistito: e cioè che qualsiasi cosa viene riferita relativamente ad un certo accadimento, essa non rappresenta la realtà diretta di ciò che è successo. Bensì, si tratta di qualcosa di mediato. Vale a dire, per dirlo in termini più semplici, che di una determinata realtà si offre il proprio punto di vista, la propria interpretazione. Non è un atteggiamento scorretto, a patto, ovviamente, che si chiarisca il punto di osservazione. Da ciò consegue un ulteriore elemento: di ogni termine che utilizziamo, soprattutto se tecnico, occorre chiarirne il giusto significato letterale (leggi: denotativo) e metaforico (leggi: connotativo). Ogni parola usata in un discorso, ha un co-testo e un con-testo. Il co-testo è l’insieme dei termini entro i quali quello da noi utilizzato si colloca. Si tratta di un elemento importante, perché è sulla base del co-testo che riusciamo a capire meglio il significato letterale e metaforico di una parola. I quali divengono meno univoci nel momento in cui è chiarito anche il con-testo, vale a dire le condizioni generali – storiche, politiche, sociali, scientifiche eccetera – entro le quali si innesta l’atto comunicativo mediatico (televisivo o giornalistico).

Victor Klemperer, noto filologo perseguitato dal nazismo in quanto ebreo, nel suo LTI. La lingua del Terzo Reich, ha illustrato le modalità con le quale la retorica – in quanto arte persuasiva affidata totalmente alla parola – del regime hitleriano divenne il principale mezzo di assoggettamento di un intero popolo. Per realizzare tale scopo, bastarono pochi mezzi: immiserire la ricchezza del linguaggio, fare ricorso a gerghi tecnici ed abbreviazioni senza fornire, di tutto questo, alcuna spiegazione. Il risultato fu una certa uniformità di pensiero, intesa come adesione totale e completa ad una narrazione della realtà che, come è noto, poco corrispose alla veridicità dei fatti nel modo concreto con cui essi accaddero.

Da un punto di vista comunicativo, relativamente alla questione del Sars-CoV-2, oggi assistiamo ad una infodemia che non accenna ad attenuarsi. Anzi: di giorno in giorno si accentua, ricorrendo ad una povertà retorica che confonde e disorienta. Di continuo giornalisti, opinionisti e scienziati non fanno che discorrere di persone contagiate dal Sars-CoV-2, il cui numero aumenta o diminuisce in base alla quantità di tamponi effettuati, confondendo l’individuo contagiato con il malato e senza specificare che non è scontato il fatto che chi risulti positivo al Sars-CoV-2 di necessità debba sviluppare la malattia Covid-19.

Altro esempio di uso ambiguo della comunicazione senza chiarire il co-testo e il con-testo della realtà raccontata: il numero delle persone risultate positive al Sars-CoV-2 di che natura sono? Ovvero: si tratta di soggetti sottoposti al tampone in virtù delle normative transitorie vigenti nello stato di emergenza in quanto debbono sottoporsi ad un intervento chirurgico? Oppure sono soggetti provenienti dall’estero, da zone a rischio, e di nazionalità non italiana?

Infine i ricoverati: quotidianamente sentiamo che il numero aumenta e diminuisce, ma nessuno chiarisce se tutti i degenti di cui si parla si trovano in reparti ospedalieri perché l’infezione da Sars-CoV-2 è degenerata in malattia, o se si tratta di ricoverati per patologie diverse i quali successivamente sono risultati positivi al Sars-CoV-2.

Stesso discorso vale anche per coloro che si trovano in terapia intensiva.

Qual è il punto? Una comunicazione massmediatica che non si preoccupa di fornire gli elementi per dare la possibilità alle persone di interpretare ciò che sta avvenendo intorno a loro, non sta informando, bensì imponendo un’immagine fittizia alla quale si pretende che tutti si conformino. Non è una novità, visto che con un certo anticipo ne parlò Pier Paolo Pasolini. Ma un conto è fornire modelli, altra cosa – invece – sottintendere la pretesa che le persone compiano un atto di fede senza riflettere sulla quotidianità che si vive.

Si può obiettare: se non si fa così, potrebbero venir meno l’attenzione e la cautela da parte delle persone per limitare la diffusione del Sars-CoV-2. Per quanto condivisibile, è un’argomentazione che può persuadere solo a un livello superficiale di ragionamento.

Informare vuol dire dare qualcosa in più rispetto a ciò che già si conosce. Se i vari mass-media provvedessero a tale compito nel senso ora chiarito, le persone adotterebbero comportamenti consapevoli e non irragionevoli; non vivrebbero questo periodo con psicosi e terrore come sta avvenendo da mesi; giornali e tv tornerebbero ad essere strumenti utili di alfabetizzazione media della società invece che mezzi deputati a spettacolarizzare ogni avvenimento in modo dir poco disgustoso.

 

pierlu83

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