-di PIERLUIGI PIETRICOLA–
Con la chiarezza che da sempre la contraddistingue, insieme con la Professoressa Maria Rita Gismondo questa settimana abbiamo affrontato altri punti da chiarire sul Sars CoV2: è vero che si è attenuato? Chi è guarito ed ha gli anticorpi perché deve essere comunque considerato infettivo o contagiabile? Perché indossare le mascherine? Quali le basi scientifiche su cui poggiano le visioni pessimistiche relative a questo coronavirus?
Partiamo dall’indagine sierologica e dalle modalità con cui verrà effettuata. In pratica, se risultano esserci le IgG, bisognerà fare il tampone e, nel mentre si attendono i risultati, occorrerà osservare la quarantena. Le sembra un buon modo di procedere, Professoressa?
Nel rispetto delle autonomie delle regioni, ognuno è libero di emanare le imposizioni che più si ritengono opportune. La mia sarà, quindi, un’osservazione dal punto di vista strettamente virologico. Quindi le rispondo che mi pare un modo corretto di procedere. Mi spiego meglio: se il soggetto dovesse risultare positivo alle IgM e alle IgG, sarà necessario avere la conferma attraverso il tampone. E ciò perché questo è l’unico test biologico approvato. Tutti gli altri sono test che possiamo utilizzare per una ricerca epidemiologica che, però, non sono diagnosi.
Facciamo una distinzione che immagino utile per i nostri lettori. Cosa sono le IgM e cosa le IgG?
Le IgM sono gli anticorpi prodotti durante l’infezione attiva, e scompaiono quando la persona guarisce. Le IgG, invece, sono gli anticorpi che possono essere presenti per poco, lungo tempo o per tutta la vita; e sono gli anticorpi che testimoniano l’avvenuta guarigione.
Perfetto. Chi ha le IgG può essere ancora infettivo?
Nel caso specifico del Sars CoV2 abbiamo dati sperimentali che ci evidenziano un paio di cose: le IgM compaiono dopo 4 o 5 giorni dall’infezione. L’altra cosa che appare è che possono esserci le IgG in un paziente che non ha più le IgM, o ne ha poche, e però al tampone risulta positivo. E questo perché la presenza del Sars CoV2 si azzera in un tempo abbastanza lungo. Nel caso specifico, se abbiamo le IgG positive, vuol dire che ci troviamo in un processo di guarigione ma non ci assicurano che essa sia avvenuta totalmente.
La guarigione quindi la si deve determinare solo attraverso il tampone.
Due tamponi negativi consecutivi.
I tamponi sono affidabili?
Non sono affidabili al 100%, ma è il meglio che a livello mondiale al momento si riesce ad avere.
Immaginiamo che un paziente abbia le IgG elevate, che al primo tampone risulta negativo e al secondo positivo Cosa succede?
Può accadere che in alcuni casi ci sia un’alternanza di negatività e positività, perché il paziente si sta negativizzando e c’è ancora del virus. Questo dipende anche dal prelievo, in base al quale il virus può essere più o meno presente. Ecco la ragione per la quale si fanno due tamponi.
Sul Sars CoV2 da mesi sentiamo opinioni di tipo ottimistico ed altre di tipo pessimistico. In linea generale, chi adotta le seconde, bolla come prive di scientificità le prime. Quali sono le basi scientifiche delle visioni pessimistiche (che ci sarà una seconda ondata nel prossimo Autunno, che potremmo assistere ad una crescita del livello di contagi, eccetera) sul Sars CoV2?
Ci sono alcune considerazioni. Se in questa fase 2 non ci si attiene alle misure di cautela e il fattore R0 supera il livello 1, si potrebbe assistere ad un aumento dei casi di contagio. Questo indice va, quindi, tenuto sotto controllo. L’affermazione relativa al fatto che ci sarà una seconda o addirittura terza ondata, ha la stessa probabilità del contrario – cioè che non vi sarà né una seconda e neppure una terza ondata. Perché ciò dipende da tanti fattori, anche a livello mondiale. Quando si apriranno le frontiere, noi avremo scambi con paesi che hanno adottato misure diverse di contenimento del contagio da Sars CoV2. In più non è vero che il Sars CoV2 sia mutato, né in senso negativo né in senso positivo. Che ci sia un’attenuazione dell’infezione è un fenomeno diverso. E poi abbiamo, ora, più esperienza per quanto concerne sia il riconoscimento dei sintomi che delle terapie da applicare.
Il Sars CoV2 appartiene alla famiglia dei coronavirus?
Sì, certo. Ne conosciamo 4 che circolano normalmente nella specie umana da anni, che ci danno raffreddori ma non ci danno l’immunità.
È vero che ora il decorso clinico degli infettati da Sars CoV2 è diverso rispetto a marzo?
Si sta notando un decorso meno aggressivo. E questo fa parte del fenomeno di attenuazione che si ha nel virus che, passando da un uomo all’altro, può dare forme di patologie più attenuate. Ma ciò non ha nulla a che vedere con una sua mutazione genica.
Potrebbe essere, allora, che il Sars CoV2 se intende sopravvivere deve uniformarsi alla famiglia dei coronavirus cui appartiene?
Certo! Non è escluso che possa diventare il quinto coronavirus che circola dandoci dei raffreddori.
Gli altri quattro quali sono?
Sono coronavirus contraddistinti da sigle specifiche. E causano il comune raffreddore.
Il vaccino per il Sars CoV2. Adesso non se ne sente più parlare. Lei ha qualche notizia nel merito?
No e non mi meraviglia il fatto che non se ne parli. Ci sono delle ricerche in corso e per i risultati occorre tempo.
Immaginiamo che a giugno si arrivi al giorno in cui non vi saranno più positivi, e che questa situazione rimanga uguale per i quindici giorni successivi (il periodo di quarantena previsto). A quel punto cosa si deve fare?
Innanzitutto abbiamo due realtà di zero positivi: lo zero che si riferisce ai soggetti che noi testiamo, e lo zero che si riferisce a tutta la popolazione, dove potrebbero esserci dei positivi asintomatici. Se avremo zero positivi nella popolazione testata, allora ci sarà un’ottima probabilità che la pandemia sia totalmente sotto controllo. Nel secondo caso non si può dire, perché non bastano quindici giorni, ma mesi e mesi. Come è avvenuto per la SARS: per decretare la sua scomparsa ci sono voluti mesi.
Ma grazie alla terapie che ci sono e che vengono applicate, possiamo stare più tranquilli.
Sicuramente possiamo essere più ottimisti per una serie di fattori. Innanzitutto perché abbiamo imparato a proteggerci. Poi perché il Sars CoV2 si è attenuato. Infine perché conosciamo delle terapie che ci permettono di curare al meglio i soggetti infettati. Bisogna, naturalmente, stare attenti coloro che hanno un quadro clinico fortemente compromesso. In tal caso, il Sars CoV2 diventerebbe un classico opportunista – come tutti gli altri virus –, causa di peggioramento di una situazione fortemente instabile già di per sé.
Le mascherine: con il caldo estivo, portarle potrebbe essere un fattore antigienico?
Basta cambiarle o lavarle (per quei modelli per cui è consentito il lavaggio). È ovvio che col calore i batteri soprattutto si moltiplicano con più rapidità. Per questo sarà bene cambiarle o lavarle più frequentemente.
All’aria aperta bisogna indossare le mascherine?
Una cosa è il provvedimento di legge, altra cosa la reale necessità. Se io sono da sola in campagna, all’aria aperta tenere la mascherina è inutile. La indosserò nel caso si avvicinasse una persona. L’importante è utilizzarla bene e stare attenti a toccarla prima all’esterno e poi all’interno con le mani non pulite. A quel punto si rischia l’infezione.