Cacciari: “L’emergenza da coronavirus è stata gestita in modo assurdamente centralistico e con un’informazione pessima”

-di PIERLUIGI PIETRICOLA

 

Coronavirus: quale futuro si prospetterà per l’Italia una volta passata l’emergenza sanitaria? A quali cambiamenti andremo incontro? Lo abbiamo chiesto a Massimo Cacciari con il quale, oltre a ipotizzare futuri scenari, abbiamo riflettuto sul modo con cui è stata gestita l’emergenza creata dalla massiccia diffusione del Sars CoV2.

 

Caro Massimo, come stai?

Bene ma scocciato di questa vita domestica.

Ti piace il modo con cui il Governo sta gestendo questa situazione?

Ci sono stati degli evidenti limiti. In parte sono responsabilità del Governo. In parte sono il prodotto di un sistema sanitario malfunzionante e di rapporti fra poteri centrali, regioni e comuni funzionanti ancor meno. E questa certamente non è una responsabilità dell’attuale Governo, perché le origini vengono da lontano. Conte ha affrontato questa situazione all’inseguimento dell’emergenza sanitaria. E senza presentare al paese, ancora tutt’oggi, come intende procedere alla fase 2 ma, soprattutto, alla fase 3, quando si tratterà di fare i conti e capire come il paese dovrà far fronte al peggioramento radicale della situazione finanziaria, occupazionale, sociale. Il giudizio, quindi, al momento è rinviato. Dopo di che si può spigolare sui limiti, i difetti dei decreti, molti dei quali contenenti palesi assurdità. E, molto più concretamente, riflettere sulla distribuzione degli aiuti necessari, con un metodo totalmente burocratico, mediato dal sistema bancario, costoso per gli interessati e poco sicuro. La vera questione politica, quando non ci sarà più modo di nascondersi dietro l’emergenza sanitaria, sarà a Ottobre-Novembre prossimi.

Secondo te l’emergenza sanitaria è usata come pretesto per nascondere le mancanze politiche?

No, assolutamente. Non facciamo dietrologie. L’emergenza sanitaria c’è e in alcune regioni è ancora molto grave. È giusto procedere con grande prudenza, ma non si capisce perché si debba ricorrere a questi decreti dentro i quali ci sono delle norme illogiche ed altre non verificabili né controllabili, e che creano disuguaglianze fra i vari settori. Perché debbono essere privilegiati alcuni negozi invece di altri? Che differenza c’è fra una tabaccheria e un negozio di vestiti se si rispettano le stesse norme di sicurezza? Si creano inutili disagi in una situazione tutt’altro che facile. Ovviamente stiamo parlando del dito che indica la luna. Il colossale problema di questo paese sarà proprio come affrontare la crisi occupazionale, economica e sociale. Ecco la vera questione che ci troveremo davanti.

Tu pensi che se l’Italia avesse attuato un vero federalismo – come quello che proponevi tu – oggi la situazione sarebbe stata meno catastrofica?

Certo! Ci sarebbero stati meno casini fra poteri centrali e regioni. E la regione sarebbe stata un ente con maggiori responsabilità.

Quale regione si è comportata meglio nel gestire l’emergenza sanitaria?

Tra quelle colpite più duramente non c’è dubbio che il Veneto ha messo in campo una gestione migliore.

Il Veneto ha una lunga tradizione di amministratori locali ben preparati.

Sono persone ben radicate nei loro territori al di là delle questioni ideologiche. Hanno sempre amministrato faccende delicate senza tenere minimamente conto delle ideologie leghiste. Per esempio l’integrazione in alcuni territori, come Vicenza e Treviso, funziona relativamente bene da circa una ventina di anni. E poi il Veneto è una regione dove si è tenuto un equilibrio fra l’eccellenza complessiva della rete ospedaliera e la medicina sul territorio. Questa è sempre stata un’esigenza che le amministrazioni locali hanno messo all’ordine del giorno. In Lombardia, probabilmente, hanno privilegiato in modo assoluto l’eccellenza indiscutibile della rete ospedaliera a discapito di un controllo decentrato, territorializzato attraverso il coinvolgimento dei medici di base.

Per il futuro sarà necessario porre mano ad una riforma sanitaria di respiro nazionale. Tu in che modo la attueresti?

Io penso che le regioni, in generale, vadano maggiormente responsabilizzate. A livello sanitario bisognerà capire quali risorse andranno alle regioni e distinguerle da quelle che potranno essere reperite da loro direttamente. Visto che le regioni hanno un’assoluta preminenza del settore sanitario, allora dovranno rendersi responsabili. E questa è la prima questione. Poi bisogna spoliticizzare le strutture sanitarie e garantire loro una continuità. Se, come è avvenuto, riduci di 30 miliardi i finanziamenti alla sanità cosa ci si può aspettare che accada? È evidente che molti settori vengano depotenziati, soprattutto quelli con meno occupazione.

Ritieni che da un punto di vista comunicativo giornali e televisioni abbiano svolto un buon lavoro nell’informare la popolazione su questo coronavirus?

Non hanno fatto bene per niente. Hanno lanciato un messaggio completamente sbagliato, che ci ritiene incapaci di intendere e di volere. La gestione di questa emergenza è stata centralistica, completamente statalistica attraverso i provvedimenti presi dal Presidente del Consiglio. La comunicazione da parte pubblica è stata tutta indirizzata in questo senso. Ma come si fa a pensare che un cittadino non sia in grado di intendere e di volere per conto suo se non glielo dice lo Stato? Ma stiamo scherzando? La comunicazione è stata orrenda e tutt’altro che scientifica. Ogni giorno veniva fatta – adesso avviene un po’ meno frequentemente – la conta dei morti e dei contagiati senza alcun criterio analitico. Ma che roba è? Queste informazioni o si danno bene oppure è meglio non darle per niente. È giusto fornire dati di questo tipo, ma facendo sì che le persone comprendano sia la situazione in cui ci troviamo tutti, sia i rischi a cui si va incontro. Si è data, invece, un’informazione all’ingrosso, dal sovrano al suddito.

E dell’informazione alternativa, quella subito bollata come complottista e che sostiene che si è esagerato nel valutare questo virus in modo così terroristico che ne pensi?

Non c’è nessun complotto. Queste sono epidemie le cui possibilità, a livello internazionale, erano già state paventate da tempo. Le cause sono chiare, evidenti, ampiamente documentate. Il punto è che viviamo in un mondo dove i canali di comunicazione sono pieni di merda. Non c’è niente da fare. O in futuro si creerà un pubblico in grado di discernere, di capire quali notizie sono attendibili e quali no, oppure sarà sempre più difficile farsi un’idea chiara di quello che succede attorno a noi e gestire emergenze come questa in modo razionale. Io ritengo che sarebbe dovuto essere lo Stato a comunicare in modo analitico e dettagliato i dati relativi a questo coronavirus. E lo avrebbe dovuto fare in termini così precisi al punto da rendere inutile la circolazione di informazioni assurde.

Si sta verificando una psicosi di socialità. Le persone hanno paura di incontrarsi. Come si può superare questo terrore dell’altro ingenerato dal panico che si è venuto a creare per questo coronavirus?

Cambieranno molto le abitudini delle persone e ci vorrà tempo prima che si ritorni a forme tradizionali di socializzazione che potrebbero non essere mai più come le abbiamo vissute e conosciute. Bisogna vedere come riprenderanno certe consuetudini, in particolare fra i giovani. Ma a parte ciò, io penso che questa crisi potrebbe accelerare tendenze già in atto relativamente all’organizzazione del lavoro, al rapporto tra i settori produttivi impostando degli equilibri a favore di alcuni e massacrando gli altri. Anche la rete commerciale si modificherà. Sta già avvenendo ora, con il monopolio dell’e-commerce.

Condividi quello che Giorgio Agamben ha detto, e cioè che in nome di un rischio non precisato abbiamo accettato imposizioni per via delle quali sono venute meno persino questioni etiche (cremazione di defunti senza celebrare il loro funerale, messe interrotte dall’intervento delle forze dell’ordine, ecc.)?

La pandemia non è una balla. Gli errori, i difetti e i limiti culturali con i quali questa situazione è stata gestita li ho elencati prima. C’è da dire che siccome le emergenze stanno diventando perenni, la tendenza al superamento di certe forme di tutela democratica col relativo venire meno di alcuni diritti sono all’ordine del giorno. Purtroppo nelle emergenze succede questo, e non c’è dubbio che si tratti di processi che inducono ulteriormente ad accelerare la tendenza alla crisi delle democrazie liberali di cui si parla da decenni.

 

pierlu83

2 thoughts on “Cacciari: “L’emergenza da coronavirus è stata gestita in modo assurdamente centralistico e con un’informazione pessima”

  1. Stimo moltissimo Cacciari, come intellettuale e come amministratore. E’ uno dei rarissimi casi di un intellettuale prestato alla politica che ha dimostrato concretezza nell’affrontare e risolvere i problemi. Non mi spiego infatti come in un Parlamento come quello italiano, dove hanno trovato posto personaggi di ogni genere e di ogni livello, non ci sia stato posto per uno che, secondo me, sarebbe stato un ottimo Ministro. Detto questo però devo dire che non sono d’accordo con lui quando esalta la bravura degli amministratori veneti. Cacciari forse dimentica la vicenda del Mose e di un certo Galan che andò a finire in galera. Che forse non era un amministratore veneto anche quello e quanto ci è costato e ci costa il Mose, con il rischio che non serva nemmeno a risolvere il problema dell’acqua alta a Venezia?

    1. Sul Mose Cacciari si era espresso in modo nettamente contrario e con circostanziate motivazioni. Galan è stata l’eccezione che ha confermato la regola ahinoi!

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