Coronavirus: “Non so se sarebbe stato meglio fin dall’inizio isolare i malati lasciando fuori i sani. E stiamo attenti agli scienziati spavaldi e aggressivi”. La parola a Maria Rita Gismondo

-di PIERLUIGI PIETRICOLA

 

Continuano le conversazioni settimanali con la Professoressa Maria Rita Gismondo. Abbiamo parlato della fase 2 e della sfera etica che nel mondo della scienza non ci si può permettere di porre in disparte.

 

Cominciamo la conversazione di questa settimana con la questione vaccino. Pare che le sperimentazioni per trovarne uno per il Sars CoV2 procedano rapidamente. Ma se questo virus è ad RNA, e quindi altamente mutabile, un vaccino potrebbe essere inutile. Perché, allora, ostinarsi a trovarne uno a tutti i costi invece di concentrarsi su un’efficace cura antivirale?

Visti i tempi di sperimentazione che occorrono per un vaccino serio – un anno o diciotto mesi – potrebbe darsi che quando sarà disponibile non ne avremo più bisogno. Va da sé che un vaccino è meglio averlo, anche perché non sappiamo se questa pandemia porterà alla scomparsa del Sars CoV2 o se questo rimarrà circolante fra la specie umana per chissà quanto. Ci vorrà tempo. Malgrado promesse e proclami, sono scettica sui tempi brevi per ottenere un vaccino. Ben venga se ciò dovesse accadere, purché non vi siano dannosi effetti collaterali.

Qualche scienziato sostiene che per accelerare i tempi di realizzazione del vaccino basterebbe mettere da parte la questione etica. Sperimentare, quindi, direttamente sull’uomo. Lei è d’accordo con questa prospettiva o le sembra cinica?

È una prospettiva che non incontra il mio pensiero. Io ho sempre, nell’ambito scientifico, privilegiato l’etica. Ma è un mio personale modo di approcciare al mondo della scienza.

Le cure messe a punto fino ad oggi, e che possono arrestare il decorso iper infiammatorio del Sars CoV2, pare abbiano effetti positivi. Non ci si potrebbe affidare a queste piuttosto che ad un vaccino a tutti i costi?

Sono due strade parallele. La terapia serve perché avremo ancora malati. Meglio li sapremo curare e meglio sarà la gestione della sanità pubblica togliendola dallo stato di emergenza in cui si è trovata fino ad oggi. Io credo che arriveranno prima delle ottime terapie e poi il vaccino. Ma va bene tutto per combattere il Sars CoV2.

Da profano mi domando: grazie a queste ottime terapie si svilupperanno gli anticorpi che ci renderanno immuni dal Sars CoV2. Quindi a che servirà il vaccino?

Non conosciamo nulla della persistenza temporale relativa all’immunità per questo virus. Da pochissimo abbiamo a disposizione dei test sierologici che fotografano la situazione immunologica dei soggetti, ma che non ci dicono per quanto tempo sarà valida. Quindi non sappiamo quanta immunità venga data da un’infezione. Per altro è stato messo in discussione il fatto che ci si possa infettare di nuovo – ma è tutto da valutare. Sono, lo ripeto, dei problemi sul tavolo scientifico che debbono risolversi. Vaccino e cura sono due strade parallele.

Parliamo della fase 2. Lei come la attuerebbe Professoressa?

Innanzitutto vorrei ci fossero criteri condivisi a livello nazionale. Noi stiamo assistendo ad una serie di procedure che vengono cambiate e rimodellate a livello regionale. La fase 2 dovrebbe essere applicabile uniformemente su tutto il territorio nazionale. Anzi: sarebbe auspicabile che ciò avvenisse anche a livello europeo. La prima lezione importante che ci sta lasciando questo virus è, innanzitutto, quella di riformare la sanità, che non potrà essere più frammentata così come è accaduto fino ad oggi. Poiché, per mille motivi – economici e psicologici –, la fase 2 non potrà tardare più di tanto, dovremo accettarla.

In che senso?

Nel senso che si pensava che le misure restrittive adottate fino ad ora sarebbero servite a debellare il virus. Non è stato così. Sono, in realtà, servite per dare respiro alla struttura sanitaria nazionale che altrimenti non sarebbe stata in grado di sopportare il peso eccessivo di malati e ricoverati. Dimentichiamoci, però, che non ci saranno più malati e ricoverati. Ci sarà meno pressione sugli ospedali avendo abbassato in modo significativo il numero dei casi di contagio. La fase 2 la vedo senza nuovi focolai. Non è però detto che non ci possano essere. Speriamo, tuttavia, che vi siano tempestivi interventi per individuarli e isolarli, creando micro zone rosse. Poi ci deve essere un controllo reale delle misure di protezione prese dalle persone. Più che fare il tampone, con un impegno economico importantissimo e facendo il conto con la reale possibilità di avere i vari kit diagnostici, sarà importante tenere sotto controllo stretto i sintomatici in modo che non diventino il fiammifero per far ripartire il focolaio e quindi l’incendio. Occorrerà lavarsi le mani e usare le mascherine. Le mascherine – e voglio che sia chiaro – servono al malato, al contagiato per non infettare gli altri. In una situazione in cui, però, si ipotizza che anche le persone asintomatiche, cioè coloro che sono infettati e ancora non hanno sintomi importanti e che due o tre giorni prima della loro comparsa possono contagiare gli altri, risulta logico che tutti portino le mascherine. Trovo molto difficile che non tornino malati e ricoverati importanti. Non avendo il valore R0 vicino allo zero, per l’appunto, io credo che vi saranno altri casi. Bisogna, però, stare attenti a non vanificare lo sforzo fatto fino ad ora. Ed io mi pongo, a questo punto, un problema.

Quale?

Non so se in questo grande esperimento in cui sono stati isolati sia i sani che i malati, non sarebbe stato meglio fin dall’inizio isolare e controllare molto bene i malati lasciando fuori i sani. Perché nella fase 2 ci troveremo nella situazione in cui non si potrà più chiudere tutta la popolazione.

Non si dovrà tenere conto anche del diverso comportamento del virus fra nord e sud, e quindi – come ha anche detto Marco Travaglio – adottare misure più restrittive per il nord e attenuarle man mano che si scende verso il sud a seconda delle varie situazioni locali?

Io credo che sia logico. Ma questo varrebbe se le zone non fossero in mutuo contatto. Immaginiamo che in una regione a basso indice di infezione la gente sia libera di muoversi, come facciamo a controllare che lì non arrivino persone dal nord e che portino con sé l’infezione? Il punto è che non ci sono confini a livello internazionale, figuriamoci a livello nazionale. Certo è che le soluzioni future non potranno più essere quelle del lungo isolamento perché non possiamo più permettercelo.

Un lettore mi chiede: il virus sopravvive o no sulle superfici?

Sono stati pubblicati dei papers su questo argomento, ma una cosa è la prova di laboratorio e una cosa è la vita quotidiana. L’unico di questi papers che ci dà risultati attendibili è quello che ci dice che il Sars CoV2 sopravvive sulle superfici plastiche o metalliche per ore. Ma sono sempre condizioni di laboratorio con una carica virale importante che difficilmente c’è nella vita quotidiana. Diciamoci chiaramente che per contrastare il virus è sufficiente rispettare le norme igieniche: lavarsi le mani quando si rientra in casa, lavarsele spesso quando si è a lavoro e non mettersele in bocca o dentro le narici. L’igiene quotidiana è la miglior barriera. Quindi non vi è il pericolo di rimanere contaminati dal virus qualora sia presente sulle superfici platiche o metalliche.

Leggevo che un gruppo di scienziati, capeggiati da una persona di cui non faccio il nome (si dice il peccato ma non il peccatore) – ha firmato ed inviato al presidente Conte una proposta per l’istituzione di un centro medico-scientifico per gestire la fase 2, ma i cui presupposti mi sembra rischino di travalicare i limiti imposti, per fortuna, dalla Costituzione italiana. In una situazione del genere, inedita per l’Italia, non le sembra che vi siano delle derive sulla vita sociale che la scienza non può permettersi?

Stiamo assistendo, in diversi ambiti, a delle derive mai viste prima e inaudite: derive sul concetto della libertà della scienza, derive sul concetto di essere tutti giustificati nell’ambito del dubbio scientifico. Vi sono persone che istituiscono tribunali e che si danno il diritto di essere portavoce della verità e di giudicare e togliere la parola agli altri. E questi sono i veri non scienziati. La scienza si fonda sul libero dialogo, il dubbio, la facoltà di ascoltare gli altri. La scienza non raggiunge mai la verità assoluta. Essa è uno scambio fra scienziati, con trasparenza e libertà, per fare passi avanti. Oggi stiamo assistendo a dei tribunali di inquisizione verso chi fa libera la scienza. Ed è la deriva più grave di questo momento, perché da qua consegue la deriva di tutto un comportamento sociale.

Cioè?

Quando c’è panico la gente, poiché ha bisogno di un solido punto di riferimento, va alla ricerca dell’uomo forte, dello spavaldo quasi aggressivo. Perché questo atteggiamento dà forza a colui che è debole a causa del panico. Quindi è un momento di estrema gravità. Io parlo per la scienza e per la ricerca. Stiamo assistendo a tribunali che hanno un potere tale da impedire il libero dialogo.

Chi ha afferma che la scienza non è democratica allora ha detto un’eresia?

Non sono assolutamente d’accordo. Ho scritto un articolo intitolandolo “Democrazia della scienza e scienza democratica”. Sono due cose diverse e importanti. Chi vuole vada a leggersi il libro di una mia insegnante, Luisa Villa, che mi pare si intitoli proprio Scienza e democrazia, e che dice: democrazia non significa che possano fare scienza anche coloro che non sono competenti. Democrazia vuol dire avere l’umiltà, da scienziati, di mettersi in discussione. La scienza non è né egemonia, né assolutismo. Ed è democratica nel senso che, nei suoi risultati, deve essere accessibile a tutti. Temiamo i sacerdoti della scienza, perché la uccidono a loro personale beneficio e per tornaconto individuale. Va benissimo la critica. Ma la cosa più assurda a cui stiamo assistendo è che chi condanna e addita gli altri lo fa per le medesime cose che ha fatto lui stesso. Questo è un attacco alla persona; ed è non solo scorretto, ma delinquenziale. Perché si assiste ad attacchi alla persona simulati come attacchi ai contenuti, i quali però sono stati pronunciati dalle stesse persone che attaccano.

pierlu83

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