Il filosofo e le Sardine tra sovranismo e antiglobalizzazione

– di MAURIZIO FANTONI MINNELLA –

Un’altra vittima dell’odierno clima politico avvelenato, quella del filosofo e opinionista politico Diego Fusaro, si segnala all’interno di quel contenitore di insulti, regolamenti di conti e false notizie che è oggi la Rete. Né il primo né l’ultimo, s’intende, di una lunga sfilza di personaggi che, per il loro costante mettersi in mostra tra talk show televisivi e programmi radiofonici, finiscono poi per diventare bersaglio dell’odio a buon mercato, distribuito in quantità dalla Rete. Tuttavia, nel caso specifico di Fusaro, ci troviamo di fronte a una vera e propria lapidazione pubblica. Motivo scatenante: alcune recenti dichiarazioni sul Movimento delle Sardine che il filosofo torinese, in una delle sue infinite esternazioni, avrebbe definito, nel loro vuoto antifascismo, fiancheggiatori del sistema neo-liberista e “turbo capitalista” (definizione messa a punto dallo stesso Fusaro e ormai da lui stesso abusata). Ad un’analisi attenta del suo ragionamento si evince che rifarsi o richiamarsi all’antifascismo da parte del neonato movimento (fatto che peraltro non mostrerebbe alcun segno di originalità), non solo sarebbe privo di senso in quanto il fascismo storico è definitivamente morto nel 1945 e quindi, altrettanto insensato il rifarsi al suo legittimo antagonista seppure soltanto in nome di una Costituzione oggi tanto invocata, quanto costantemente vilipesa, ma allontanerebbe dalla sola vera lotta contro il vero nemico indicato da Fusaro nelle multinazionali e nella globalizzazione dei mercati (“oggi i veri fascisti hanno giacca e cravatta e parlano di spread”).

L’ambiguità di un simile ragionamento pone seriamente in dubbio la buona fede del nostro filosofo che, nel fingere d’ignorare l’esistenza di forze politiche reazionarie che, dietro la facciata  del sovranismo e dell’antiglobalismo, coltivano nostalgie autoritarie e precisi riferimenti a un passato oscuro che in verità non è mai passato, finirebbe in realtà per assolverle, non ritenendole in quanto tali, pericolose per la sopravvivenza della democrazia, dal momento che di esse, condividerebbe, in fondo, l’avversione per le élites economiche globali. Dunque, secondo Fusaro il fascismo non rappresenterebbe più un pericolo in quanto fenomeno politico estinto! Di quello che, invece, riemerge oggi da una destra che si ritrova maggioritaria e sempre più compatta nelle sue componenti moderate e oltranziste, è meglio tacere, dal momento che essa sembra condividere alcune istanze care al filosofo, come il culto della famiglia e delle tradizioni, oltre, naturalmente, all’odio per quelle élites, siano esse economiche o intellettuali. Il suo ragionamento politico, frutto di uno spirito machiavellico, si commenta da sé, al di là degli inutili e stupidi insulti di un pubblico che probabilmente non dispone degli strumenti dialettici necessari per una sua definitiva confutazione. Il fascismo c’è ed è oggi più vivo che mai. Lo era anche negli anni settanta, ma con una sostanziale differenza: allora si mettevano bombe con la complicità di segmenti deviati dello Stato proprio perché il neofascismo militante costituiva un’estrema minoranza isolata e negletta, ma decisa a tutto pur di influenzare la maggioranza silenziosa spaventata dai comunisti, mentre oggi, esso può contare su un ampio consenso popolare sia inconsapevole che razionale, quotidianamente alimentato dall’opera di demolizione sistematica del mito condiviso della Resistenza per bocca di giornalisti di stampo liberale come Ernesto Galli Della Loggia o di ex comunisti pentiti come Giuliano Ferrara, Giampaolo Pansa e Giampiero Mughini, a quanto pare incapaci di non provare vergogna per il loro passato neanche tanto lontano. Al revisionismo della Lotta di Resistenza derubricata come semplice guerra civile si è passati al riduzionismo delle responsabilità dei partigiani verso la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, in quanto, sempre in nome di un anticomunismo isterico, essi, in maggioranza, miravano alla formazione di una nuova società socialista nell’orbita di Mosca. Si falsifica la realtà storica, si processano le intenzioni, pur di mettere per l’ennesima volta all’indice i comunisti (che insieme ad altre forze politiche, lo ribadiamo, hanno contribuito alla stesura della nostra costituzione e alla nascita di una nuova società democratica. Lo stesso Togliatti che ordinò un’amnistia per i prigionieri fascisti, era troppo scaltro per non comprendere che l’Italia cattolica e piccolo borghese, ormai sotto l’influenza americana, non avrebbe mai potuto aderire al blocco del Patto di Varsavia, e che il Piano Marshall voluto da De Gasperi, avrebbe, tuttavia, favorito anche la classe operaia, migliorandone la condizione). Al di là di talune posizioni rivoluzionarie del tutto legittime (tendenza ben rappresentata dal comunista Pietro Secchia), la storia italiana volse in una direzione democratica che vide socialisti e comunisti comunque impegnati nel rispettarne le istanze fondamentali.

Esiste poi un paradosso di cui Fusaro, forse, non sembra essersi accorto: non vi è mai stato tanto anticomunismo in una fase storica come questa in cui il comunismo si rivela quasi del tutto assente dall’agenda politica italiana e internazionale. In realtà la questione è più complessa di come la vorrebbe il giovane filosofo. Infatti, non è sufficiente opporsi, sebbene con giusta ragione, al neoliberismo, al sistema delle banche e del commercio globale e al conseguente sfruttamento di milioni di uomini e donne, e dichiarare che i fascisti oggi parlano la lingua dei banchieri (da qui poi ad alimentare nuove forme di antisemitismo, il passo è breve), scegliendo come possibile alternativa l’approccio identitario e la fuga dalla moneta comune europea. Strano modo, quello di Fusaro, di declinare il marxismo al ventunesimo secolo, entro una prospettiva che indichi nell’identità nazionale, nell’elogio dei confini e nelle tradizioni, nella brexit confermata dalla vittoria elettorale di Boris Johnson, forme di opposizione al mercato globale. Sappiamo, invece, che si tratta di illusioni di comodo. Lo stesso fenomeno delle migrazioni africane viene mostrato come una sorta di “cavallo di troia” delle multinazionali, per destabilizzare i difficili equilibri europei e produrre una generazione di nuovi schiavi, piuttosto che come una risorsa materiale, sociale e culturale per un’Europa che deve ripensare la propria identità alla luce dell’incontro anche forzato con popoli di altre latitudini. Ciò che, infine, Fusaro non ha compreso è il fatto che la vera lotta per una vera alternativa socialista europea, è su due fronti, ossia la riproposizione di una terza via, sia rispetto al sovranismo nazionalista e populista che mescola nostalgie identitarie e post-fasciste al risentimento antiglobalizzazione verso le élites, sia rispetto al neoliberismo nella sua declinazione atlantica, di cui non è immune la sinistra liberale e socialdemocratica, che di fatto già rappresenta il pensiero unico (una società basata sul controllo totale degli individui e sulla sottomissione al mercato e al profitto), da cui dipendono i destini del pianeta. Due totalitarismi opposti e speculari che in parallelo sono, purtroppo, destinati a modellare la società umana che verrà.

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